IL RACCONTO DELLA BALENA: MAR DEI MASSACRI (8)

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La megattera nodosa, che può raggiungere un peso di 60 tonnellate

e una lunghezza di oltre 15 metri, è munita di due ampie pinne anteriori

assai flessibili, usate per mantenere l’assetto e per la propulsione, oltre che

come braccia con le quali le coppie in amore si abbracciano con entusiasmo

e si accarezzano.

Non si sposta con il solito impeto delle altre balenottere e procede normalmente

a una comoda velocità di 5 o 6 nodi, benché possa raggiungere anche i 10 o 12

nodi. La forma ondeggiante, la velocità ridotta, la socievolezza, l’affabilità e la

preferenza per le acque, nell’entroterra, oltre al fatto che, a differenza dei

consanguinei, galleggi talvolta da morta, fecero credere ai primi balenieri che

fosse una balena franca più che una balenottera.

Sembra che i balenieri della Nuova Inghilterra salpando da New Bedford siano

stati i primi ad arrivare alla conclusione che la megattera nodosa poteva essere

sfruttata commercialmente. Già intorno al 1740, questi uomini stavano navigando

a bordo di piccole golette nelle acque di Terranova dando la caccia alle balene

franche nere, a quelle grigie, boreali e ai capodogli, ma le balene franche nere e

grigie diventavano sempre più scarse, la balena boreale non frequentava per

niente quella zona in estate e il capodoglio si trovava in quantità redditizie al

largo. Quelli della Nuova Inghilterra dovevano sentirsi frustrati, o, meglio inviperiti

per il fatto di vedersi circondati da innumerevoli balenottere dalle quali non

potevano trarre alcun profitto. Probabilmente non sapremo mai chi fu il

comandante di baleniera tanto deciso a cavarne un profitto il quale giunse alla

conclusione che almeno un esemplare della ‘qualità inferiore’ poteva costituire

un’eccezione. Fatto sta, comunque, che verso il 1750 tutta la flotta di baleniere

dava la caccia alla megattera nodosa quando non c’era di meglio.

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Davano la caccia a questo cetaceo nonostante il fatto che d’estate, una volta

ucciso, andasse a fondo.

I mezzi navali di quei tempi non erano muniti di dispositivi meccanici capaci di

riportare in superficie carcasse così massiccie, né di mezzi per tenerle a galla mentre

venivano rimorchiate a riva o trattenute sulle fiancate dalla baleniera per essere fatte

a pezzi. I balenieri di New Bedford si servivano della stessa balena uccisa per tenerla

a galla a un fenomeno che chiamarono ‘gonfiaggio’.

Quando una balena di grandi dimensioni muore, la sua temperatura corporea comincia

rapidamente a salire, non a scendere come uno si spetterebbe. Ciò accade perché il calore

prodotto dalla decomposizione rimane imprigionato nel corpo isolato dal grasso, che

diventa così una specie di pentola a pressione. Dopo due o tre giorni, i tessuti interni

cominciano effettivamente a bollire e la putrefazione finisce per generare ben presto una

quantità di gas sufficiente per far galleggiare persino una balena di cento tonnellate

andata a fondo e a farla risalire come un sommergibile in emersione. Le carcasse

puzzolenti non rimangono a galla indefinitivamente. Prima o poi i tessuti si squarciano

così esplosiva da lanciare tutt’intorno pezzi di carne putrefatta come tante palle di

molli shrapnel. Ciò che rimane va di nuovo a fondo, questa volta per sempre.

I balenieri della Nuova Inghilterra affrontavano raramente la megattera nodosa con

arpioni attaccati a funi, preferendo colpire con fiocine lunghe dai tre metri ai quattro.

Talvolta, i soli colpi di fiocina bastavano per                  moby3.jpg

ferire mortalmente l’animale; se questo non

bastava, le infezioni pensavano al resto.

