INCONTRI LUNGO IL CAMMINO

…’Uomo dabbene, io ho quaranta anni e sono da Pescara

nel Reame; e son vissuto con questi modi anni venti;

e non fui impiccato a Bologna che forse lo meritassi.

Ma che bisogna parlare? 

Io non ho altra arte: con questa vivo e vivo bene,

che voglio sempre le miglior cose truovo in sull’osteria,

e questa sera spenderò almanco dua marcelli.

E quando uso un modo da trattar danari e quando un altro:

stravolgomi e’ piedi, le braccia, la bocca; quando fingo

esser cieco, quando piagato; e muto spesso luoghi.

E perché io so che t’accorgeresti poco fa mentivo 

per la gola, t’ho scoperto il vero e ti prego di questa cosa: 

questa sera non parli. Doman poi muterò paese e cercherò ventura’.

Promessili tacere e pensai intra me medesimo

con quanti modi, con quante astuzie, con quante varie arte,

con quanta industria uno uomo s’ingegna ingannare l’altro.

E per questa variazione il mondo si fa bello,

il cervello si fa acuto a trovare arte nuova per fraudare

e quello d’un altro si fa sottile per guardarsene.

Et in effetto tutto il mondo è ciurmeria;

e comincia a’ religiosi e va discorrendo ne’ iurisconsulti,

ne’ medici, nelli astrologi, ne’ principi secolari, in quelli

che son loro a torno, in tutte l’arte et essercizi;

e di giorno in giorno ogni cosa più s’assottiglia…et affina.

(Francesco Vettori, Tutto il mondo è ciurmeria, 1507)

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1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA (2)

Lungo l’Arno si allineano                                           firenze1.jpg

le ruote ad acqua che

danno energia alle

manifatture e i

tiratoi dove si

estendevano ad

asciugare le pezze

di lana in alcune fasi

della lavorazione.

A monte del primo

ponte si recuperano le

travi di legno che, legate insieme a zattera, vengono per acqua dal Casentino e, a valle dell’

ultimo, agli scali del Pignone presso Porta san Frediano e della porticciola del Prato, approdano

i navicelli a fondo piatto che son risaliti da Pisa con le lane d’importanzione o il ferro dell’Elba.

Per valicare gli Appennini Gerozzo probabilmente scelse l’itinerario che passava per

Cafaggiolo, il Mugello, Scarperia – il Giogo di Scarperia, a un po’ meno di 900 metri, è lo

spartiacque tra la valle  della Sieve (e il Tirreno) e quella del Santerno (e l’Adriatico) –

Firenzuola, Covigliaio. Cafaggiolo era una piccola fortezza fiorentina che tra poco

(1451) Michelozzo avrebbe tasformato in residenza estiva per Cosimo; Scarperia, luogo

di coltellinai, e Firenzuola erano due borghi che i fiorentini avevano fondato nel primo ‘

300 per controllare i  signori feudali della montagna e mettere piede nella Romagna.

Si saliva poi al passo della Raticosa e infine si scendeva verso Bologna.

Nel piano di là dell’Appennino, Gerozzo ritrovò quel paesagio tanto diverso dalla sua

Toscana, come era diverso l’italiano che usciva dalle labbra dei suoi abitanti. Indubbiamente

lo conosceva già; l’uomo di finanza e mercatura imparava il mestiere viaggiando.

Philippe de Commynes,                                 toscana.jpg

che passerà l’Appennino

più a occidente con

l’esercito di Carlo VIII

in ritirata (1495),

descrive:

‘il piatto paese di

Lombardia,

che è dei più belli e

buoni al mondo e dei

più abitati. E per quanto

lo si dica piano è

malagevole da

cavalcare perché è tutto percorso di fossati come la Fiandra, o ancor di più; ma è molto meglio

e più fertile, tanto di buoni frumenti che di buoni vini e frutti’.

Non meno del resto dell’Italia, al momento del viaggio del Pigli, il paese era inquieto. Per

arrivare ai celebri pochi decenni di quasi pace della seconda metà del XV secolo ancora si

doveva passare per altre guerre. Stati cittadini, ‘signori’ e imprenditori di eserciti mercenari

(i condottieri) si davano da fare in intrighi, gesta militari, alleanze, mosse e contromosse,

incursioni armate, conquiste, saccheggi, scaramucce e battaglie: una colossale e perfida

partita di ‘rubamazzo’.                                     lippi.jpg

Esattamente in quell’anno,

il più fortunato e temuto

fra i capi di compagnie

mercenarie, Francesco

Sforza, bastardo di altro capitano

romagnolo, nipote di un contadino,

lavorando in proprio aveva abbozzato

un tentativo di prendere Roma di

sorpresa. I risvolti privati di quest’

atmosfera turbolenta, quelli che

interessavano i viaggiatori , finivano

in storie da raccontare la sera nelle

locande fra alterigie gradasse e brividi

di paura. Gerozzo conosceva certamente

quel fattarello attribuito a Facino Cane:

a un tale che si lamentava perchè un suo

soldato gli aveva rubato il mantello, il capitano di ventura, vistogli indosso un farsetto

lussuoso e accertato che lo portava anche al momento della rapina, non ebbe esitazione a

licenziarlo con sarcasmo: ‘Se qualcuno ti ha rapinato non era uno dei miei soldati, nessuno

di loro ti avrebbe lasciato andar via con codesto bell’abbigliamento’.

