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Il primo animale a essere sottratto alle condizioni relativamente naturali
della fattoria tradizionale è stato il pollo. Gli esseri umani usano i polli
in due modi: per la carne e per le uova. Esistono ora delle tecniche standard
per la produzione di massa di entrambi questi prodotti.
I sostenitori dell’agro-industriale considerano la nascita dell’industria uno dei
grandi successi della storia dell’allevamento. Alla fine della seconda guerra
mondiale il pollo da tavola era ancora relativamento raro. Esso proveniva
soprattutto dai piccoli allevatori indipendenti o dai maschi inutilizzati prodotti
dagli allevamenti di galline ovaiole. Oggi, negli Stati Uniti, 102 milioni di broilers
– come sono chiamati i polli da tavola – vengono macellati ogni settimana dopo
esser stati allevati in impianti paraindustriali altamente automatizzati, appartenenti
alle grandi società che controllano la produzione. Più del 50% dei 5 miliardi e 300
milioni di uccelli uccisi ogni anno negli Stati Uniti proviene da 8 di queste società.
Il passo fondamentale verso la trasformazione del pollo da animale da cortile in
prodotto industriale consistette nel confinarlo al chiuso. Un produttore di broilers
ottiene oggi dalle incubatrici un carico da 10000, 50000 o anche più pulcini di giornata,
che sistema in un lungo capannone senza finestre – di solito sul pavimento, sebbene
alcuni produttori impieghino file sovrapposte di gabbie per poter tenere più
volatili in un capannone delle stesse dimensioni. All’interno del capannone, ogni
elemento dell’ambiente dell’animale è calcolato per farlo screscere alla massima
velocità con la minor quantità di mangime. Cibo e acqua sono forniti automaticamente
attraverso beccatoi che calano dal soffitto. L’illuminazione viene regolata secondo
i consigli degli esperti di agronomia: per esempio, ci può essere una luce intensa
per ventiquattr’ore su ventiquattro per i primi sette o quindici giorni, per favorire
un rapido aumento di peso dei pulcini; quindi le luci possono essere leggermente
abbassate, e venire spente e riaccese ogni due ore, nella convinzione che i polli
siano più inclini a mangiare dopo un periodo di sonno; infine si raggiunge uno
stadio, verso le sei settimane di vita, in cui gli uccelli sono cresciuti tanto da
creare affollamento, e le luci saranno allora tenute molto basse a tutte le ore.
Lo scopo di tale riduzione dell’illuminazione è ridurre l’aggressività provocata
dall’affollamento. I broilers vengono uccisi quando hanno sette settimane.
Al termine di questo breve periodo, gli uccelli pesano intorno ai due chili;
eppure continuano a poter disporre di uno spazio di appena 450 centimetri
quadrati a testa – inferiore cioè alla superficie di un normale foglio di carta.
In queste condizioni, se l’illuminazione è normale, lo stress dovuto all’affollamento
e la mancanza di uno sfogo naturale per le energie provocano esplosioni di
aggressività, nel corso delle quali i polli si strappano le penne l’un l’altro e
talvolta si divorano a vicenda. Si è scoperto che un’illuminazione molto debole
riduce questo fenomeno, e perciò è probabile che gli uccelli trascorrano le loro
ultime settimane di vita nella quasi totale oscurità.
Lo spennamento e il cannibalismo sono, nel linguaggio del produttore di broilers,
‘vizi’. Non si tratta di vizi naturali, ma del risultato dello stress e dell’affollamento cui
il moderno allevatore sottopone gli uccelli.
(Peter Singer, Liberazione animale)