UN BIVACCO DI MORTI 2

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A un centinaio di metri di distanza dal retro dei vecchi terrapieni dei

Confederati si estende una collina boscosa.

Anni f non era boscosa.

Tra gli alberi e i cespugli ci sono file di lievi avvallameni, che possono

essere scoperti spostando le foglie cadute dagli alberi.

Da alcuni di loro si possono sollevare (e rispettosamente riporre) piccole

lastre sottili ricavate dalla pietra scheggiata tipica della regione, che recano

delle iscrizioni rudimentali ed evasive composte dai compagni dei defunti.

Ne ho trovata solo una che riportava una data, e solo una che riportava per

esteso il nome del soldato e del reggimento.

In tutto ne sono state rinvenute otto.

In queste tombe dimenticate riposano i morti Confederati, tra gli 80 e i 100,

per quel che si riesce a vedere.

Alcuni caddero in battaglia; la maggioranza morì di malattia.

A quanto pare due, solo due, sono stati riesumati per essere sepolti a casa 

loro.

Questo camposanto è così trascurato e negletto che solo il proprietario della 

fattoria sul quale sorge -il vecchio direttore del Riposo dei Viandanti – sembra

essere a conoscenza della sua esistenza.

Le persone che vivono nel raggio di un chilometro e mezzo non ne hanno mai

sentito parlare. 

Eppure, devono essere ancora vivi gli uomini che hanno contribuito a seppellire

questi soldati del Sud e che potrebbero  identificare delle tombe.

C’è qualcuno del Nord o del Sud, disposto ad accollarsi le spese necessarie per 

tributare a questi fratelli caduti l’onore di un sepolcro verde?

Si direbbe di no.

E’ vero che ci sono centinaia di posti del genere, rintracciabili sulla scia della

Guerra Civile.

Tanto più forte riecheggia la muta domanda, il silenzioso appello rivolto

da questi fratelli caduti a ciò che ‘di più simile a Dio serbiamo nell’anima’.

Erano nemici onesti e coraggiosi, che avevano poco in comune con i politici

scellerati che li avevano convinti ad andare incontro alla rovina e gli

scrittoroculi, falsi testimoni del loro tempo. 

Non erano sopravvissuti al periodo del conflitto nobile per ritrovarsi nel

periodo della degradazione ; non erano passati dall’età del ferro a quella 

del bronzo; dell’era della spada a quella della lingua e della penna.

Tra loro non figura nessun membro della Società Storica del Sud.

Il loro coraggio non aveva nulla a che fare con la furia dei non combattenti;

la loro voce non risuona tra gli strali dei civili schiamazzanti.

Non sono stati loro a infangare la dignità e il pathos infinito della Causa

Persa.

Concedete loro, a questi gentiluomini irreprensibili, la parte legittima di 

tutto lo splendore che rivive sulla catena delle colline estive.

1903

( A. Bierce, I racconti di guerra, Fanucci ed.)

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UN BIVACCO DI MORTI

Lassù, nel cuore degli Allegheny, nella contea di Pocahontas, nella Virginia

occidentale, si estende una piccola valle amena attraversata dalla

biforcazione orientale del fiume Grenbrier.

Nel punto in cui la carregiata che scende lungo la valle incrocia la

vecchia strada di Staunton e Parkersburg, via di grande traffico ai

suoi tempi d’oro, sorge un ufficio postale collocato all’interno di una

fattoria.

Il posto si chiama Il riposo dei viandanti, poiché un tempo era una

taverna.

Sulle cime di alcune collinnette a un tiro di schioppo dalla casa ci sono

delle lunghe linee di vecchie fortificazioni dei Confederati, progettate

con perizia e conservate così bene che basterebbe un’ora di lavoro di

una brigata per rimetterle in sesto per la prossima guerra civile.

In questo posto ebbe luogo una battaglia, o meglio, quella che venne

definita una battaglia agli inizi della grande ribellione.

Una brigata di truppe federali, tra le quali era compreso il reggimento di

chi scrive, giunse sul monte Cheat, a una ventina di chilometri più a ovest

e, serrando i ranghi intorno alla piccola valle, saggiò per tutto il giorno la

forza del nemico, mentre il nemico saggiava la sua.

Ci fu uno scontro spietato a suon di cannoni in cui, in entrambi gli

schieramenti, perì una dozzina di soldati; poi, avendo trovato il posto

troppo resistente agli assalti, i Federali dichiararono la faccenda una

ricognizione in forze e, dopo aver seppellito i morti, si ritirarono nel

luogo più confortevole dal quale erano venuti.

I morti giacciono ora nel bel cimitero nazionale di Grafton, debitamente

registrati, perlomeno quelli di loro che erano stati identificati, e sono

stati raggiunti da altri morti federali, raccolti nei diversi accampamenti

e campi di battaglia della Virginia occidentale.

Il soldato caduto ( a quanto pare, il termine ‘eroe’ è stato coniato in seguito)

gode di umili onori che è possibile tributargli.

                               Di tutto lo splendore che rivive

                               sulla catena delle colline estive,

                               il verde sepolcro sol lo consola.

In realtà più della metà dei sepolcri verdi del cimitero di Grafton è contrassegnata

dalla scritta ‘Ignoto’, e talvolta capita di soffermarsi sulla contraddizione insita

nell’espressione ‘onorare la memoria’ di qualcuno di cui non è rimasta nessuna

memoria da onorare; ma ciò non sembra aver recato grossi danni ai vivi, nemmeno

a quelli razionali.

(A. Bierce, I racconti di guerra, Fanucci ed.)

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