Può sorprendere che in un’atmosfera del genere la tela dei commerci, delle transazioni 

finanziarie, del credito e delle lettere di cambio non si lacerasse. Anche con la pace potevano

esserci incidenti sgradevoli per gli uomini della mercatura. Le industriose e ricche città sulla

via Emilia, come Parma, erano le tappe naturali sulla strada di Milano. Il tracciato della

romana via Emilia correva immutato da oltre 1600 anni. Del ducato milanese, forse la terra

più prospera d’Europa, era padrone l’astuto, malconcio e pertinace Filippo Maria Visconti.

Come tutti i suoi contemporanei esperti del mondo, Gerozzo non ignorava che alla sua

morte (avverrà nel 1447) il ducato sarebbe probabilmente finito nelle mani del genero, 

l’avventuroso Francesco Sforza. Cosimo de’ Medici lo finanzierà e così Milano si costruirà

per opera  di Michelozzo, benevolmente plaudendo il nuovo duca, una bella sede del 

banco mediceo. 

(L. Camusso, Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)

da http://giulianolazzari.splinder.com

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1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA

Gerozzo di Jacopo de’ Pigli quarantenne,                                   40070811.jpg

lasciò Firenze nel 1446. Aveva trattato

affari in Lombard Street, parlava l’inglese

e Cosimo de’ Medici lo mandava a

Londra per trasformare l’ufficio che

già esisteva come dipendenza di

Bruges, in una vera vera filiale della

banca medicea, assumendone la

direzione.

Nell’avventura Gerozzo investiva di

suo oltre 300 sterline sulle 2500 che                                          Masaccio_Saint_Peter_Enthroned_Detail_BR.jpg

costituivano il capitale della nuova

unità operativa del sistema bancario

di Cosimo e il contratto gli assicurava

come sua retribuzione un quinto dei

profitti. Quando uscì a cavallo dalla

porta San Gallo per dirigersi all’Appennino,

aveva nel bagaglio il ‘ricordo’, la

minuziosa istruzione, approntata dalla

direzione della banca fiorentina, su

come affrontare il viaggio e come

svolgere il suo

compito.                                                      masaccio-madre.jpg

Gli si raccomandava

di procedere a                              

tappe moderate per

via dei giovani che

aveva con sé

(i garzoni per il nuovo

ufficio), di passare

per Milano e Ginevra,

poi di percorrere

le terre del duca

di Borgogna

fino a Bruges, dove

si sarebbe imbarcato.

Per Milano aveva una

lettera di presentazione                                        healing_.jpg                                              

per chi avrebbe potuto

 provvederlo di denaro

e soprattutto di

 informazioni sul credito

dei mercanti milanesi che

trafficavano con la città inglese;

a Ginevra e a Bruges avrebbe dovuto

vedere come andavano le cose nelle

due filiali medicee.

La città che Gerozzo di Jacopo de’ Pigli

lasciava era quasi del tutto medievale;

si alzavano ancora numerose le ferrigne

torri private, anche se tutte scapitozzate

all’altezza di cinquanta braccia (29 metri)

per furia antighibellina dalla metà del 

XII secolo. Prevalevano la pietra                                              firenze.jpg

forte o macigno e le murature di

mattoni, più frequentemente a 

vista che intonacati; tra le case 

fitte del centro erano molti i

cavalcavia, di muro o legno, 

con cui gli edifici si sostenevano 

l’un l’altro, i ponti o i volti che

univano abitazioni                                                                          FIRENZE_MONUMENTALEw.jpg

di una stessa casata                                                   

o consorteria; i marmi                                                

(bianco di Carrara, verde

di Prato e rosso di

Maremma) si vedevano

nel cuore religioso

della città, la triade battistero,

campanile, cattedrale.

Proprio in quel 1446 Bernardo Rossellino aveva cominciato a costruire il palazzo di 

Giovanni Rucellai, secondo il disegno tutto precisi ritmi ed elementi classici dell’

aristocratico intellettuale Leon Battista Alberti che determinava il futuro del gusto

architettonico tenendosi lontano dalla polvere del cantiere. Ma gli altri gloriosi palazzi

rinascimentali, tranne quello Medici-Riccardi di via Larga da due anni in costruzione a

opera di Michelozzo, ancora non c’erano; né Pitti, né il palazzo degli Strozzi, che si

impianterà grandioso tra la modesta edilizia medievale della zona del Mercato Vecchio,

ove il commercio al minuto si suddivideva su diciassette piazzette.

(..Breve premessa alla prima parte, codesto viaggio del banchiere, esprime l’atteggiamento

sociale di una società, pur in costante fermento, con salde e solide credenze cristiane, i

pochi casi di eresia locale e non, furono e saranno liquidati come nella consuetudine abitudini

di Roma….)

(L. Camusso, Guida ai viaggi nell’Europa del 1492)

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