UNA COMUNITA’

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…Rinfranchi i suoi passi camminando in modo perfetto

in tutte le vie di Dio come ha ordinato

nel tempo stabilito delle sue testimonianze,

senza distogliersene a destra o a sinistra

e senza trasgredire neppure una di tutte le sue parole.

Allora egli sarà accetto per mezzo di espiazioni gradevoli

davanti a Dio, e ciò varrà per lui qual patto della comunità intera.

Per il saggio affinché istruisca e ammaestri tutti i figli

della luce sulla storia di tutti i figli dell’uomo

su tutti i generi dei loro spiriti con i loro caratteri,

secondo le loro opere, e sulle loro genealogia,

sulla visita nella quale saranno colpiti

e sul tempo della loro retribuzione.

Dal Dio sapientissimo procede tutto ciò

che è e sarà: prima che essi siano

egli stabilisce tutto il loro piano,

ed allorché esistono compiono le loro azioni

in base a quanto è stato per essi determinato

conformemente al piano della sua gloria,

senza alcun mutamento.

Nella sua mano vi sono le norme per tutti

ed è lui che li sostiene in tutti i loro bisogni,

è lui che ha creato l’uomo per il dominio sul mondo;

e ha disposto per lui due spiriti affinché cammini

con essi fino al tempo stabilito della sua visita.

Questi sono gli spiriti della verità

e della ingiustizia.

In una sorgente di luce sono le origini

della verità e da una  fonte di tenebra

le origini dell’ingiustizia.

In mano al principe delle luci è l’impero

su tutti i figli della giustizia:

essi camminano sulle vie della luce.

Ed in mano all’angelo della tenebra

è tutto l’impero sui figli dell’ingiustizia:

essi camminano sulle vie della tenebra.

Dall’angelo della tenebra (derivano) le aberrazioni

di tutti i figli della giustizia,

tutti i loro peccati, le loro iniquità,

la loro colpa, e le loro azioni perverse

sono l’effetto del suo impero in conformità

dei misteri di Dio fino al tempo da lui stabilito;

tutti i loro flagelli e i periodi delle loro avversità

sono sotto l’impero della sua ostilità;

e tutti gli spiriti della sua morte sono intenti

a fare incespicare i figli della luce.

(IQS, III, 13; IV, 26)

 

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LA STORIA… E I SUOI SACCHEGGI

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Mettesse pure le mani sul suo tesoro, quella gente avidissima, e con

quell’oro si saziasse della sua lunga fame, tanto ben presto sarebbe

diventata sua preda: aveva appreso dall’esperienza come un corredo

di raffinatezza, concubine e una processione di eunuchi altro non

fossero che pesi e impacci: trascinandosi dietro quelle stesse cose,

Alessandro sarebbe risultato più debole proprio in quello che era

stato prima il suo punto di forza.

Questo discorso appariva colmo di disperazione a tutti, poiché

vedevano la resa di Babilonia, città imbolo di opulenza: il vincitore

stava per occupare già Susa, già le altre perle del reame, che erano

state causa della guerra.

Ma Dario continuò a spiegare che nelle avversità occorre seguire non

le belle parole, ma le necessità concrete: le guerre si conducono con il

ferro, non con l’oro, con gli uomini, non con gli edifici delle città.

Tutto va dietro chi è in armi: così i suoi antenati, sconfitti nelle vicende

iniziali, avevano ben presto recuperato la primitiva fortuna.

E poi, sia che avesse realmente confortato i loro animi, sia che si

fossero conformati ai suoi comandi più che alle sue argomentazioni,

passò il confine della Media.

Poco dopo Arbela si consegna ad Alessandro, stipata di arredi regali

e di ricchi tesori – per un valore di 4000 talenti -, e inoltre di preziose

vesti, essendo state accumulate in quella località, come si è detto

prima, le risorse dell’intera armata.

Alessandro anticipò quindi la propria partenza sotto la minaccia delle

epidemie, diffuse dai miasmi dei cadaveri abbandonati per tutte le

campagne. Nel loro itinerario si lasciavano sulla sinistra l’Arabia,

paese rinomato per l’abbondanza delle spezie odorose.

