Prosegue in:
I Chiricahuas – così come tutti gli Apaches e, in generale, i nativi americani
– vivevano in rapporto con la natura, in modo certamente aspro e, perfino
violento, ma totalmente simbiotico: erano convinti di essere parte della
natura, così come la natura era parte di loro.
E’ famosa la frase con cui Alce Nero rispose a chi lo invitava ad abbandonare
i costumi ancestrali legati al nomadismo e alla caccia per dedicarsi, nella
riserva, all’agricoltura: ‘E come posso io affondare il mio coltello nel ventre
della mia madre terra e squarciarlo? E dove potrò riposare quando sarò
morto se avrò squarciato il ventre di mia madre?’.
…Due culture, due concezioni del mondo si fronteggiavano, irriducibilmente:
da un lato la convinzione dei ‘primitivi’ nativi della propria appartenenza
alla natura, della identificazione con essa e, dunque, del rispetto sacrale
dovutole; dall’altra la concezione che i civilissimi bianchi avevano della
natura come realtà ‘altra’, estranea all’essere umano, che poteva e doveva
assoggettarla, trasformarla incondizionatamente, sfruttarla illimitatamente.
Da in lato, un popolo – spinto dalla propria identificazione con la natura –
a difenderla a prezzo del proprio sangue; dall’altra una moltidudine di
individui il cui attaccamento alla terra era basato sulla unilaterale pretesa
di suo sfrenato sfruttamento volto alla possibilità di trarne il massimo
profitto, a qualunque costo.
Due concezioni dicotomiche, assolutamente irriconciliabili: per gli
indiani la impossibilità di esistere senza la natura di cui si è parte,
per i bianchi la volontà di dominarla, a costo di distruggerla.
(Geronimo, La mia storia)