NEXUS-6

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– Il punto è che il suo test per la determinazione dell’empatia con mia

nipote ha fatto cilecca.

Le posso spiegare perché i risultato è simile a quello che avrebbe potuto

ottenere un androide.

Rachael è cresciuta a bordo del Salander 3.

Ci è nata.

Ha passato 14 dei suoi  16 anni nutrendosi della videoteca e di quello

che gli altri membri dell’equipaggio, tutti adulti, sapevano della Terra.

Poi come saprà, la nave ha invertito la rotta dopo aver percorso un sesto

del tragitto verso Proxima. Altrimenti Rachael non avrebbe mai visto

la Terra – comunque non fino a quando fosse stata molto più avanti

con gli anni.

– Mi avrebbe ritirato, disse Rachael volgendo solo il capo.

– A un controllo di polizia sarei stata ammazzata. Lo sapevo da quando

sono arrivata qui quattro anni fa. Non è la prima volta che mi fanno il

Voigt-Kampff. Infatti non esco quasi mai da questo palazzo.

Il rischio è enorme.

Per via dei blocchi stradali che voi poliziotti istituite, quella specie di

imbuti a sorpresa disseminati qui e là per incastrare gli androidi non

ancora classificati.

-E gli androidi, aggiunse Eldon Rosen.

– Solo che naturalmente al pubblico non lo si dice: non si vuole che si

sappia che gli androidi sono sulla Terra tra di noi.

– Non penso che ce ne siano, disse Rick.

– Credo che i vari corpi di polizia qui e nell’Unione Sovietica li abbiano

presi tutti. La popolazione si è abbastanza ridotta adesso; tutti, prima o 

poi, incappano in un posto di blocco volante.

Questa, comunque, era la filosofia di base.

– Che istruzioni aveva, chiese Eldon Rosen, nel caso le fosse capitato di

classificare come androide un essere umano?

– Segreto professionale……

( P. K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?)

 

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FINESTRA SULL’ANIMA

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

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Nel 1931 Godel ormai padroneggiava l’arte di usare un’analisi rigorosa

per trovare nuovi sentieri nel labirinto del pensiero autoreferenziale.

A ogni stadio della sua carriera apparve evidente che egli apriva nuovi

orizzonti concettuali: nei primi anni, segnati dai trionfi in matematica e

logica, nella seconda fase, in cui si rivolse a questioni di fisica, nella

speranza di ripetere i suoi precedenti successi; e negli ultimi anni, in cui

si dedicò principalmente alla riflessione su problemi filosofici.

Nella filosofia della matematica Godel era un platonista risoluto.

Assumeva che gli oggetti matematici esistessero da qualche parte oltre lo

spazio e il tempo, ma che non fossero per questo meno reali.

Nelle sue parole, ‘abbiamo una certa percezione degli oggetti della teoria

quantitativa, e ci formiamo anche le nostre idee di questi oggetti sulla base

di qualcosa che è direttamente dato’.

Non ci sono dubbi che questa sia una concezione platonica degli oggetti

matematici. Per il platonista gli oggetti si presentano come dati all’intuizione.

Al contrario, per l’intuizionista o il costruttivista essi sono invenzioni della

mente umana. Dunque, un ‘realista’ matematico come Godel afferra mediante

l’intuizione oggetti matematici che esistono indipendentemente, e poi dimostra

le proprietà di questi oggetti usando l’analisi logica.

Così, l’intuizione matematica è un mezzo per un fine cognitivo, non semplicemente

una fonte di finzioni della mente.

Come dice il matematico e filosofo Renè Thom, ‘ La voce della realtà è nel

senso dei simboli’.

Anche nel caso di Godel si riscontra un intreccio tipicamente platonistico di un

concetto oggettivo di realtà con un tipo di percezione extrasensoriale di idee

platoniche astratte.

Per Godel non vi erano più ragioni per dubitare dell’esistenza degli oggetti

dei suoi studi di quante ne avessero i fisici per dubitare della realtà degli

oggetti materiali su cui vertevano le loro ricerche.

Questi oggetti matematici devono dunque esistere fuori dallo spazio e dal

tempo, e non c’è da stupirsi del fatto che Godel, più tardi, cominciò a interessarsi

di percezioni extrasensoriali di trasmigrazione delle anime e di occultismo

in tutte le sue varianti.

( Casti/DePauli, Godel, Raffaello Cortina Ed.)

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LA VIOLENZA

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Un presupposto dello scatenarsi della violenza è la capacità    ioujhnb.jpg

di immaginazione.

E’ la fantasia che porta l’uomo fuori dalla sfera di influenza

delle sue esperienze.

Lo esonera dalle sue condizioni di vita e lo libera dalle solite

abitudini.

Gli permette di diventare qualcun’altro.

La fantasia non è legata al vissuto o al reale e non è sottoposta

a inibizioni.

Non ci sono limiti che gli uomini non possono pensare di superare.

La violenza immaginata è libera, la si può pensare senza pericoli,

e per questo stimola l’azione. Infatti, una volta aperta la prospettiva

attraente di superare il limite, il primo passo a volte è breve.

Forse all’inizio si sperimenta ancora con esitazione, un tira e molla di

tentativo ed errore. Ma se l’occasione è propizia, è lo stesso primo atto

ad aprire la strada a ulteriori fantasie e atti.

L’immaginazione è senza limiti e ossessiva, inventa nuove pratiche,

sperimenta nuove perturbazioni mentali.

La capacità di immaginazione non è solita limitarsi all’uccisione, il

culmine di tutta la violenza (prima di essa vi è la tortura).

E’ l’immaginazione, una facoltà del tutto umana, che mette al mondo

nuove forme di violenza e fa sì che la storia della violenza continui.

I motivi della violenza sono molteplici.

E’ illusorio credere che chi compie atti di violenza sia sempre mosso dall’

aggressività.

La natura e le proposizioni di alcune atrocità portano a supporre che chi le

ha compiute debba essere stato spinto da un fortissimo fanatismo o da

impulsi molto intensi.

Già la pura logica contraddice questa intuizione.

Gli uomini possono manifestare comportamenti molto diversi per

gli stessi motivi. E viceversa possono fare la stessa cosa per motivi

molto diversi.

Tra l’atto e il motivo non c’è un rapporto di necessità.

La violenza può essere legata al compiacimento e alla voglia di arbitrio,

alla rabbia cieca o al disgusto, al senso del dovere o al bisogno di

farsi notare, alla brama di APPROVAZIONE ed al successo conseguente,

al sangue freddo o all’assuefazione sorda e senza motivo.

In altre parole: per quanto riguarda i loro stati d’animo,                iujhnb.jpg

coloro che compiono atti di violenza non sono tutti uguali.

Inoltre è una caratteristica dell’uomo la capacità di variazione

di sé.

Soltanto l’uomo è in grado di compiere le peggiori atrocità, la

Natura assiste inerme ed impietrita.

Poiché è per sua costituzione aperto è anche pericoloso.

Nella maggior parte dei casi la violenza è un processo di

trasformazione sociale.

Il compito prioritario di uno studio sulla violenza quindi non è

l’individuazione di cause presumibili, bensì la descrizione analitica del

processo stesso della violenza.

(W. Sofsky, Il paradiso della crudeltà, Einaudi)

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