CONTRA GALILAEOS (2)

La prima prova che questo nell’uomo non è frutto di insegnamento, ma esiste per

natura, è lo spontaneo anelito al divino che noi troviamo a livello pubblico e privato,

tra individui e popoli. Ognuno di noi crede spontaneamente in un’entità divina, ma

la conoscenza precisa su di essa non è per tutti facile, né è possibile per chi l’ha raggiunta

comunicarla a tutti…a questa intuizione universalmente diffusa se ne aggiunge un’altra.

Noi uomini siamo tutti così uniti per natura al cielo e agli dèi che in esso appaiono che,

se si immagina la presenza di un altro dio, lo si fa abitare senz’altro in cielo, non per

separarlo dalla terra, ma per collocare per così dire il sovrano di tutto in quel luogo

più onorevole, nella convinzione che egli osservi dall’alto le vicende terrene.

Sta ora a sentire cosa dice Platone del cosmo.

“Dunque il cielo tuto o cosmo – chiamalo pure con qualunque altro nome lo si possa

chiamare – è esistito sempre, senza principio alcuno, o è nato traendo la propria origine

da un inizio?

E’ nato. E’ infatti visibile, tangibile, corporeo. Simili esseri sono oggetto di sensazione,

percepibili all’opinione accompagnata dalla sensazione….se dunque bisogna parlare

secondo logica, bisogna dire che questo mondo, essere fornito di anima intelligente, è

veramente nato grazie alla provvidenza divina”. 

Mettiamo solo a confronto punto per punto quale discorso e di che tipo fa dio secondo

Mosè e quale secondo Platone.

” E dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Ed abbia dominio sui

pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sulle bestie e su tutta la terra e su tutti gli esseri

che si muovono sulla terra. E dio creò l’uomo e lo fece ad immagine di dio; maschio e

femmina li fece, dicendo: crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela.

E abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, su tutte le bestie e su tutta

la tera”.

ORA DUNQUE ASCOLTA ANCHE IL DISCORSO DI PLATONE, che egli attribuisce al

demiurgo di tutto.

” Dèi degli dèi, le opere di cui io sono il demiurgo e il padre saranno indissolubili perché

io lo voglio. Quel che è il risultato di un’unione è tutto destinato a dissolversi, e sarebbe

proprio di un essere malvagio voler separare quel che è ben connesso ed ha una buona

struttura. Perciò, poiché siete nati, non siete immortali, né del tutto esenti dal disfacimento;

d’altra parte è certo che non vi dissolverete nella morte; voi avete nella mia volontà

un legame più forte e più potente di quelli che vi avvincevano al momento della nascita.

Ora ascoltate le parole che io vi rivolgo. Ci sono ancora tre specie mortali che non sono

nate e finché queste non nascono il cielo sarà incompleto, perché non avrà in sé tutte

le specie viventi. Ma se nascessero ed avessero vita per opera mia, sarebbero simili

agli dèi. Perché dunque siano mortali e questo universo sia veramente completo, volgetevi

secondo la vostra natura alla formazione degli esseri viventi, imitando il potere mio nel

generarvi, e quella parte di essi a cui spetta lo stesso nome degli immortali, che è detta

divina e governa in essi quelle che sono sempre disposte a seguire la giustizia e voi,

sarò io a seminarla, e darle inizio e a consegnarvela. Quanto al resto, voi, unendo il

mortale e l’immortale, plasmate e generate i viventi, nutriteli, fateli crescere ed

accoglieteli di nuovo al momento della morte”.

(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos)

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CONTRA GALILAEOS

Ora, se volete, facciamo un                                                              8978ujnmjh.jpg

confronto con la parola di

Platone.

Considera dunque quel che

egli dice del demiurgo e

quali parole gli attribuisce

all’atto della cosmogonia;

potremo così mettere a

confronto la cosmogonia

di platone e quella di Mosè.

Sarà in questo modo chiaro chi dei due è il più grande di dio, se Platone l’idolatra, o

colui di cui la Scrittura dice che dio gli parlò bocca a bocca.

‘In principio dio fece il cielo e la terra. Ma la terra era invisibile e informe e il buio era

sull’abisso, e lo spirito di dio vagava sopra l’acqua. E dio disse: sia la luce e la luce fu.

E dio vide che la luce era bene. E dio separò la luce e le tenebre. E dio chiamò la luce

giorno e chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina, un giorno. E dio disse: sia il

firmamento in mezzo all’acqua. E dio chiamò il firmamento cielo. E dio disse: l’acqua

sotto il cielo si raduni in un sol luogo e si veda la terraferma. E così avvenne. E dio

disse: la terra faccia crescere erba da pascolo e alberi da frutta. E dio disse: ci siano

stelle nel firmamento del cielo perché facciano luce sulla terra. E dio le pose nel

firmamento del cielo perché avessero dominio sul giorno e sulla notte’.

E’ chiaro che qui dice che né l’abisso né le tenebre, né l’acqua sono stati fatti da dio.

Eppure, io penso, come ha detto a proposito della luce che è nata per comando di

dio, avrebbe dovuto dirlo anche per la notte, per l’abisso e per l’acqua, mentre non

ha detto niente, come se già esistessero, anche se li ha ricordati spesso. Inoltre non 

a una nascita o creazione degli angeli accenna, né in quale modo siano stati posti in essere,

ma soltanto agli involucri corporei che si trovano in cielo e in terra, cosicché, secondo

Mosè, dio non è creatore di esseri privi di corpo, ma è un semplice ordinatore della 

materia esistente. E l’espressione ‘la terra era invisibile e informe’ non significa altro che

considerare l’umido e l’asciutto come materia e introdurre come suo ordinatore dio.

(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos)

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