I TRE KEATON (1)

Prosegue in:

i tre Keaton (2) &

i tre Keaton (3)

Da:

i miei libri

 

 

i tre keaton 1

 

 

 

 

 

 

 

Mia madre Myra Cutler Keaton, era alta un metro e

cinquanta, pesava quaranta chili, ed era nata nello

spettacolo, essendo figlia di F.L. Cutler, uno dei pro-

prietari dello ‘Show da 10 cents di Cutler & Bryant’,

uno spettacolo viaggiante fatto sotto un tendone.

Prima di compiere 11 anni sapeva già suonare il vio-

lino, il pianoforte e la cornetta.

In seguito, divenne la prima donna negli Stati Uniti

a suonare il saxofono in scena. Ma mia madre avreb-

be potuto anche disinteressarsi dello spettacolo.

 

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Proprio perché bambina aveva sempre viaggiato con

la carovana del padre, e poi con il babbo nelle loro

vaudeville itineranti, non imparò a cucinare prima dei

trent’anni. Poi se la cavò benissimo in cucina. Ma per

tutta la sua vita, la mamma preferì il gioco delle carte

a ogni altra occupazione, sport, svago, impiego o, co-

me diciamo nello spettacolo, divertimento.

Mio padre, Joe Keaton, era alto uno e ottanta, comico

nato e ottimo, stravagante ballerino. Era la persona

più brava a cadere che avessi mai visto.

 

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Era anche uno dei migliori nel fare a cazzotti.

Al contrario di mia madre, non era nato nell’ambiente.

Aveva dovuto combattere, fare lo spiritoso e scalciare

molto per arrivare. Ma una volta arrivato, si considera-

va un uomo giunto alla Terra Promessa.

Eppure per quanto gli piacesse essere un attore, gustare

l’applauso e ascoltare la risata che aveva suscitato, non

era quella la cosa più importante per lui.

Soprattutto, il babbo era un’anima allegra, e stava al po-

sto giusto. Viaggiare di città in città ogni settimana vole-

va dire incontrare continuamente i suoi vecchi amici, at-

tori con cui aveva lavorato a Seattle, Boston, Louisville,

  New Orleans.

Ogni settimana era la settimana dei ricordi per il babbo.

In qualunque città fossimo, per lui era sempre come tor-

nare alla sua Terre Haute, in Indiana.

 

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Il babbo conosceva Will Rogers in Oklahoma, Harry Hou-

dini era stato il suo primo socio in affari. Era amico e am-

miratore di Fred Stone, George M. Cohan e del suo giovia-

le padre, Jerry, di Billy B. Van, Jack Norworth, Al Jolson,

McIntyre e Heath, Gus Edawards, i Quattro Avon, Doyle

e Dixon, e praticamente di tutti gli altri che giravano ….

l’America a due spettacoli al giorno.

In ogni città si ritrovava con qualcuno di questi uomini

di talento. Ed erano lunghe notti passate a bere birra, man-

giare gratis e scambiarsi ricordi allegri.

 

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Se per qualche incredibile circostanza non conosceva nes-

suno, il babbo faceva comunque parte delle Alci e di una

dozzina di altre organizzazioni i cui membri lo accoglieva-

no sempre a braccia aperte nelle loro sedi, e via con la bir-

ra.

Il babbo si chiamava Joseph come suo padre, suo nonno,

e il suo bisnonno. Come gli altri, era il primogenito di un

primogenito. Ma i tre Keaton prima di lui, erano stati one-

sti e infaticabili contadini e mugnai del Midwest.

 

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Anche da bambino la personalità del babbo era così inu-

suale che già prima dei dodici anni suo nonno abbandonò

ogni speranza di creare una dinastia di mugnai.

A quell’età il babbo aveva già lasciato la scuola per diven-

tare lustrascarpe e frequentare le sale da biliardo nei quar-

tieri del centro di Terre Haute. I ragazzi più grandi gli fe-

cero gli occhi neri così tante volte per prendere i posti nel-

le strade migliori, che fu presto soprannominato ‘Dick da-

gli occhi neri’.

Quando diventò troppo grande per guadagnarsi la vita

pulendo scarpe il babbo tornò al mulino di famiglia, ma

non per lavorare. Passava il tempo a fare spettacolini per

i braccianti e i contadini che aspettavano che il grano fos-

se macinato.  Nel suo reporterio c’erano canzoni, battute,

smorfie e flip-flap, come erano chiamati i salti mortali….

(Prosegue….)

 

 

 

 

 

 

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