SULLE SCOGLIERE DI MARMO 2

Da molti altri eventi ancora il decadimento si dimostrava.

Essi erano simili alla eruzione, che appare e scompare e ritorna; e vi

erano anche giorni sereni, nei quali tutto appariva come una volta.

La magistrale arte del Forestaro si dimostrava appunto nel somministrare

il terrore a piccole dosi, accresciute a poco a poco, allo scopo di produrre

una paralisi delle forze che gli si opponevano.

Egli assumeva la parte della forza ordinatrice, in questi torbidi, che assai 

finemente tramava nei suoi boschi; e mentre i suoi agenti minori, entrati

a far parte delle leghe della Campagna, aiutavano il diffondersi dell’anarchia,

gli iniziati s’introducevano negli impieghi, nella magistratura e persino nel

clero, e vi erano stimati spiriti forti, capaci di dominare la plebaglia.

Così il Forestaro agiva al modo di un cattivo medico, che aggrava il male

per trarre dal malato gli sperati guadagni.

Fra i magistrati vi era senza dubbio chi vedeva chiaro nel gioco, ma non aveva

potere sufficiente a impedirlo.

La Marina aveva sempre assoldate truppe straniere, e queste avevano fatto buon

servizio ai tempi dell’ordine.

Ma quando la discordia giunse sino alla riviera, ogni fazione cercò di guadagnarsi

le soldatesche, e Biedenhorn, il loro capo, da un giorno all’altro assunse

importanza.

Egli non poteva esser disposto a mutare una situazione che gli era tanto

favorevole; e piuttosto cominciò a fare il difficile e distribuì le truppe

parcamente come un avaro che presti denaro a usura.

Egli si era asserragliato in una vecchia fortezza, la Bastia, assieme alle sue

truppe, e là viveva come un topo nel lardo.

Nel sotterraneo della grande torre aveva collocato una bevitoria, ov’egli

se la passava, banchettando al sicuro fra quelle mura.

Ai vetri colorati delle finestre si poteva scorgere dipinta la sua arma,

due corni con sopra di essi il motto: “BENVENUTO A TE. BEVI CON ME”.

(E. Junger, Sulle scogliere di marmo, Guanda)

                                          

 

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SULLE SCOGLIERE DI MARMO

 

Nei buoni tempi si era badato appena, e con ragione, a liti e contrasti

che avvenivano nella Campagna, poiché di consimili se ne producono

ovunque sono pastori e pascoli.

A ogni primavera si rinnovavano i litigi circa l’appartenenza del bestiame

non ancora marchiato, e quando cominciava la siccità si ripetevano le risse

presso i pozzi e presso le sorgenti.

Inoltre i grossi tori, che avevano anelli alle narici e la cui immagine turbava

ansiosamente i sogni delle donne alla Marina, penetravano in mandrie

straniere cacciandoli sin presso alle Scogliere di Marmo, a cui piedi si

vedevano sbiancare corna e scheletri.

Il popolo dei pastori era insomma selvaggio ancora e non ammansito.

La tradizione del mestiere passava di padre in figlio sin dall’inizio, e

quando essi sedevano cencìosi in cerchio attorno al loro fuoco, con in

pugno le armi primitive che la Natura (…..) stessa offre, appariva evidente

quanto si distinguessero dal popolo che su declivi collinosi coltiva la vigna.

Essi vivevano come nei tempi quando non si conosceva ancora l’aratro né

il telaio e neppure la casa, e bastava un ricovero provvisorio sulla via percorsa

dai greggi.

Al modo di vivere corrispondevano anche i loro costumi e un rozzo sentimento

del giusto e dell’equo, formatosi interamente secondo la legge del taglione.

Quindi ogni omicidio ed ogni violazione era principio di una lunga catena di

vendette e vi erano guerriglie di fazioni o famiglie, per cui di anno in anno

veniva versato nuovo sangue, benché l’origine prima del contrasto fosse da

gran tempo scordata (anzi non la si conosceva neppure).

I giuristi della Marina usavano indicare come ‘ casi della Campagna’ l’insulsa

e grossolana delinquenza quindi proposta al loro giudizio, né invitavano i 

pastori a comparire al Foro, ma inviarono invece commissari in quelle regioni.

In altri dipartimenti la giustizia era amministrata dai fattori dei magnati e dei

feudatari, che avevano dimora in grandi, castelli; e vi erano anche famiglie di 

pastori liberi, assai ricche di beni, come i Batak e i Belovar.

(E. Junger, Sulle scogliere di marmo, Guanda)

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