CIO’ CHE VIDERO GLI SPAGNOLI…

VISIONI DI TENOCHTITLAN….                                     uyterdfgfh.jpg

C’era poco rumore, poca confusione,

tuttavia si notava una intensa vitalità,

quella d’una moltitudine di individui

partecipanti ad una complessa azione,

conoscendo ciascuno la sua parte, ma

senza che nessuno ne comprendesse

il significato complessivo.

Gettare uno sguardo entro la porta                                                               uiyhghfr.jpg

di una casa era piacevole diversivo

come spiarne gli abitanti da dietro

una finestra, rispetto al fomicolio

del mondo esterno. 

Un patio ombroso era circondato

da edifici con stanze fresche e

spaziose.

Stuoie e cuscini di paglia sparsi

sul rosso lucido del pavimento                                                                    jhgdfrdfgs.jpg

invitavano il visitatore al riposo,

mentre dalla cucina, all’interno,

provenivano ritmici colpi di

mano ed il rischiarare della

pietra sulla pietra, indicando

che vi si preparavano le

tortillas e la farina di mais.

Seduto in un angolo, un                                                                                  iujhdgfcvb.jpg

vecchio parlava a due ragazzi.

Essi ascoltavano con attenzione

i precetti dello zio sui doveri

sociali dei giovani e degli 

adulti  e dalle loro facce

attente si capiva ch’erano

consci di partecipare alla vita

della collettività.

Una grassa bimbetta accoccolata                                                       8767yu.jpg

sulla soglia cercava di imitare

con le sue piccole dita ed i suoi

giocatolli gli armoniosi movimenti

della madre, che con abili mosse

ricavava sottili fili di fuso.

Un giovane fumava oziosamente

una sigaretta in un bocchino

di canna, sdraiato su un cuscino,

e si accarezzava pensosamente                                                                               87uyuhgjhnb.jpg

il lobo dell’orecchio appena

rimarginato, butterato dalle

ferite penitenziali per mezzo

di spine di cactus e lame di

ossidiana.

In un altra casa si faceva festa.

Si udivano da lontano le profonde

vibrazioni dei tamburi di legno e

le note acute dei flauti di canna.

(Natural History 1933)

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IL CONTE DI MEZZANOTTE (il ciclo)

Da http://storiadiuneretico.myblog.it                                        uijfhgnbl.jpg

     www.giulianolazzari.com

DIARIO DI JONATHAN HARKER

Mezzanotte:

Ho avuto una lunga conversazione

con il Conte.

Gli ho posto alcune domande sulla

storia della…Transilvania, e l’argomento

lo ha interessato moltissimo.

Parlando di cose e persone, ma soprattutto                                           87898767.jpg

(sempre e solo di morti..in) di battaglie, lo 

faceva come se ne fosse stato sempre 

testimone oculare (è ovunque..).

Me l’ha spiegato dicendomi che, per un 

boyar, l’orgoglio della CASATA e del nome

è il suo stesso orgoglio, che la loro

gloria è la sua gloria, il loro fato il suo fato.

Parlando della sua casata, diceva sempre ‘noi’,

quasi col plurale majestatis, come un sovrano.

Mi piacerebbe riuscire a trascrivere esattamente

tutto ciò che ha detto (e fatto): per me è stato estremamente affascinante.

Mi sembra che ci sia dentro l’intera storia del paese.

Parlando, il Conte si è eccitato, e ha preso a passeggiare su e giù per la 

stanza, tirandosi i lunghi baffi bianchi e dando di piglio a quanto gli capitava

sottomano, quasi a volerlo stritolare con quella sua forza terribile.

E una cosa, ha detto, che desidero                                                   876478354.jpg

mettere su carta con la maggior

fedeltà possibile, poiché

riassume, in certo qual modo 

la storia della stirpe:

” Noi Szekely abbiamo il 

diritto di essere orgogliosi,

perché nelle nostre vene scorre 

il sangue di molte razze valorose

che hanno combattuto come leoni

per la signoria. 

Qui, nel calderone delle razze europee, le tribù ugre hanno portato

dall’Islanda lo spirito combattivo conferito loro da Thor e da Odino,

e di cui i loro guerrieri (ora nostra guerrieri) furibondi han dato prova,

con tanta selvaggia furia, sulle rive dei mari, non solo d’Europa, ma 

anche d’Asia e d’Africa, al punto da far credere alle genti che fossero 

calati i lupi mannari stessi.                                                             uyhgnbvgfd.jpg

E qui, quando giunsero, trovarono

gli Unni, il cui guerresco furore

aveva spazzato la terra come 

vivida fiamma, tanto che i popoli

agonizzanti pensarono che nelle 

vene di quelli scorresse il sangue

di quelle antiche streghe che,

scacciate dalla Scizia, si erano

accoppiate con i demoni del 

deserto.

Imbecilli, imbecilli!                                                                                         uijhmngfvc.jpg

Quale dèmone, quale strega può

essere grande come Attila, il cui

sangue scorre in queste mie vene?

E nel pronunciarlo ha levato alte

le braccia.

“E’ forse da stupirsi che fossimo una

razza di conquistatori, che ne fossimo

fieri, che allorché i Magiari, i Longobardi,

gli Avari, i Bulgari o i Turchi si riversavano

a migliaia sulle nostre frontiere, noi li respingessimo?

E’ forse strano che quando Arpad e le sue legioni invasero la patria magiara

trovasse noi qui, a guardia del confine, e che qui si sia compiuto l’Honfoglalas?

E quando la marea ungara dilagò verso est, gli Szekely vennero proclamati 

consanguinei dai Magiari vittoriosi, e a noi per secoli fu affidata la guardia alla

frontiera con la terra dei Turchi, ma che dico: LA GUARDIA IN ETERNO perché,

come affermano i Turchi stessi, ‘l’acqua dorme ma il nemico veglia’ “.

(Bram Stoker, Dracula)

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