LA CATASTROFE (15)

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Il Pequod ha intrapreso uno di quei viaggi che l’umanità è chiamata

periodicamente ad affrontare, cioè il viaggio in mare aperto, verso l’ignoto,

perché sulla rassicurante terraferma è sorto qualche problema.

Ecco il Pequod è salpato; come succede sempre in questo genere di viaggi,

però, l’umanità si rende conto che, riflessa sull’acqua, c’è soltanto l’immagine

di ciò che ha portato con sé dalla terraferma. Quando il Pequod salpa fiero e

spavaldo, trasporta già qualcosa nella cabina del capitano, cioè nel cuore della

nave: Achab il paranoico, un esemplare autentico della sua società.

Achab guiderà la nave verso un’inevitabile distruzione, e chi avrebbe il compito

di difendere la società non è assolutamente in grado di farlo.

Melville si è impegnato molto a dimostrare che la rivolta non è la risposta

alla domanda posta dal romanzo. Non appena la narrazione gliene dà la

possibilità, racconta un caso di ammutinamento a bordo di un’altra nave.

Melville, da artista quale è, si è addentrato ulteriormente nell’analisi degli

esiti cui l’umanità inevitabilmente giunge, indicando con eccezionale

profondità filosofica quali siano, e dove vadano ricercati, gli elementi

necessari a una riorganizzazione generale della società. Per farlo ha

raggiunto livelli prodigiosi di sottigliezza nella descrizione dell’equipaggio

e di audacia nella creazione dei ramponieri. Tutto ciò rimane tuttavia

subordinato al tema principale, di come la società del libero individualismo

possa dare origine al totalitarismo, rivelandosi in seguito incapace di

difendersi da quest’ultimo.

Il tema di Melville è quindi il totalitarismo, la sua ascesa e la sua caduta,

la sua forza e i suoi punti deboli. Molto prima che Moby Dick distrugga

definitivamente Achab, il capitano lascia già trapelare le fatali debolezze

della rotta che ha intrapreso. I primi segni di cedimento si vedono nel

rapporto con Fedallah e con Pip.

Ben pochi dittatori lasciano che il loro potere, sebbene consolidato, dipenda

interamente da un esercito e da una polizia regolari, da normali forme di

protezione del potere. Il più delle volte istituiscono una forza speciale che

sia fedele soltanto a loro, formata da uomini totalmente estranei alla popolazione

civile, per i quali vita, sostentamento e ideali dipendono in tutto e per

tutto da dittatore stesso.

Achab dispone di una forza simile (che a suo piacimento manovra come la

nave su cui naviga…o vorrebbe navigare…): ha nascosto a bordo una ciurma

di indigeni noti per la loro crudeltà.

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A capo di questi individui sta Fedallah, un Parsi che adora il fuoco come la violenza,

un essere orribile al quale è rimasto un solo dente e che porta i capelli bianchi avvolti

attorno alla testa come un turbante. I tanti Fedallah di Achab sono ovunque rintracciabili,

monitorabili, ed evidenti, là dove corrono gli interessi della maniacale impresa del

capitano.

E’ uno di quegli individui che si possono ancora incontrare nell’estremo Oriente,

o in un bar del centro cittadino, apparentemente sopravvisuti all’epoca lontana

in cui l’uomo si chiedeva ancora il perché del sole e della luna.

Questa rappresentanza del male, o meglio la pantomima del male stesso,

incarnata da Fedallah, pone in modo molto chiaro la questione del rapporto tra il

lettore e la creazione dello scrittore.

Nessuno riesce a capire cosa SIA DI PRECISO FEDALLAH, O MEGLIO, QUALE

PENSIERO OVUNQUE ESSO SIA, IN RAPPRESENTANZA DI ACHAB, MANIFESTI.

Lo stesso Melville, se avesse tentato di analizzarlo e di spiegarlo, molto

probabilmente avrebbe fatto confusione e abbandonato l’impresa (forse è appunto

la confusione in ultima analisi lo scopo dell’anarchico Achab….).

La forza dell’autore non sta nell’analisi ma nella creazione.