Si tratta di un percorso attraverso i campi (della regione) distesa tra

il Tigri e l’Eufrate, tanto feconda e grassa che le greggi si dice vengano

spinte via dalla pastura perché la sazietà non le uccida. Causa di tale

fertilità è l’acqua che proviene da entrambi i fiumi, giacché quasi

tutto il suolo è umido per le vene d’acqua che vi sgorgano.

I due fiumi discendono dalle catene montuose dell’Armenia e, dopo

un’ampia divergenza proseguono il loro corso iniziale: la massima

distanza tra essi, all’altezza dei monti dell’Armenia, è stata calcolata,

da chi ha proceduto alle misurazioni, in 2500 stadi.

Quando cominciano ad attraversare il paese dei Medi e dei Gordiei,

a poco a poco si accostano l’uno all’altro, e quanto più si spingono

oltre, tanto più esiguo è lo spazio che lasciano tra loro.

Sono soprattutto vicini nei campi che gli abitanti chiamano Mesopotamia:

infatti la chiudono in mezzo da entrambi i lati.

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Attraversato infine il territorio babilonese, sfociano nel Mar Rosso.

Alla quarta giornata di marcia, Alessandro arrivò alla città di Mennis.

C’è lì una caverna da cui una fonte emette una massa così grande di

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che le mura di Babilonia, opera

enorme, siano state spalmate del

bitume di questa scaturigine.

Comunque sia, mentre

Alessandro stava avanzando su

Babilonia, venne a consegnarli sé

stesso e la città, insieme con i figli

e in atto di supplice, Mazeo, che

aveva trovato lì rifugio dal

campo di battaglia.

Al re fu gradito il suo arrivo, giacché l’assedio di una città ben fortificata

avrebbe comportato grande impegno.

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Oltre a ciò, un guerriero illustre e ardito come lui, celebre anche per il

comportamento tenuto nell’ultimo scontro, sembrava che avrebbe potuto

con il suo esempio incitare anche gli altri alla resa.

Perciò lo accoglie benevolmente insieme ai suoi figli; poi fa marciare in

formazione quadrata, come se andassero a combattere, i soldati di cui era

personalmente alla guida. Gran parte dei Babilonesi si era assiepata sui

bastioni avida di conoscere il nuovo sovrano, più ancora gli si erano mossi

incontro.

Tra questi Bagofane, responsabile della cittadella e del tesoro reale, per non

essere vinto in zelo da Mazeo, aveva lastricato l’intero percorso di ghirlande

di fiori e disposto sui due lati altari d’argento, sui quali aveva ammucchiato

non solo incenso, ma ogni genere di balsami. Lo seguivano, in segno di

omaggio, mandrie di bestiame e di cavalli, e, in gabbie, eano trasportati

addirittura leoni e leopardi.

Dei Magi cantavano litanie nel loro modo tradizionale, dopo di essi venivano

dei Caldei e, fra i Babilonesi, non solo i sacerdoti, ma anche i musicisti,

con gli strumenti a corda loro propri: questi ultimi esperti nel tessere

panegirici ai principi, i Caldei nella conoscenza dei movimenti degli

astri e del regolare avvicendarsi delle stagioni.

Per ultimi venivano cavalieri babilonesi, bardati, loro e le cavalcature, più

per ostentazione di lusso che di grandiosità.

Il re, stretto da guardie armate, ordinò alla folla degli abitanti di camminare

dietro le ultime file della fanteria, poi, su un carro, entrò in città nel

palazzo reale.

Il giorno seguente esaminò il corredo di Dario e tutti i suoi tesori.

Furono però la bellezza e l’antichità della città ad attirare su di sé, non

immeritatamente, gli sguardi non solo del re, ma di ognuno. L’aveva fondata

Semiramide, non, come i più hanno ritenuto, Belo, del quale si mostra la

reggia. Il muro di cinta è costruito in mattoni cotti con uno strato di

bitume e comprende in larghezza uno spazio di 32 piedi: si dice che

due quadriglie provenienti da direzioni opposte possano incrociarsi

senza pericolo.

(Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno)

(Qualcuno in silenzio e senza rumore….disse…Sono solo assassini…., forse e

sicuramente non aveva torto.)

 

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