Dopo essere sfuggita ai propri tormentatori,

la balenottera cominciava a star male e

moriva, andando a fondo, cominciava ad

andare in putrefazione, ma poi, il

‘gonfiaggio’ la faceva risalire a galla

dove restava preda, alla deriva, del vento

e della marea.

I balenieri si aspettavano di individuare le balenottere ‘gonfie’, e non importava se fossero

stati loro a ucciderle o qualche compagno.

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Bastava recuperarne un numero sufficiente per ripagare dal punto di vista economico

le loro fatiche. Una megattera recuperata su ogni tre colpite dalle fiocine era considerata,

a quanto pare, un rapporto soddisfacente. Era un lavoro condizionato da sprchi incredibili,

ma rendeva. Quando le autorità inglesi vollero stabilire il potenziale di resa delle acque

dove venivano cacciate le balene intorno alla foce dello stretto di Belle Isle pochi anni

dopo l’espulsione dei francesi, scoprirono che la caccia era fiorente.

Nel 1763, stando a una relazione redatta da un ufficiale della marina, l’industria della

pesca della balena lungo la costa del Labrador teneva impegnati 117 tra shooners e

corvette della Nuova Inghilterra, ognuno provvisto di un equipaggio di una dozzina

di uomini; nel 1767, la flotta della baleniera della Nuova Inghilterra, in navigazione

nel golfo del San Lorenzo e lungo le rive del Labrador meridionale, di Terranova e

della Nuova Scozia comprendevano 300 tra corvette e schooners con più di 4000

balenieri come equipaggio. Benché questi dessero la caccia principalmente alle

balene franche nere, ai capodogli e alle balene grigie quando potevano trovarli,

si vedevano tuttavia spesso costretti a ‘pagarsi le spese del viaggio’ con l’olio

estratto dalle balenottere. Fatta eccezione per una breve pausa durante e subito

dopo la Rivoluzione americana, il massacro perpetrato dagli yankees nel Mare

delle Balene assunse proporzioni sempre più vistose fin poco dopo l’inizio dell’

Ottocento. A quell’epoca, le balene grigie, quelle franche e quelle boreali del San

Lorenzo erano praticamente tutte estinte.

(F. Mowat, Mar dei massacri)

un sito www.seashepherd.org

www.giulianolazzari.com

 

 

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IL RACCONTO DELLA BALENA (quando e perché) (7)

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Breve premessa…

“Salomone nei Proverbi esorta dicendo:’Non volgerti a una donna cattiva,

perché stillano miele le labbra della meritrice, e a tempo opportuno essa

unge la tua gola, ma in seguito la troverai più amara del fiele e aguzza più

di una spada a due tagli. Poiché i piedi della follia conducono coloro che

vi si affidano alla morte nell’Inferno’.

C’è un mostro del mare detto balena: ha due nature.

La sua prima natura è questa: quando ha fame, apre la bocca, e dalla sua

bocca esce ogni profumo di aromi, e lo sentono i pesci piccoli e accorrono

a sciami nella sua bocca, ed esso li inghiotte; non mi risulta invece che

i pesci grandi e adulti si avvicinino al mostro. Così anche il demonio

e GLI ERETICI, con un soave profumo adescano i piccoli e coloro

che non hanno il senno adulto; quelli invece che hanno l’intelletto: tale

fu Giobbe, tali Mosè, Isaia, Geremia, e tutta la schiera dei profeti; così

Giuditta scampò ad Oloferne, Ester ad Artaserne, Suanna ai vecchioni,

Tecla a Tamiri.

L’altra misura del mostro: esso è di proporzioni enormi, simile a un’isola;

ignorando, i naviganti legano ad esso le loro navi, come in un’isola, e

vi piantano le ancore e gli arpioni; quindi vi fanno fuoco sopra per

cuocersi qualcosa, ma non appena esso sente caldo, s’immerge negli abissi

marini e vi trascina le navi. Se dunque anche tu, o uomo, ti tieni sospeso

alla speranza del DEMONIO, questi ti trascina con sè IN NERI ABISSI

DI SPAZI PROFONDI.

