WOUNDED KNEE

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Non vi è nessuna speranza sulla terra, e Dio sembra averci dimenticato.

Alcuni dissero di aver visto il Figlio di Dio; altri di non averLo visto.

Se Egli fosse venuto, Egli avrebbe fatto alcune grandi cose come aveva fatto prima.

Noi dubitavamo perché non avevamo visto né Lui ne le Sue opere.

Gli altri indiani non sapevano, non si preoccupavano.

Si aggrappavano alla speranza.

Come pazzi gridavano implorando pietà da Lui.

Cercavano di ottenere la promessa che essi avevano sentito che Egli aveva fatto.

Gli uomini bianchi erano spaventati e chiamarono i soldati.

Noi avevamo chiesto la vita e gli uomini bianchi pensavano che volessimo la loro.

Venimmo a sapere che i soldati stavano arrivando.

Non avevamo paura.

Speravamo di poter spiegare loro i nostri guai e di ricevere aiuto.

Un uomo bianco disse che i soldati intendevano ucciderci.

Noi non gli credemmo, ma alcuni erano spaventati e fuggirono via nelle Badlands.

Nuvola Rossa

(Dee Brown, Seppelite il mio cuore a Wounded Knee)

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1915 CRONACA DI UN GENOCIDIO 2

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Sono essi che padroneggiano nella vita intellettuale, essi che a Costantinopoli

e nelle città maggiori del’Impero godono la maggiore considerazione come

finanzieri, medici, avvocati, professori, architetti.

E nelle campagne eccellono nei sistemi di coltivazione suscitando le più vive

gelosie dei feroci Kurdi.

Della gelosia di costoro scaltramente si servono i Turchi per mantenerli in lotta

e incitarli a saccheggi e massacri in danno degli armeni. In tal modo mentre i

Turchi impediscono che i Kurdi e armeni si stringano in una pericolosa alleanza

sfruttano le gelosie dei primi per evitare il pericolo dei secondi, e propiziarsi di

questi l’appoggio nelle lezioni o nelle guerre.

Gli armeni hanno molti punti di rassomiglianza con gli ebrei: come questi ultimi

durante il medio evo e fino a ieri in qualche nazione, essi sono la razza disprezzata

ed oppressa; come gli ebrei sono pazienti, ma al tempo stesso tenaci nel miraggio

del loro costante progresso.

Tuttavia la loro visione non è audace; e il pensiero di autonomia non esiste che assai

tepidamente nel loro spirito: più che altro preoccupati di mantenere le loro caratteristiche

di razza, i loro usi, la loro lingua.

Però essendo al tempo stesso proclivi alle ideologie, le teorie socialistiche ed anarchiche

trovano fra loro numerosi seguaci, e dei disordini che l’applicazione di tali idee non 

mancano di provocare, approfittano destramente turchi e Kurdi per compiere i massacri

coi quali essi sperano di potere riuscire ad estirpare dal territorio il seme di questa razza.

Ma la sua miracolosa prolificità e costanza la salva.

Nel caso speciale della guerra nella quale la Turchia si trova impegnata, va notato che 

essa si combatte nel Caucaso, cioè proprio nella terra confinante con l’Armenia.

Allo scoppio di essa, un vivo malcontento regnava fra i Kurdi contro i giovani turchi

governanti l’Impero.

E il malcontento era così vivo che, avendo il Governo deciso la formazione di bande

Kurde da lanciare contro i russi, le bande non si formarono o si ribellarono contro i

turchi stessi.

Nel frattempo gli armeni, seguendo la loro inclinazione pei russi, cercavano di favorire

la loro avanzata in territorio turco, ed è stata questa circostanza che è servita al Governo

ottomano per risvegliare l’odio sopito dei Kurdi dentro gli armeni e incitarli a nuovi

massacri.

Tutti i mezzi sono stati adoperati o favoriti dai turchi a tale fine, e sovente sotto il velo

di un apparente legalità.

Infatti non solo si sono eccitati i massacri col pretesto di una difesa interna contro le 

insidie russofile degli armeni, ma si sono sottoposte le popolazioni civili di Armenia

alle più dure corvees per ucciderle in stenti, di fame e di fatiche; si sono accusate molte

persone di tradimento e di appartenere a società segrete soltanto perché trovate in 

possesso di un’arma.

(27 Dicembre L’Ora, E. Aliprandi, 1915 Cronaca di un genocidio)

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7-8-9 luglio

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Giornate che si assomigliano.

Tentiamo di sfondare ma non ci riusciamo.

Sono troppo fortificati in posizioni dominanti.

L’artiglieria ci dà poco aiuto.

Loro con pochi uomini e molte mitragliatrici ci tengono fermi e se ci

scopriamo dal folto del bosco, ci fulminano.

Il valore e il sacrificio non servono a nulla.

Questa notte anche un reparto del terzo bersaglieri ha tentato l’assalto alla

valletta tra il Col di Lana e il Settsass, ma non è riusciuto.

E’ rientrato con parecchi morti!

Di notte dormiamo sotto gli alberi: neanche la tenda si può piantare, tanto il

bosco è fitto e accidentato.

Sopportiamo allo scoperto l’acqua che ci manda il buon Dio e gli strapnel che

ci invia l’Austria.

(Enrico Costantini, Dalle Dolomiti a Bligny, diario di guerra di un fante 1915/19)

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