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Un individualista con fantasia e dignità non può appartenere a
un partito.
Per il semplice fatto che un partito è un partito, cioè un’organiz-
zazione, una cricca, una mafia, nel migliore dei casi una setta che
non permette ai suoi adepti di esprimere la propria personalità,
la propria creatività.
Anzi gliela distrugge o almeno gliela piega.
Un partito non ha bisogno di individui con personalità, creatività:
ha bisogno di burocrati, di funzionari, di servi.
Un partito funziona come un’azienda, un’industria dove il diretto-
re generale e il consiglio di amministrazione (il comitato centrale)
detengono un potere irraggiungibile e indivisibile. Per detenerlo
assumono soltanto manager ubbidienti, impiegati servili, yes-men,
cioè gli uomini che non sono uomini, gli automi che dicono
sempre sì.
In un azienda, un’industria, il direttore generale e il consiglio di
amministrazione non sanno cosa farsene delle persone intelligenti
e fornite di iniziativa, degli uomini e delle donne che dicono no,
e questo per un motivo che supera perfino la loro (infinita) arro-
ganza: pensando e agendo gli uomini e le donne che dicono no
costituiscono un elemento di disturbo e di sabotaggio, mettono
rena negli ingranaggi della macchina, diventano sassi che rom-
pono le uova nel paniere.
L’ossatura di un partito e di un’azienda, insomma, è quella di
un esercito dove il soldato ubbidisce (come un burattino) al
caporale che a sua volta ubbidisce al sergente che a sua volta
ubbidisce al tenente che a sua volta ubbidisce al capitano che
a sua volta ubbidisce al colonnello che a sua volta ubbidisce
al generale che a sua volta ubbidisce allo Stato maggiore che
a sua volta ubbidisce al ministro della Difesa: preti, monsigno-
ri, vescovi, arcivescovi, cardinali, Curia, Papa.
Guai all’illuso che crede di portare un contributo personale
con la discussione e lo scambio di vedute: finisce espulso o
degradato o lapidato, come si conviene a chi non è in grado di
capire o finge di non capire che un partito, un’azienda, si con-
sente solo di discutere su ordini già dati, scelte già fatte.
Purché, è sottinteso, la discussione non prescinda dai due sa-
cri principi: ubbidienza e fedeltà.
(O. Fallaci, Un Uomo)