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Attraverso il ponte la strada conduce oltre il ruscello montano
fiancheggiando la cascata. Già una volta ho percorso questa
strada-già molte, molte volte, ma una volta in particolare.
Fu in tempo di guerra e la mia licenza era alla fine, dovevo
di nuovo rimettermi in cammino ed affrettarmi su strade
provinciali e ferrovie per ripresentarmi puntualmente e
riprendere il servizio.
Guerra e servizio, licenza e richiamo, cartolina rossa e carto
lina verde, eccellenze, ministri, generali, uffici- tutto un mondo
incredibile e babelico, che pure viveva ed aveva per di più
potere di avvelenare il mondo e di snidare un piccolo viandante
e acquarellista come me dal suo rifugio.
Qui si estendevano prato e vigna, e sotto il ponte, era sera,
gorgogliava il ruscello nell’oscurità, e il cespuglio bagnato
abbrividiva, un cielo serale agonizzante si inarcava in una
frescura rosata, presto vi sarebbero state le lucciole.
Non una pietra, qui, che non amassi.
Non una goccia della cascata alla quale non fossi grato,
non una goccia che non provenisse direttamente dalla dimora
di Dio.
Ma tutto ciò era niente, ed il mio amore per il cespuglio bagnato
e incurvato era sentimentalismo, la realtà era ben diversa, si
chiamava guerra e dava fiato alla tromba per bocca di un generale
o di un maresciallo, ed io dovevo correre a da tutte le valli del
mondo mille altri dovevano correre, e un tempo immenso aveva
inizio.
E noi, povere buone bestie correvamo in fretta e quel tempo cresceva
a dismisura.
Ma per l’intero viaggio cantò in me l’acqua gorgogliante sotto il
ponte e risuonò la morbida stanchezza dell’umido cielo serale, e
tutto era oltremodo folle e doloroso.
Ora ce ne andiamo di nuovo, ognuno lungo il suo ruscello, ognuno
per la sua strada ed osserviamo il vecchio mondo, cespuglio e
prati, con occhi fatti più silenziosi e più stanchi.
Pensiamo agli amici che sono sepolti e sappiamo solo che così
doveva essere, e sopportiamo con tristezza.
Ma ancora scorre graziosa l’acqua bianca e azzurra colando dalla
montagna bruna e canta la vecchia canzone, e il cespuglio è gremito
di merli.
La tromba non strepita dalla lontananza sino a noi, il tempo è
di nuovo costituito da giorni e notti colme di malie, di mattini e
di sere, di mezzodì e tramonti, ed il paziente cuore del mondo ha
ripreso a battere.
Se ci distendiamo sul prato con l’orecchio alla terra, o ci curviamo
dal ponte sull’acqua, o scrutiamo a lungo nel cielo chiaro, lo sentiamo,
l’immenso placido cuore della terra, ed è il cuore della madre di cui
noi siamo i figli.
Se oggi ripenso a quella sera quando percorsi qui il cammino del
commiato, risuona già da orizzonti lontani il rimpianto la cui
azzurrità profumata niente sa di battaglie e di grida.
Ed un giorno non esisterà più niente di ciò che ha consumato e
tormentato la mia vita e che tanto spesso l’ha colmata di opprimente
angoscia.
Un giorno verrà la pace con l’ultima stanchezza, e la terra madre mi
accoglierà in sé.
Non sarà la fine ma una nuova nascita, sarà un bagno e un sapore in
cui si inabisserrà tutto il vecchio e l’appassito e il giovane e il nuovo
riprenderanno ad alitare.
Allora con altri pensieri voglio ripercorrere tali strade, origliare ai
ruscelli, spiare i cieli serali, sempre e poi sempre.
( H. Hesse,Il ponte, Storie di vagabondaggio, Newton ed. )