…Ben dunque il FISIOLOGO ha detto della balena…”

(Il Fisiologo)

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Se è vero che, come fanno pensare le prove molecolari, gli animali più

affini alle balene sono gli ippopotami, si è tentati di cercare i loro progenitori

tra i fossili dalle tendenze erbivore. Tuttavia nessun odierno delfino o balena è

erbivoro. A proposito, i dugonghi e i lamantini, che non hanno alcuna parentela

con le balene e ippopotami, dimostrano che è possibilissimo, per un mammifero

esclusivamente marino, seguire una dieta esclusivamente erbivora. Ma i cetacei

si nutrono di crostacei planctonici, pesci e calamari o grosse prede come le

foche. Così si sono cercati gli antenati delle balene tra i mammiferi di terra

carnivori. Il primo ad avere l’idea fu lo stesso Darwin, in un brano che,

non so per quale motivo, suscita a volte ilarità:’Hearne ha visto nell’America

settentrionale l’orso bruno nuotare per ore con la bocca spalancata, prendendo

gli insetti nell’acqua, quasi come una balena. Anche in un caso così estremo

come questo se la riserva degli insetti fosse costante, e se non esistessero

nel paese competitori meglio adatti, non vedrei nessuna difficoltà nel fatto

che una razza di orsi per effetto della selezione naturale potesse diventare

più acquatica per struttura e abitudini, con la bocca sempre più larga

fino a un essere mostruoso come una balena’.

Questa disgressione di Darwin illustra un importante concetto generale

inerente all’evoluzione. L’orso visto da Hearne era senza dubbio un

individuo intraprendente, che si cibava in maniera insolita per la sua

specie. Credo che, in campo evolutivo, molte nuove tendenze partano

proprio così, dall’idea geniale di un individuo che scopre una tecnica o

un espediente nuovo e utile e impara A PERFEZIONARSI.

Se l’abitudine viene imitata da altri, compresi magari i figli dell’individuo

in questione, inizierà una nuova pressione selettiva: la selezione favorirà

la predisposizione genetica a essere bravi nell’apprendimento della nuova

tecnica e le conseguenze saranno rilevanti. E’ possibile che proprio da

fenomeni del genere traggano origine abitudini alimentari ‘istintive’ come

quelle del picchio che martella sul tronco, o del tordo e della lontra marina

che schiaccia molluschi.

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Gli scienziati che cercano tra i fossili esistenti un antecedente plausibile

degli archeoceti, si sono orientati per molto tempo verso i mesonichidi,

un vasto gruppo di mammiferi terrestri che fiorirono nel Paleocene, subito

dopo l’estinzione dei dinosauri. I mesonichidi erano perlopiù carnivori o

onnivori come l’orso di Darwin, e parevano degni antenati delle balene

prima che spuntasse l’ipotesi dell’ippopotamo. Un’altra loro bella

caratteristica era la presenza di zoccoli. Erano carnivori con gli zoccoli:

simili ai lupi, m con gli zoccoli.

Che abbiano dato origine sia agli ungulati artiodattili sia alle balene?

Purtroppo, l’ipotesi non si sposa con la teoria dell’ippopotamo.

Benché i mesonichidi siano parenti degli odierni ungulati artiodattili,

non sono più imparentati con gli ippopotami di quanto lo siano con il

resto degli animali dotati di piede fesso. Torniamo ancora una volta alle

prove molecolari e alle incredibili scoperte cui hanno condotto: le balene

non sono cugine di tutti gli artiodattili, ma sono ‘incluse’ negli artiodattili,

e più affini agli ippopotami di quanto questi non siano affini alle vacche.

