CONFRONTO 4

Da  http://pietroautier.myblog.it

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– Ecco perché sostengo che i progressi compiuti dalla fisica negli ultimi

decenni hanno esercitato un influsso liberatorio sul pensiero: perché hanno

dimostrato che i concetti di ‘soggettivo’ e di ‘oggettivo’ sono oltremodo

problematici.

Tutto comincia con la teoria della relatività.

In passato, dire che due eventi sono simultanei era considerato un enunciato

significativo e oggettivo, comunicabile con facilità e verificabile da qualsiasi

osservatore. Oggi sappiamo che nel concetto di simultaneità è incluso un aspetto

soggettivo: due eventi che appaiono simultanei a un osservatore in quiete non sono

necessariamente simultanei per un osservatore in movimento.

Tuttavia la teoria della relatività non relativizza integralmente il reale: è oggettiva in

quanto ogni osservatore può dedurre, ricorrendo a calcoli, che cosa un altro

osservatore ha percepito in passato o percepirà in futuro.

Siamo comunque molto lontani dal concetto classico di descrizione oggettiva.

– Questa lontananza si fa ancora maggiore nella meccanica quantistica.

Ancora possiamo impiegare il linguaggio ‘oggettivo’ della fisica classica per

avanzare enunciati relativi ad alcuni fatti osservabili.

Possiamo ad esempio dire che una pellicola fotografica è stata esposta, o che

si sono formate goccioline d’acqua. Ma sugli atomi non possiamo dire nulla.

E le previsioni che possiamo eventualmente avanzare sulla base di questa scoperta

dipendono dal nostro modo di porci nella situazione: e in quest’ambito l’osservatore

ha la libertà di scelta. Naturalmente, non fa differenza se l’osservatore sia un uomo,

un animale o una macchina: però non è più possibile avanzare previsioni senza tener

conto dell’osservatore o delle modalità d’osservazione.

In questo senso ogni processo fisico ha un aspetto soggettivo e uno oggettivo.

Oggi sappiamo che il mondo oggettivo della scienza ottocentesca era in effetti solo

una riduzione, una idealizzazione, che non rappresenta tutto il reale.

E’ probabile che in futuro si dovrà ancora, nell’accostamento al reale, distinguere tra

sfera soggettiva e sfera oggettiva, e tracciare una linea di separazione tra questi due

ambiti. Ma dove esattamente corre questa linea di separazione dal mondo in cui si

guarda alle cose: in una certa misura siamo liberi di stabilire questo confine.

Ecco perché capisco benissimo l’impossibilità di parlare di questioni religiose

impiegando un linguaggio oggettivo: e che religioni diverse si esprimono ricorrendo

a differenti forme spirituali è un’obiezione priva di fondamento.

Sono forme diverse ma forse complementari l’una all’altra, sebbene possano escludersi

a vicenda, e tutte necessarie per dare un’idea delle vastissime possibilità inerenti al

rapporto dell’uomo con il principio dell’ordine.

( W. Heisenberg, Fisica e oltre, Bollati Boringhieri)

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CONFRONTO 3

Da  http://pietroautier.myblog.it

      http://giulianolazzari.myblog.it

Qualche tempo dopo, credo a Copenaghen, parlai di questo con Bohr.

Egli prese immediatamente le difese di Dirac.

– Trovo degno di lode, disse, che Paul si sia battuto senza compromessi per

difendere tutto ciò che si può esprimere con linguaggio chiaro e logico.

Egli è convinto che ciò che si può esprimere, si può esprimere con chiarezza:

o, per dirla con Wittgenstein, che ‘su ciò di cui non si può parlare si deve tacere’.

Dovresti vedere i manoscritti che mi invia Dirac: la grafia è così chiara, l’assenza

di correzioni così assoluta, che solo il guardarli è fonte di piacere estetico.

Se suggerisco l’opportunità di cambiamenti anche minimi, Paul se la prende 

moltissimo e comunque non cambia nulla. Il suo lavoro è del resto estremamente

brillante. Siamo andati di recente insieme a una mostra di pittura dove c’era 

una marina di Manet tutta giocata su stupende sfumature di grigio e di blu: si

vedeva in primo piano una barca accanto alla quale stava, nell’acqua, una 

forma grigia non immediatamente riconoscibile.

