J.F.K. (3)

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Pagine di storia






Non sarà facile per gli storici paragonare John Kennedy ai

suoi predecessori e successori, poiché egli fu unico come

presidente: fu il primo ad essere eletto così giovane, il primo

di fede cattolica, il primo ad assumere la carica nell’era delle

grandi potenze nucleari, il primo a tendere letteralmente ver-

so la luna, il primo dell’epoca moderna a prevenire una nuo-

va recessione o l’inflazione in tempo di pace, il primo ad af-

fermare che ogni tipo di segregazione e di discriminazione

razziale dovesse essere abolito per legge, il primo a scontrar-

si coi nostri avversari in un potenziale confronto nucleare,

il primo a compiere un passo ufficiale verso il controllo del-

le armi nucleari, e il primo a morire così giovane.

Non fu il primo presidente a misurarsi con i colossi della si-

derurgia, né il primo a presentare al Senato un trattato di-

scusso, né il primo a rispondere alla sfida di uno stato con

forze federali, né il primo a cercar di riformare una branca

del governo pari per importanza alla presidenza.

Ma si può affermare che egli fu il primo a vincere tutte

queste battaglie.

In realtà, per tutta la sua vita, fino al novembre del 1963,

fu il vincitore.

In guerra diventò un eroe, in letteratura vinse un premio

Pulitzer, in politica raggiunse la presidenza. Il suo discor-

so inaugurale, sua moglie, i suoi bambini, la sua vita poli-

tica, la sua condotta delle crisi, tutto riflesse la sua ricerca

della perfezione.

La storia e i posteri dovranno giudicare.

Di solito essi riservano il manto della grandezza a coloro

che vinsero grandi guerre, non a coloro che le prevenirono.

Ma secondo il mio modo di vedere, che non può essere obi-

ettivo, sarà difficile misurare John Kennedy con un qualun-

que ordinario metro storico.

Egli fu un uomo straordinario, uno straordinario uomo po-

litico e uno straordinario presidente. Così come nessun gra-

fico può illustrare con esattezza l’avvento dell’atomo nella

storia delle armi così io credo che non si possa classificare

John Fitzgerald Kennedy in base a una scala di presidenti

buoni o cattivi.

Una mente così aliena dal timore, dai miti e dai pregiudizi,

così nemica dei luoghi comuni e dei clichés, così contraria

agli inganni, ad accettare o a riflettere la mediocrità, è rara

nel nostro mondo, e anche più rara nella politica americana.

La sua morte prematura e violenta influirà sul giudizio de-

gli storici, e vi è il pericolo che essa faccia della sua grandez-

za una leggenda. 

Benché anche da vivo fosse quasi una figura leggendaria,

Kennedy criticò sempre il mito. Sarebbe un ironico gioco del

destino se la tragedia di Dallas facesse ora un mito dell’uomo

mortale.

A mio giudizio, l’uomo fu più grande della sua leggenda.

La sua vita, non la sua morte, creò la sua grandezza.

Nel novembre del 1963 alcuni lo conobbero per la prima

volta. Altri capirono che lo avevano accettato con troppa

indifferenza.

Altri ancora si pentirono di averlo respinto.

In ogni caso egli fu un grande, e la sua grandezza appari-

rà sempre più chiaramente col passare degli anni.

(Theodore C. Sorensen, Kennedy)




 

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J.F.K. (3)ultima modifica: 2012-11-23T03:00:00+01:00da giuliano106
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