Mettendo insieme i dati raccolti, possiamo abbozzare la seguente cronologia

progressiva. Dalle prove molecolari risulta che i cammelli si divisero

dal resto degli artiodattili 75 milioni di anni fa, all’epoca in cui scomparvero

gli ultimi dinosauri. A proposito, non si pensi che l’antenato comune

somigliasse a un cammello: allora tutti i mammiferi avevano l’aspetto di

toporagni. Ma, 75 milioni di anni fa, i toporagni che avrebbero dato

origine ai cammelli si separarono dai toporagni che avrebbero dato origine

al resto degli artiodattili. La divisione fra maiali e gli altri ruminanti ebbe

luogo 60 milioni di anni fa. La divisione tra ruminanti e ippopotami avvenne

55 milioni di anni fa. Non molto tempo dopo, circa 54 milioni di anni fa,

la linea ancestrale delle balene si divise dalla linea ancestrale degli

ippopotami, dando a una balena primitiva come il Pakicetus semi-acquatico

il tempo e il modo di evolversi, 50 milioni di anni fa.

Le balene con i denti e le balene con i fanoni,  si separarono solo 34 milioni

di anni fa, all’epoca a cui risalgono i primi fossili di balene con i fanoni.

Forse ho calcato la mano quando ho spiegato quale sorpresa sia stata per

un zoologo tradizionale come me apprendere della parentela ippopotami-

cetacei, ma sono rimasto sconcertato, qualche anno fa quando lessi di

tale ipotesi (……..), ma a prescindere ciò si noterà che la scoperta della

connessone ippopotamo-balena mette a dura prova ogni certezza.

Riacquisteremo fiducia se ci venisse in mente un buon motivo per cui

le balene avessero qualcosa di speciale che le distinguesse sotto questo

particolare riguardo. Per esempio potrebbe essere artiodattili con una

marcia in più, che d’un tratto hanno decollato dal punto di vista evolutivo,

lasciandosi alle spalle il resto della categoria.

I loro più stretti cugini, gli ippopotami, non sarebbero invece progrediti

granché, restando normali, simili ai maiali, rispettabili artiodattili.

In poche parole, nella storia delle balene è magari successo qualcosa che

le ha fatte EVOLVERE a un ritmo così veloce da rendere impossibile,

con mezzi non molecolari, individuare in esse l’antica origine di artiodattili?

Che cosa potrebbe essere questa caratteristica così speciale?

Quando si imposta il problema in questo modo, la soluzione salta agli occhi.

Abbandonare la terraferma e diventare totalmente acquatici equivalse ad

andare nello spazio.

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Nello spazio siamo senza peso.

La balena galleggia.

Diversamente dalla foca o dalla tartaruga, che continuano a riprodursi sulla

terraferma, la balena non smette mai di galleggiare.

Non subisce mai le costrizioni della gravità.

L’ippopotamo passa del tempo in acqua, ma ha sempre bisogno di zampe

muscolose e robuste come tronchi per camminare sulla terraferma.

La balena non ha bisogno di zampe e, di fatto, non ne ha.

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In fondo, è quello che vorrebbe essere un ippopotamo se solo potesse affrancarsi

dalla tirannia della gravità. Poi, naturalmente, vivere tutto il tempo in

mare procura molti altri vantaggi, sicché non c’è da stupirsi più se l’evoluzione

dei cetacei è stata così rapida e gli ippopotami, come i maiali, sono rimasti

indietro, arenati sulla terraferma in mezzo agli artiodattili.

Circa lo stesso era accaduto trecento milioni di anni prima, quando i nostri

ANTENATI pesci erano emersi dall’acqua per stabilirsi sulla terraferma.

Se i cetacei sono ippopotami con una marcia in più, noi siamo dipnoi con

una marcia in più.

L’emergere di balene senza zampe dalla moltitudine degli altri artiodattili

rimasti ‘indietro’ non dovrebbe sorprendere più dell’emergere di animali

terricoli a quattro zampe di un particolare gruppo di pesci rimasti, rispetto

a loro, ‘indietro’.

In ogni caso, così cerco di spegarmi razionalmente la connessione balena-

ippopotamo e di riacquistare la perduta sicurezza di zoologo tradizionale.

(R. Dawkins, Il racconto dell’antenato)

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