IL VERBALE 3

 

…..Ecco quello che gli ho detto, e chi afferma il contrario altera

perfidamente le mie parole.

– Se è così, signora ostessa, disse K., le chiedo scusa, non avevo

capito bene: avevo creduto erroneamente, a quel che vedo, di

intendere dalle sue parole che mi restasse ancora un tenue filo

di speranza.

– Certo, disse l’ostessa, questa è la mia opinione.

Lei snatura di nuovo il significato di quanto le ho detto, ma 

questa volta in senso inverso.

Secondo me quel filo di speranza esiste e si fonda unicamente 

sul verbale.

Ma non è il caso di aggredire senz’altro il signor segretario

chiedendogli: – Potrò vedere Klamm se rispondo alle domande?

Un bambino che fa così desta il riso; ma da parte di un adulto, 

questa è offesa a un pubblico ufficiale, il signor segretario l’ha 

appena velamente accennato nella sua garbata risposta. 

Ora la speranza di cui parlo sta appunto in questo: che lei grazie

al verbale possa crearsi una specie di rapporto e fors’anche un

rapporto con Klamm.

Non è già abbastanza?

Se le chiedessero quali sono i meriti che la rendono degno del dono

di una simile speranza, che cosa saprebbe addurre?

Certo di quella speranza non si può dir nulla di più preciso…

(F. Kafka, Il Castello)

 

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IL VERBALE 2

Cercando il pettine, che Frieda aveva riposto chi sa dove, K. disse:

– Come? Steso in mia assenza da uno che non ha nemmeno il diritto

al colloquio? Questa è bella! E perché un verbale? Era forse ufficiale

l’incontro?

– No, disse il maestro, – era ufficioso, e così pure il verbale.

E’ stato fatto perché da noi dev’essere in perfetta regola.

Ad ogni modo c’è, e non le fa certo onore.

K., che aveva trovato finalmente il pettine, scivolato nel letto, disse

più calmo: – E sia pure. E’ venuto ad annunciarmi questo?

– No, disse il maestro, ma non sono un automa e dovevo dirle

quello che penso.

Il mio incarico invece costituisce un’altra prova della bontà del

signor sindaco ; ripeto che tanta bontà mi è incomprensibile e che

eseguisco l’incarico soltanto per compiere il mio dovere e per

rispetto del signor sindaco.

K. lavato e pettinato, s’era seduto alla tavola in attesa della camicia

e dell’abito; l’ambasciata del sindaco lo incuriosiva poco, tanto più

che influiva su di lui la scarsa stima dell’ostessa per quel funzionario.

– E’ già mezzogiorno? domandò pensando al passo che intendeva

compiere ; poi si corresse, e disse :- Lei voleva dirmi qualcosa da

parte del sindaco?

– Già disse il maestro alzando le spalle come per scaricarsi di qualunque

responsabilità.

– Il signor sindaco, gran maestro, teme che se la soluzione del suo caso

si fa aspettare lei possa compiere qualche atto inconsiderato.

(F. Kafka, Il Castello)

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IL VERBALE

 

Da paginedistoria.myblog.it

 

K. rimase solo con il maestro che era tornato al suo posto in silenzio;

lo lasciò aspettare ancora un poco, si tolse la camicia e cominciò a

lavarsi nel catino.

Solo allora, voltando la schiena al maestro, gli chiese il motivo della

sua venuta.

– Sono qui per incarico del signor sindaco, fu la risposta.

K. si dichiarò pronto ad ascoltarlo. Ma poiché lo sciaquìo copriva le

parole , il maestro dovette avvicinarsi e s’appoggiò al muro accanto

a K. , K. si scusò delle sue abluzioni e della sua irrequitezza,

giusificandosi con l’urgenza della visita progettata.

Il maestro non replicò, disse: – Lei è stato scortese col signor sindaco,

un uomo vecchio e rispettabile, pieno di merito e d’esperienza.

– Non sapevo d’essere stato scortese, disse k. asciugandosi, – ma è

verissimo che avevo altro per la testa che le belle maniere, poichè si

trattava della mia posizione, minacciata dal vergognoso funzionamento

di una amministrazione che non occorre descriverle in particolare,

giacché lei ne fa parte.

 – Il sindaco s’è dunque lagnato di me?

– Con chi avrebbe dovuto lagnarsi?, disse il maestro.

– E anche se avesse avuto qualcuno si sarebbe mai lagnato?

 – Ma io ho scritto sotto la sua dettatura un piccolo verbale del colloquio,

e ho potuto constatare la bontà del signor sindaco e il tono scortese

delle sue risposte.

(F. Kafka, Il Castello) 

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