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La stella risplende
brucia la propria materia
lasciando nell’ombra un’incerta visione. (11)
Misurata nel Tempo
del suo Universo
dicono infinito….ma solo costretto. (12)
Una riunione capitale, quel venerdì 11 gennaio alla Royal Astronomical
Society presso la Burlington House, a due passi da Piccadilly.
Bastarono tre quarto d’ora perché le vite di due uomini fossero cambiate
per sempre e lo sviluppo dell’astrofisica bloccato per oltre trent’anni.
Eppure, del centinaio di eminenti soci che in fila uscivano dalla sala,
chiacchierando eccitati, nessuno fu davvero in grado di cogliere la
portata di quanto era appena accaduto.
Sicuro è che alle sei e un quarto del pomeriggio, un astrofisico
ventiquattrenne di Cambridge, Subrahmanyan Chandrasekhar, con
la sua aria timida da ragazzino, presentò una scoperta eclatante che
sarebbe stata ignorata per quasi cinque anni.
Ciò che Chandra aveva da dire era completamente nuovo e andava
contro tutti i dogmi consolidati della scienza. Era consapevole che
avrebbe potuto essere accolto da perplessità e critiche, anche da una
categorica opposizione.
La posta era alta, sia sul piano scientifico sia su quello personale.
La grande scoperta di Chandra concerneva niente meno che il destino
ultimo dell’universo. Che cosa accadeva alle stelle una volta giunte
al termine della loro vita, una volta esaurito tutto il loro combustibile?
Gli astrofisici supponevano che esse andassero contraendosi fino
a diventare delle nane bianche, piccole e dense al punto che una
stella della massa del Sole potesse ridursi a una dimensione non
più grande di quella della Terra.
Ma che cosa succedeva in seguito?
Alcuni anni prima, nel 1931 e nel 1932, Chandra aveva già pubblicato
due saggi sulle nane bianche, inerenti a un problema sollevato da
Eddington in un suo autorevole saggio del 1926. Tuttavia il lavoro
del giovane indiano era stato del tutto ignorato.
Nel 1931, quando il suo primo contributo fu pubblicato, Chandra
aveva appena vent’anni. Lo aveva scritto imbarcandosi, letteralmente,
verso il suo dottorato a Cambridge, senza il tempo di apportare
correzioni né migliorarlo.
Non gli provenivano incoraggiamenti di sorta: non da Eddington,
né dal suo supervisore di tesi Ralph Fowler. Stavano cercando di
proteggere un giovane innocente dalla sua folle idea di pubblicare
concetti stravaganti?
O c’era sotto qualcos’altro, qualcosa di più bieco, che aveva a che
fare con il colore della pelle, e le origini di Chandra? Queste vecchie
guardie dell’impero potevano ritenere di certo inaccettabile di
essere surclassati da un giovincello proveniente da una delle colonie,
rifiutando così il fatto che costui avesse qualcosa da insegnare loro?
La scienza del XIX secolo riteneva che le stelle si formassero quando
la compressione della gravità verso l’interno era compensata
dalla pressione verso l’esterno delle particelle di gas delle stelle
stesse e dalla pressione radiattiva che emettono.
Mano a mano però che una stella invecchiava e bruciava il suo
combustibile, diventava più flebile, e la gravità iniziava a prendere
il sopravvento, comprimendo la stella e rendendola una sfera densa.
Poteva darsi che, alla fine, le stelle collassassero del tutto?
Era un mistero tormentoso, che Eddington aveva fatto del tutto
per sminuire.
Questo dilemma sembrava suggerire che almeno alcune stelle non
concludessero la loro vita come rocce inerti. E questa era davvero
un’idea molesta. Di certo era assolutamente impossibile per qualcosa
di tanto grosso come una stella scomparire nel nulla.
Che diamine di fine avrebbe potuto fare, se fosse stato davvero così?
Quell’11 Gennaio, il giovane Chandra si allentò un poco il colletto e
asciugò una goccia di sudore dalla fronte. La sala priva di finestre
era calda e senz’aria, sigillata contro il vento di gennaio che sibilava
all’esterno del venerabile edificio.
Gettando un’occhiata all’orologio, giunse all’ultima pagina della sua
relazione e lesse le conclusioni con tono sicuro:
“La vita di una stella di massa ridotta deve essere essenzialmente
diversa da quella di una stella di massa elevata….Per una stella
di massa esigua la fase naturale di nana bianca, è uno stadio iniziale
verso la completa estinzione. Una stella di massa elevata non può
passare attraverso la fase di nana bianca, e non ci rimane quindi
che ipotizzare altre possibilità”.
(A. Miller, L’impero delle stelle)