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Liam si era messo in cammino da solo.
Se n’era semplicemente andato! e d’improvviso era
già in alto sui pendii. Aspetta! Insomma aspetta!
Ehi!, se n’era semplicemente andato,
da un momento all’altro
e durante quel fuggevole lasso di tempo
nel quale ancora una volta ero sprofondato
negli occhi di Nyema e lì avevo riposato per un attimo,
custodito, inattaccabile, protetto
da tutto ciò che lassù, alto
sopra le distese di nebbia mattutina e altissimo
sopra i pascoli estivi del clan poteva minacciarmi…
Se n’era andato, così! E già era ridotto alle dimensioni
di una figura minuscola, fiocamente luccicante
nei toni azzurro chiari del suo piumone,
che saliva nell’ombra portata di un enorme blocco di roccia:
Liam! Pezzo di idiota. E aspetta, insomma!
Era impazzito?
Quando emersi dagli occhi di Nyema e vidi
che Liam era già quasi scomparso,
quando gridando il suo nome
mi rivolsi all’altitudine accecante
e tentai di seguirlo,
rapido quanto lo consentivano il peso
dell’attrezzatura e la pendenza
sentii di nuovo alle mie spalle
le risate dei pastori
(adesso non stavano vedendo per davvero
come un pazzo correva dietro a un altro?),
ma non volli girarmi verso la loro derisione,
dunque non mi girai nemmeno
verso Nyema, che solo molto più tardi
vidi ancora in piedi davanti alla nostra tenda,
così in basso che riuscii a distinguere
soltanto la sua figura, ma non il suo viso, i suoi occhi,
Liam! Dai, aspetta!
(C. Ransmayr, La montagna volante)