CONTRO LA GUERRA (3)

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i miei libri

 

 

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Scorgo una città, e                                     

subito mi nasce la speranza che almeno fra gli abitanti viga

un’ intesa, visto che sono chiusi dalle stesse mura, retti dalle

stesse leggi e accomunati dal pericolo come i passeggeri di 

una stessa nave.

Ma per mia sventura scopro ogni cosa infettata anche lì dalle

discordie, e non si riesce quasi a trovare una casa in cui vi sia

spazio per me anche solo per pochi giorni.

Trascuro dunque il popolino travolto come un mare dalle sue

tempeste, e mi rifugio nei palazzi dei signori quasi come in un

porto.

Lì, dico, vi sarà certamente un posto per la pace; costoro sono

più sapienti del volgo, poiché sono l’intelletto della plebe e l’-

occhio del popolo; e poi fanno le veci di colui ch’è maestro e

principe di concordia e che mi ha raccomandata a tutti ma par-

ticolarmente ai principi.

Tutto promette bene.

Vedo scambi di saluti cordiali, abbracci amicali, brindisi gio-

condi e ogni altra manifestazione di umana bontà.

Ma quale dissonanza!

Fra loro non mi fu dato di scorgere l’ombra della vera concor-

dia. Tutto è una farsa mascherata, ogni cosa corrotta da faziosi-

tà scoperte e da occulti dissidi o rivalità.

Alla fine scopro che presso questa gente non vi è un seggio per

la pace, anzi di là scaturiscono e germogliano tutte le guerre.

Dopo di che, ove rivolgermi tapina, dopo tanti disinganni?

Ma i principi sono più grandi che dotti, guidati più dalle pas-

sioni che da retto giudizio.

Mi rifugerò fra i banchi dei dotti.

La buona letteratura rende umani, la filosofia più che umani,

la teologia divini.

Fra costoro dopo tanti vagabondaggi troverò certamente ripo-

so.  

E invece quale pena!

Ecco anche qui un altro genere di guerre, certo meno cruento

ma non meno folle. 

Le scuole in dissidio fra loro e, come se la verità differisse da

un luogo all’altro, certe nozioni non varcano il mare, altre non

superano le Alpi, altre ancora non traghettano il Reno; addirit-

tura in una stessa università il retorico è in guerra con il logico,

il teologo dissente dal giurista, e persino nella medesima disci-

plina lo scotista è in conflitto col tomista, il nominalista col reali-

sta, il platonico con l’aristotelico, a tal segno che nemmeno sui

punti più minuti esiste accordo fra loro e sono frequenti i duel-

li più fieri su questioni di lana caprina: nel calore della discus-

sione salgano dalle argomentazioni agli insulti, dagli insulti al-

le percosse; non si pone mano a picche e pugnali, ma ci si trafig-

ge con stili avvelenati, ci si sbrana a vicenda con fogli dentati e

l’uno avventa con la lingua frecciate letali sulla reputazione del-

l’altro. 

Dove volgermi dopo essere stata tante volte beffata?

(Erasmo, Contro la guerra)

 

 

 

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CONTRO LA GUERRA

 

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Contro la guerra (2)

 

 

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…Ma a me, definire animalesco o bestiale un conflitto armato

sembra  ancora inadeguato.

In effetti gli animali vivono per lo più concordemente e socie-

volmente all’interno della propria specie, si muovono in grup-

po, si difendono e si aiutano reciprocamente.

Non si combattono, ma solo i più feroci, leoni, lupi, tigri.

E neanche questi combattono fra di loro come facciamo noi.

Cane non mangia cane; ‘i feroci leoni non si fanno la guerra’; il

serpente non aggredisce il suo simile; v’è pace tra le bestie ve-

lenose.

Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo.

Gli animali, quando combattono, combattono con le armi che gli

ha dato la natura.

Noi uomini ci armiamo a rovina degli altri uomini di armi inna-

turali, escogitate da un’arte diabolica. Gli animali non si scatena-

no per qualsiasi ragione, ma solo perché sono inferociti dalla fa-

me, perché si sentono braccati, perché temono per i cuccioli. 

Noi uomini – chiamo Dio a testimone – scateniamo le più tragi-

che guerre per le ragioni più futili: vacui titoli di dominio, un

puerile scoppio d’ira, il ratto di una donnicciola, e vi sono moti-

vazioni ancora più ridicole.

Inoltre gli animali conoscono solo scontri singolari e brevissi-

mi.

Per cruenta che sia, la battaglia si scioglie quando uno dei due

contendenti viene ferito. Chi ha mai sentito dire che centomila

animali si siano sterminati a vicenda?

Eppure così fanno dappertutto gli uomini.

Ma il confronto non è ancora finito.

Ci sono specie animali divise fra loro da un’ostilità congenita

 

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 ci sono però anche specie unite da genuina e salda amicizia.

Invece fra uomo e uomo, fra tutti gli uomini presi uno a uno,

c’è guerra perpetua: non esiste nel genere umano un’alleanza

veramente salda.

Così è: ogni creatura, che tradisce la propria natura, degenera

diviene peggiore che se  fosse stata originariamente maligna. 

Ma se vuoi sapere che cosa bestiale, vergognosa, disumana è

la guerra, dimmi: hai mai assistito a uno scontro fra un leone

e un orso?

Fauci spalancate, ruggiti, brontolii sordi, ferocia, carneficina.

Chi guarda si sente rizzare i capelli in testa anche se si trova

al sicuro.

Ma quando più vergognoso, quanto più crudele è lo spettacolo

di due uomini che si fronteggiano, muniti di tante armi di offe-

sa e di difesa!

Chi li crederebbe uomini, dimmi, se l’abitudine al male non ci 

avesse tolto la facoltà di meravigliarci?

Gli occhi bruciano, i volti sbiancano, l’andatura si fa frenetica, la

voce diventa un ruggito, un urlo malsano; l’uomo è tutto ferro, le

armi cozzano i cannoni esplodono. Se almeno gli uomini di divo-

rassero per fame, se avessero sete di sangue, la faccenda risulte-

rebbe meno feroce.

Oggi poi le frecce intinte di veleno e macchine infernali stanno

rendendo la guerra ancora più spietata.

Non c’è più nessun vestigio di umanità.

Al punto  cui siamo, credi che la natura sarebbe in grado DI

RICONOSCERE LA SUA CREATURA?

(Erasmo, Contro la guerra)

 

 

 

 

 

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