Eppure Fedallah è straordinariamente intenso, perfettamente logico e coerente.

E’ un personaggio vivo: proveremmo dunque a spiegare quale significato riveste

per noi.

La realtà del totalitarismo è estranea alla maggioranza degli uomini moderni, al

loro ambiente di lavoro, alla dimensione sociale in cui vivono, al modo in cui

concepiscono la loro individualità e il bisogno di esprimersi liberamente. Quindi

il potere totalitario deve trovare, forgiare e educare una specie particolare di

esseri umani che siano psicologicamente primitivi, aborigeni, con la terribile

aggravante però, che questi individui hanno a disposizione le armi e la

scienza moderne.

(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)

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LA CATASTROFE (14)

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La scena ambientata all’impianto di raffinazione segna il punto di

svolta. Seguono subito dopo le operazioni di stivaggio e di pulizia, e

di lì ha inizio il rapido declino che porterà alla catastrofe finale. Da questo

momento in poi, vedremo i personaggi e i gruppi di cui siamo venuti a

conoscenza, grazie ad un costante monitoraggio, rivelare, strato dopo

strato, quanto di più profondo si cela nella loro interiorità.

Il primo è Achab (vi è un Achab in ogni ruolo preordinato di una

società precostituita ed asservita, da un bidello ad un generale…).

Ormai dedica tutto il tempo a prepararsi; comunque se è vero che l’ascesa

del totalitarismo segue una sua logica, altrettanto implacabile è la logica

del suo crollo.

Achab è fin dall’inizio un maestro nella scienza della caccia alla balena, e

tale resta fino alla fine (un cacciatore…e basta); tuttavia restringe il concetto

stesso di scienza fino a farlo coincidere semplicemente con ciò che serve al

suo scopo.

Ogni altra forma di scienza, Achab la distruggerà.

Un giorno, dopo aver calcolato come al solito le coordinate osservando il

sole e il quadrante (del suo cellulare o altro…), prende il nuovo strumento

tecnologico in mano e, in preda a una rabbia improvvisa, lo scaglia a terra

e lo calpesta, gridando: Scienza! Maledetto, o giocattolo vano!

La spiegazione di questo gesto indica che questa è una delle analisi più profonde

che Melville abbia mai fatto circa la natura del totalitarismo.

Il quadrante, dice Achab, è in grado di dire dov’è il sole. Ma non è in grado di

dire all’uomo quello che vuole sapere, e cioè dove si troverà domani (in sostanza

può prevedere dove…ma non è in grado di approfondire la vera natura).

Lo strumento invita ad alzare gli occhi verso il sole enorme e maestoso. Ma per

l’uomo tale gesto è rovinoso, poiché gli è dato soltanto di vivere tenendo gli

occhi a livello dell’orizzonte terreno.

– Così ti calpesto, vile oggetto, che nella tua debolezza miri all’alto: così t’infrango

e ti distruggo!

Qui si spiega come il totalitarismo imponga alle masse dei suoi seguaci una

spietata limitazione delle aspirazioni sociali (…gli esempi sono ovunque).

Occorre assicurarsi che costoro mantengano lo sguardo fisso alla linea dell’

orizzonte fino a raggiungere tale scopo.

La sera stessa si scatena la tempesta, gli alberi della nave si incendiano e

Achab sfida il fuoco dell’industria: così, da un giorno all’altro, l’Industria

e la Scienza, divinità gemelle del diciannovesimo secolo, vengono detronizzate.

Per portare avanti la sua impresa, Achab sente il forte bisogno di farla finita

una volta per tutte con tutti gli uomini che pensano.

Ecco che cosa dice al maestro d’ascia:

– Ordinerò un uomo completo secondo un modello desiderabile.

Anzitutto alto cinquanta piedi; poi, modellato come la Galleria del Tamigi; poi,

gambe con radici, per starsene fermo; poi, braccia con tre piedi di polso; niente

cuore, fronte di bronzo e un quarto di iugero di buon cervello; e vediamo,

ordinerò occhi perché veda all’esterno? No, ma metterete un osteriggio in

cima alla testa per illuminare l’interno.

(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)

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