VIAGGI IN ALTRI MONDI: IL JAZZ (Gerry Mulligan) (6)

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Una tournée in Giappone, nel 1964; il matrimonio con l’attrice cinematorafica Sandy Dennis

che nel 1965 occupò nel suo cuore                              mulligan1.jpg

il posto rimasto vuoto

dopo la prematura morte

della Holliday; e la

costituzione di un gruppo

con piano, chitarra, basso

e batteria.

L’impresa più impegnativa

di quegli anni fu la

composizione, in

collaborazione con

Bill Holman,

di una ‘Music for

baritone saxophone

and orchestra’

che fu presentata, con

lui come solista ospite,

dalla Los Angeles

Neophonic Orchestra di Stan Kenton, nel 1966.

All’anno successivo risale un’altra collaborazione con Holman: la musica per il film ‘Luv’,

composta da lui e orchestrata dall’amico.

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In quel periodo – tra il 1966 e il 1967 – si situano anche alcune sue apparizioni, come solista

aggiunto, con delle grandi orchestre dirette da Bill Russo e da Gil Evans, il quale presentò

allora, più di una volta, formazioni che potevano essere considerate degli sviluppi dei

gruppi riuniti attorno a Miles Davis sul finire degli 40.

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Quanto alle riapparizioni in pubblico del quartetto con Bob Brookmeyer, esse possono essere

considerate delle riesumazioni, delle commemorazioni. Non era, quella di cui si è detto, un’

attività che potesse riempire le sue giornate, ad ogni modo. La verità è che Gerry Mulligan

si era trasformato in uno svagato playboy, che sembrava, e sembra, divertirsi soprattutto a

girare il mondo, magari per accompagnare la moglie negli spostamenti impostile dagli

impegni cinematografici, e a conversare amabilmente con chiunque gli capiti a tiro.

Il giovanotto teso, irritabile e sarcastico dei primi anni era già un ricordo: liberatosi da tempo

dalla schiavitù della droga, Mulligan era divenuto un simpatico ‘bon vivant’, un intelligente

e molto eloquente conversatore che prende le cose come vengono ma che osserva attentamente

tutto ciò che accade nel mondo. Era però – ed è tuttora – sempre pronto a unirsi ai jazzmen

di tutte le confessioni per improvvisare in jam-session, o a inserirsi, come solista avventizio,

in qualche complesso altrui.

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Andò a finire che si unì stabilmente – anche soltanto per delle esibizioni concertistiche – a Dave

Brubeck, che alla fine del 1967 aveva sciolto il suo ormai longevo quartetto con l’intenzione di

dedicarsi prevalentemente alla composizione  e che nel maggio 1968, su suggerimento di

George Wein, propose a Mulligan di aggregarsi al suo trio – completato dal bassista Jack Six

e dal batterista Alan Dawson – per suonare come solista aggiunto in alcuni concerti negli

Stati Uniti e subito dopo a Città del Messico, e in altre città messicane toccate da uno dei vari

festival viaggianti organizzati da Wein. L’idea non era poi tanto peregrina perché Gerry era

già stato inserito parecchie volte nel quartetto di Brubeck per sostituire Paul Desmond

durante le sue indisposizioni.

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Che cosa abbiano in comune Mulligan e Brubeck è difficile dire.

Forse null’altro che un grosso nome, il potere di attrarre le grandi folle. Che sono accorse,

infatti numerose volte ad ascoltarli insieme, in America e più volte in Europa, e anche in

Australia e in Giappone, per assistere a lunghe improvvisazioni in cui ciascuno dei due

principali solisti si muoveva nella personale dimensione.

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Migliori risultati Mulligan ha conseguito, di tanto in tanto, suonando come solista di ventura,

di qua o di là dell’Atlantico, che attraversa con sempre maggior frequenza. E ottimi risultati

ha ottenuto quando, vincendo la pigrizia, si è finalmente deciso, nel 1971, a registrare per la

A & M un album tutto suo, intitolato ‘The Age of Steam’. La grossa orchestra da lui riunita per

quell’occasione – e che allineava vari solisti di valore, ivi compreso l’immancabile Bob

Brookmeyer – poteva consederarsi in qualche modo un aggiornamento e un’estensione della

Concert Jazz Band, in confronto alla quale appariva più trascinante in virtù del numero dei

componenti la sezione ritmica, e più colorita grazie grazie a qualche velatura pop.

Mulligan, ad ogni modo, dichiarò di aver voluto riunire quella formazione principalmente

per poter presentare alcune sue nuove composizioni. Tutti brani contenuti nel disco infatti

sono scritti da lui. Due, in particolare, e cioè ‘Grand tour e Golden notebooks’, sono fra le

più belle che abbia mai fatto.

(A. Polillo, Jazz)

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mulligan

 

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