XX : E dunque nel corso della ‘prova’ cui erano sottoposti gli aspiranti,
egli anzitutto osservava se essi fossero in grado di tacere e di tenere per
sè, nel corso dell’apprendimento, gli insegnamenti ricevuti; in secondo
luogo osservava se si mostravano verecondi.
Quanto a lui poneva più impegno nel tacere che nel parlare.
Ma prestava attenzione a ogni altra cosa : a esempio se fossero sfrenati
nella passione e nel desiderio, in particolare come si comportassero di
fronte all’ira o al desiderio, e se fossero litigiosi o ambiziosi, e quanto
inclini alla rissosità o all’amicizia.
Se dopo aver osservato ogni cosa con estrema cura gli apparivano provvisti
di buoni costumi, allora si dava a considerarne l’attitudine all’apprendimento
e la memoria, valutando in primo luogo se fossero in grado di seguire
con rapidità ed esattezza le parole e poi se fossero provvisti di un senso
di affezione e di un atteggiamento di sobrietà intellettuale nei confronti di
quanto apprendevano.
Esaminava quanto la loro natura inclinasse alla mansuetudine, perché
reputava inconciliabile con la sua regola di vita un atteggiamento fiero
e indomabile.
Questo infatti comportava irriverenza, sfrontatezza, sfrenatezza,
inopportunità, ottusità, anarchia, ignomia e simili ; mentre la mitezza e
la mansuetudine comportavano qualità esattamente opposte.
Questo faceva l’intelligenza nell’esserlo e divenirlo.
( Giamblico, La vita pitagorica, Bur classici )