AVVENTURE DELLA DOMENICA: LA BICICLETTA L’AMANTE SEGRETA (14)

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Chicago 13 settembre

 

Sono a Chicago.

Sono nella più vasta e più vigorosa metropoli dell’America del Nord. Guardando

indietro, mi figuro l’Italia piccina, piccina; Milano, Venezia, Torino e le altre città

come tanti puntini; e i parenti e gli amici aggirarsi invisibili in quelli a guisa di

atomi fuggenti.

Quante idee si affollano confuse e indefinite di chi ha legami d’affetto così lontani!

Il ciclista prova un senso che sta fra il piacere e la tristezza. Finché egli parla e desta

entusiasmo per il suo Eolo, prevale la soddisfazione e il piacere; quando un momento

tace, gli vola il pensiero al bel paese che Appennin parte, ed egli pure vorrebbe volare…..

Ma ritorniamo al Niagara.

Niagara è una piccola città di circa 6000 abitanti, distante una trentina di chilometri da

Buffalo, situata vicino alla grandi cascata del Niagara, da cui prende il nome e da cui

è separata per mezzo d’un parco.

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Essa ha graziose abitazioni e magnifici alberghi nascosti o, meglio, disseminati fra piante

rigogliose agitate e in parte sfrondate dai perpetui venti. Fino a pochi anni fa, viveva

esclusivamente del danaro lsciatovi dai visitatori di tutte le parti del mondo, ed ora,

avendo incominciato ad industrializzarsi come le altre sorelle degli Stati Uniti,

ingrandisce ed arricchisce.

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Il vero Niagara poi è una specie di canale, una larga riviera che scarica le acque degli

immensi laghi Erie, Huon, Michigan e Superiore nel lago Ontario; e poco dopo la

metà del suo percorso, che è di Km 60, laddove raggiunge la sua massima larghezza,

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incontra prima una grande isola che la divide in due, poi un salto di circa 55 metri

di altezza, dove l’acqua si precipita rimbombante al fondo, e spuma e si agita in

terribili vortici, e solleva una fina nebbia bianca come fior di farina, che il vento

porta ad inumidirvi gli abiti e la faccia fino alla distanza di un miglio.

Le chiazze di spuma sulla nerastra superficie delle onde seguono la rapida corsa

dell’acqua caduta per parecchie miglia; il fragore è continuo e imponente pari

a quello io direi di quindici treni insieme; il sole forma in quel candido polverio

de’ magnifici archibaleno….

E’ uno spettacolo meraviglioso.

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Io, compratami la mia colazione e varcato il ponte che unisce la grand’isola alla

sponda americana, mangiai saporitamente, là seduto su un tronco d’albero schiantato

dal vento. La grand’isola, formata da tante isolette riunite fra loro per mezzo di

ponticelli, è serpeggiata da strade per le carrozze e sentieri per i pedoni; ed è ricca

di piante superbe lasciate là intatte come son nate, rovinate o morte.

Quelle graziose isolette hanno nomi diversi: e offre specialmente una bella veduta

quella chiamata Le tre sorelle, all’estremità sud della grand’isola, mostrando tutta

la colonna d’acqua fra quelle rive, s’avanza a sbalzi, aumentando la precipitosa

corsa fino a 45 chilometri l’ora, dove incontra il salto.

All’estremità nord è pure bellissima L’isola della luna, che dicono sia un incanto

al chiaror di luna e permette di vedere da vicino l’acqua cascante verso la sponda

americana. Se non fosse costato un dollaro, sarei andato pure a udire il più grande

fragore ch’esista al mondo, discendendo nella Cantina dei venti, sotto la cascata.

Però ne spesi un mezzo per farmi trasportare con altri in battello a vapore vicino

alle cascate, fino alla nebbia.

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Allora soltanto si ha idea dell’altezza.

