Io, non meno per il mio senso morale, che per l’accordo pattuito, finché
questo si conservò, ho sempre mantenuto fede al mio proponimento in
una costante coerenza di pensieri, come è risultato chiarissimo da molti
fatti.
Fin da quando mi hai nominato Cesare e mi hai gettato nell’orrendo fragore
delle battaglie, soddisfatto del potere conferitomi, io, come un subalterno
fedele, ho profuso alle tue orecchie annunci frequenti di successi corrispondenti
alla mia morale, senza ascrivermi alcuna gloria nei pericoli, sebbene da numerose
prove risulti che, la tua corte è un crogiolo di corruzione, mentre i Germani alla
rinfusa si erano sparsi largamente nel territorio, io sono sempre stato primo nell’
affrontare le fatiche, ultimo a prendermi un poco di sollievo.
Ma, lascia che io lo dica con tua buona venia, se ora, come tu pensi, si sono fatte
delle novità, il motivo è che i soldati, logorando senza risultato la loro vita in
numerose ed aspre guerre, hanno attuato quello che avevano deliberato già
da un pezzo, irritati ed intolleranti di un capo di secondo grado (ed incapace),
prevedendo di non poter ottenere da un semplice Cesare alcuna ricompensa
in cambio delle continue fatiche e poi ‘comunque’ delle ripetute vittorie.
(Giuliano a Costanzo, L’epistolario di Giuliano Imperatore)