– Quella cosa lì è inammissibile’, ha commentato Paul. 

Riconosco che si tratta sì di un modo piuttosto strano di accostarsi all’arte, ma 

non per questo del tutto infondato.

Nell’arte, come nelle scienze, ogni particolare va descritto con la massima

chiarezza e attenzione: non c’è posto per il caso.

– Tuttavia la religione è qualcosa di più complesso.

Come per Dirac, l’idea di un Dio personale mi è estranea.

Dobbiamo però tener presente che la religione impiega la lingua in modo diverso

dalla scienza: la lingua della religione è, semmai, più vicina a quella della poesia.

E’ vero che siamo portati a credere che la scienza si occupi di informazioni relative a

fatti oggettivi, mentre la poesia tratta essenzialmente di fatti soggettivi: ne concludiamo

quindi che se la religione vuole occuparsi di verità oggettive bisogna che adotti gli 

stessi criteri di verità della scienza.

Ma per parte mia trovo la divisione del mondo in una sfera oggettiva e una soggettiva

operazione troppo arbitraria. Da sempre le religioni hanno parlato per immagini, per 

parabole, per paradossi: ciò significa che non vi è altro modo per riferirsi a quel tipo

di realtà cui la religione si applica. Ciò, naturalmente, non significa che si tratti di

una realtà solo immaginaria. E questo modo di ripartire il reale in una sfera oggettiva 

e una soggettiva non credo ci possa portare molto lontano.

( W. Heisenberg, Fisica e oltre, Bollati Boringhieri)

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CONFRONTO 2

Da  http://pietroautier.myblog.it

      http://giulianolazzari.myblog.it

– Non si può giudicare la religione, come tu fai, solo in base alla

strumentalizzazione politica che ne viene fatta, obiettai.

– Questo perché ogni cosa in questo mondo è suscettibile di strumentalizzazione:

anche l’ideologia comunista di cui poco fa ti sei fatto portatore.

Tieni presente che sempre esisteranno le società degli uomini, e che deve per

forza esistere una lingua comune in cui parlare della vita e della morte, e della più

ampia cornice in cui si svolge il nostro esistere. Questa ricerca di una lingua comune

ha portato, nella storia, all’elaborazione di forme spirituali dotate necessariamente

di grande forza di persuasione: come altrimenti avrebbero potuto tanti uomini

vivere con esse e per esse durante tanti secoli?  Non si può liquidare sommariamente

la religione sulla base di considerazioni come le tue.

Ma forse tu sei così critico perchè senti il bisogno di un’altra e nuova religione in

cui non si dia l’idea di un Dio personale.

– Io non apprezzo nessun mito religioso, rispose Dirac, se non altro perché si

contraddicono l’un l’altro.

Sono nato in Europa e non in Asia solo per caso: non vedo perché ciò dovrebbe

costituire un criterio di giudizio per stabilire che cosa è vero o in che cosa

dovrei credere. Io posso credere solo in ciò che è vero.

E in quanto al retto comportamento, posso giungere a stabilirlo per mezzo della

ragione soltanto in base alla situazione in cui mi trovo: poiché vivo in società

come altri, devo attribuire a questi stessi diritti che reclamo per me.

Cerco di essere equo: non mi si può chiedere altro.

E le chiacchiere sulla volontà di Dio, sul peccato e sul pentimento, su un mondo

oltre questo verso il quale dobbiamo tendere, ad altro non servono che a 

nascondere questa nuda verità. 

Credere in Dio c’ incoraggia a pensare che Dio vuole che noi ci sottomettiamo a 

una forza superiore: idea utilissima per mantenere certe strutture sociali che 

magari hanno avuto senso in passato, ma che certo non hanno più posto nel 

mondo moderno. 

Trovo inaccettabili tutti questi discorsi sulla cornice più ampia e compagnia bella.

La vita, in fondo, è come la scienza: vivere significa incontrare difficoltà e cercare

di superarle. E le difficoltà si vincono solo una alla volta: la tua cornice più ampia

non è che una sovrastruttura mentale aggiunta a posteriori.

(W. Heisenberg, Fisica e oltre, Bollati Boringhieri)

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