(Luigi Rossi, L’anarchico delle due ruote)

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AVVENTURE DELLA DOMENICA: LA BICICLETTA L’AMANTE SEGRETA (13)

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Sul Sempione

Per un accidente postale, la prima lettera del sig. Masetti, partito in bicicletto

per Chicago, ci è giunta molto in ritardo, abbiamo atteso pazientemente. E’ in

data del 15 luglio. La riassumiamo qui appresso, e la faremo tosto seguire dalla

seconda lettera.

La sera del 13 corrente, alla mezzanotte, si celebrò con vino e birra il battesimo

del mio bicicletto nuovo. L’amico Ernesto Tofani, un ex-campione del 1890,

e l’amico Aldo Regazzi ne furono i padrini.

Dopo lunga e accalorata discussione, si concluse di porgli nome Eolo, anche

per propiziarmi il dio dei venti sull’alpi, al piano e in mare.

A Gallarate eravamo rimasti in tre: l’amico Filippi, speranza del ciclismo, l’amico

Moretti, un pacifico trottatore che non si lascia mai sedurre alle volate, ed io.

Lietissimi sopra una strada stupenda, s’arrivò alle 8 di sera a Bevano –

Km 84. Là fummo ospitati dall’amico mio Cesare Trebbi, farmacista del

luogo, ma godemmo per poche ore i suoi ottimi letti, essendoci coricati

soltanto alle 2 dopo la mezzanotte.

Alle 5, l’amico Filippi rimontò in sella per Milano: alle 5 e mezzo io mi levai,

e l’amico Moretti non tardò egli pure ad abbandonare le molli piume.

Alle 8, confortato da tre uova sbattute, in un bicchiere di latte con pane,

fra gli auguri di molta gente, ripartii da Bevano accompagnato dall’

instancabile Moretti, dallo studente signor Donnini e dal signor Adami.

A Ornavasso, rimasi solo.

Il cuore mi batteva più forte, mentre il pensiero tentava intanto d’internarsi

nell’ignota meta del mio viaggio.

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Su una dolce discesa abbasai il capo e corsi fortemente per un paio di chilometri:

poi mi rialzai confortato e continuai di buon passo, contento d’esser solo. In certi

momenti, mi piace tanto pensare e correre che mi annoierebbe anche l’interruzione

di qualsiasi voce amica.

Alle 10 era a Domodossola, che attraversai a piedi in mezzo a molta gente. Un

crocchio di signorine era raccolto presso l’uscita della città, e il delicato suono

delle loro vocine mi giunse all’orecchio: ‘Buon viaggio!’.

Subito dopo Domodossola, la valle si fa più stretta, la strada sempre più bella,

ma s’incomincia ad incontrare delle salite da fare a piedi.

A mezzogiorno ero ad Isella.

Al confine svizzero, depositai L. 38 per entrare col mio Eolo. E su, e su, mentre

il vento si andava facendo più gagliardo e acuto.

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Attraversato il villaggio Sempione, circondato da cime nevose, la valle s’allarga.

A poco a poco cessa il fragore dell’acqua precipitante, finché subentra il silenzio,

interrotto solo dal sussurro di qualche gruppo di pini.

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Alle 8 giunsi finalmente al provvido e sospirato Ospizio del Sempione, posto

al colmo della lunga salita, alto 2040 m. sul livello del mare, la cui temperatura,

questa sera, è di 7 gradi sopra lo zero. Un buon frate, il padre Carron, m’

accolse, ritirò il mio Eolo e, fattomi salire una scala, mi assegnò la mia stanza.

Dopo pochi minuti mi chiamò nella sala da pranzo. Girò egli stesso una ruota

incassata nel muro e fece salire dalla cucina un’abbondante minestra di

tagliatelle. Ripeté il giuoco e mi presentò una buona porzione di manzo

lesso e pane e patate; poi arrosto di vitello, una mezza bottiglia di vino

eccellente, insomma una cena ottima.

(L. Rossi. L’anarchico delle due ruote)

 

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