Precedente capitolo
1446 da Firenze a Bruges (la strada della banca 7)
Prosegue in:
Un sito:
Nelle botteghe delle strade dietro il Broletto verso San Satiro,
a Milano, dove tecnici esperti modellavano gli ACCIAI delle
armature, la cosa era ovviamente nota e appariva normale.
Mercanti erano in viaggio su molte vie con le loro mercanzie,
in carovane di muli, coi carri, utilizzando barche sui fiumi; non
se avevano molte notizie dopo la partenza, i familiari attende-
vano il ritorno confidando in Dio.
Il prezzo cresce insieme alla domanda e la domanda delle armi
con la guerra; portare il prodotto là dove serve per il mercante
d’armi comporta dei rischi.
E’ il mestiere.
Ma, balzando dai documenti, la notizia dei mercanti milanesi che
girano fra le tende dell’esercito offrendo le ben temperate corazze,
la vigilia della battaglia di Saint-Aubin-du-Cormier, nella campa-
gna di Bretagna del 1488, incuriosisce, sorprende, fa scattare sug-
gestive immagini, come sempre avviene quando la quotidianità
sommessa interseca il clangore della storia maggiore.
Saint-Aubin-du-Cormier è un sito della campagna bretone, vicino
al confine del ducato del regno di Francia. Un formidabile castello,
oggi solo rovine, sorgeva tra uno stagno e un profondo burrone.
Lo scoglio roccioso di Mont-Sant-Michel, tra le mutevoli e le veloci
onde di marea, è a meno di una cinquantina di chilometri di distan-
za, ma in Normandia.
Attorno a Saint-Aubin-du-Cormier si combatté aspramente nella
giornata del 27 luglio 1488. Da un lato c’erano gli uomini del re di
Francia, comandati dal men che trentenne Louis la Tramoille, il fu-
turo ‘chavalier sans reproche’ di tutte le guerre d’Italia, che morirà
nella disastrosa mischia di Pavia; dall’altro le genti d’arme del du-
ca di Bretagna e di altri grandi signori ribelli che si erano uniti nel-
la ‘guerra folle’.
La vittoria del giovane generale lealista ebbe conseguenze politiche
di varia entità; il brillante periodo di sostanziale indipendenza della
Bretagna dei duchi di Montfort, che al re di Francia prestavano solo il
formale omaggio feudale, si avviò velocemente al termine un futuro
re di Francia, il duca di Orléans, fatto prigioniero sul campo, cominciò
un triennio di reclusione, principesca ma stretta; un trattato impose che
la dodicenne figlia del duca di Bretagna, Anna, la più appetita eredi-
tiera di Francia, non avrebbe potuto sposare senza il consenso del re
e questo pose le premesse per il suo matrimonio con lo stesso monar-
ca di lì a tre anni; l’intelligente storico Philippe de Commynes, fine di-
plomatico ed esperto navigatore politico finì rinchiuso per cinque me-
si in una gabbia di ferro.
Nella lontana Milano, da dove gli ‘armieri’ ambulanti avevano comin-
ciato il loro viaggio verso il cuore della Francia, era signore un figlio
di Francesco Sforza, Ludovico Maria detto il Moro, un personaggio che
era stato educato alla cultura umanista da Francesco Filelfo e che per
quattro o cinque anni si era fatto strada verso il potere che non gli sa-
rebbe spettato, a forza di astuzia, dissimulazione, prepotenza e intrigo.
La città aveva le vie centrali selciate, l’ambizioso duomo gotico in co-
struzione dal 1386 e un sistema di ‘navigli’ nel quale erano stati utili-
sticamente coordinati corsi d’acqua naturali e canali quali il Naviglio
Grande, derivato dal Ticino, il Naviglio Pavese, che restituiva le ac-
que allo stesso fiume, la Martesana derivata dall’Adda e cominciata
a scavare nel 1457.
Collegata all’anello di acque che racchiudeva il centro urbano, tale
rete, via via perfezionata, era stata navigabile; le acque a vario livel-
lo erano delle ‘conche’ costruite a partire dalla metà del 400.
(L. Camusso, Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)