IL MELOGRANO: OVVERO L’ETERNO RITORNO (6)

Nel Rinascimento la granata, che sotto                           melograno.jpg

la sua scorza raccoglie

armonicamente i grani

color del rubino, era

considerata sacra a

Giunone come

‘conservatrice dell’

unione dei popoli’,

visti come tanti chicchi,

e suscitatrice di concordia

nella grande famiglia

sociale. Perciò, spiegava

alla fine del XVI secolo Cesare

Ripa nella sua ‘Iconologia’, si raffigurava la Concordia come ‘una bella donna che mostra gravità

e tiene nella mano destra una tazza con un pomo granato, nella sinistra uno scettro che in

cima abbia fiori e frutti di varie sorti, in capo haverà una ghirlanda di mele granate con le

foglie e i frutti’. A sua volta l’Accademia, come congregazione di molte persone riunite per

perseguire un fine intellettuale comune, era simboleggiata dalla mela granata, la quale

infine concorreva a formare l’immagine della Conversazione: un uomo giovane, allegro e

ridente, vestito pomposamente con un abito verde, il capo cinto da una ghirlanda di alloro

e nella mano sinistra un caduceo che, invece delle due serpi allacciate, presenta un ramo

di mirto e uno di melograno, entrambi fioriti; e sopra le alette una lingua umana. Il giovane

è ritratto nell’atto di far riverenza, con una gamba sospinta indietro, mentre sul braccio

destro, teso in avanti come per abbracciare o ricevere un abbraccio, pende un nastro che

reca il motto ‘Veh soli’.

‘Il ramo della mortella e del pomo granato’, spiega il Ripa ‘ambidue fioriti con bei rivolgimenti

intrecciati insieme, significano che nella Conversatione conviene che vi sia unione e vera

amicizia e che anche le parti rendano di sé scambievolmente buonissimo odore e pigliare

insieme dalle dette piante, essendo tra di loro si amano tanto che, quantunque posti lontanetti

l’una dall’altra radice, si vanno a trovare e si avviticchiano insieme a confusione di chi sfugge

la Conversatione’. L’uomo è giovane perché secondo l’iconografia i giovani si diletterebbero

più degli anziani a vivere insieme. E’ ridente e vestito di verde perchè questo colore indurrebbe

all’allegria. L’alloro ammonisce a rendere ogni conversazione virtuosa e mai viziosa. La lingua

sopra le alette ci ricorda che la natura ha dato parola all’uomo non perchè parli con sé

medesimo, ma perché esprima amore e affetto agli altri. L’atto di far riverenza e il braccio

aperto dimostrano a loro volta che conversando occorre essere cortesi e benigni verso chi è

degno della ‘vera e virtuosa conversatione’.

Anche un poeta del Novecento volle ispirarsi al melograno. 

Nel vestibolo della Priora, al Vittoriale degli Italiani, una colonna di pietra dono di Assisi a

Gabbriele d’Annunzio, sostiene un canestro colmo di melograne. Quei frutti, che in vetro, in 

pietra, in rame, disseccati o dipinti, sono sparsi in ogni stanza, non sono una decorazione 

causale: molti anni prima infatti, nel 1898, egli aveva voluto intitolare ‘I romanzi del melograno’

un ciclo narrativo di cui scrisse soltanto la prima opera, ‘il fuoco’, per trarre delle melegrane,

che in autunno, schiudendosi, lasciano intravedere i grani rossi, il simbolo della fecondità del

poeta. 

(Florario, Miti, leggende e simboli di fiori e piante)

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IL MELOGRANO: OVVERO L’ETERNO RITORNO (6)ultima modifica: 2010-11-05T15:00:00+01:00da giuliano106
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