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Di canti e feste con stelle alpine non ce ne facciamo niente.
Ci interessano le prestazioni e l’avventura.
Dicono gli arrampicatori sportivi. Da anni alcuni di loro vogliono la competizione
agonistica diretta. Sugli 8000 si contano le ore di salita. La corsa alla vetta è
cominciata da tempo. Finora non sono stati gli dei delle montagne a tenerci
lontani da Olimpia e dai campionati mondiali, bensì i funzionari sportivi.
Non erano pronti a riconoscere l’alpinismo come disciplina olimpica. Ciò
nonostante si misura, si confronta, si valuta. Anche gli alpinisti sono esseri
umani.
L’ambiente sa chi è in.
Out è chi cade, e nel farlo muore.
Viene dimenticato più in fretta di Willo Welzenbach, il re degli alpinisti degli
anni trenta, che deve questa fama soprattutto al fatto di non essere sceso in
tempo dal Nanga Parbat.
Non si richiede più una morta eroica.
Quello che interessa è chi sono gli scalatori ‘più importanti’ nell’ambito di
una concorrenza internazionale. Quello che conta è dove sono oggi i migliori o,
più precisamente, dove vanno ad arrampicare.
Questa è la situazione.
Nell’arco di quasi 100 anni l’alpinismo si è suddiviso nettamente in varie
discipline singole. Lo sci moderno, derivato in origine dall’alpinismo, ha
sperimentato questa evoluzione cinquant’anni fa: oggi a nessuno verrebbe
l’idea di paragonare un discesista a un fondista.
Sì, esistono specialisti di slalom e di slalom gigante. Tra breve ci sarà qualcosa
di simile all’alpinismo. Il puro arrampicatore sportivo e l’alpinista di una
spedizione sono più lontani tra loro che non un velocista e un maratoneta.
E la specializzazione continua.
Se quest’evoluzione sia buona o cattiva, è irrilevante. E’ una realtà.
L’alpinismo quindi si suddivide sempre più nettamente in diverse discipline
sportive. E queste ultime si disperdono. Un numero sempre crescente di
specialisti sempre più preparati si allena per un campo sempre più limitato
dell’alpinismo. Nel loro settore quelli che di volta in volta emergono raggiungono
un’efficienza mai vista.
Oggi gli arrampicatori sportivi rappresentano una setta nella setta degli alpinisti.
Inoltre attualmente sono i campioni assoluti: lo dimostrano la loro popolarità
sempre crescente e una schiera di seguaci sempre più numerosi.
Attualmente in Inghilterra ci sono 5000 arrampicatori sportivi.
In Francia, in Australia, in Spagna e in Sudafrica il loro numero raddoppia di
anno in anno. Tutto ciò accresce la concorrenza e stimola la fantasia.
La predilizione della giovane generazione di arrampicatori per salite brevi e
oggettivamente sicure su montagne medie, l’atteggiamento sportivo e la
volontà che ne deriva di superare difficoltà sempre maggiori, sono decisamente
in contrasto con il senso della vita, di colui he si definisce ‘idealista’ e che
si è votato alle montagne ‘fino alla morte’.
Il grande dispendio di allenamento e l’accresciuta disponibilità alla caduta
sono spesso solo falsamente interpretati. Nell’ambiente degli arrampicatori
sportivi non si fanno solo esercitazioni su palestra di roccia: contano le
esigenze che ognuno ha nei confronti di se stesso, e per più di uno è anche
un problema di soldi.
Oggi anche la maggior parte degli alpinisti d’alta quota è composta da professionisti;
chi vuol far parte dei migliori in assoluto, deve realizzare ogni anno parecchi successi,
e le spedizioni costano tempo e denaro.
Molto denaro e molto tempo.
Per giunta in Himalaya si tende a salire le montagne più alte, a scalare gli 8000
in serie. Inoltre ci sono percorsi nuovi, estremamente difficili, sui 6000 e sui 7000.
Mai come oggi l’industria ha incrementato il grande alpinismo: le regioni attorno
all’Himalaya e al Karakorum hanno spalancato le porte, e gareggiano persino a chi
prepara più spedizioni.
(R. Messner, Corsa alla vetta)