66 BUDDY BOLDEN BLUES (2)

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66 Buddy Bolden route blues  &

Storia universale dell’infamia (16)

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66 Buddy Bolden Blues (3) &

Quando andai (d) a Sidney  &

Storia universale dell’infamia (17/18)

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Quando andai (d) a Sidney  (1)  &  (2)  &

Le vie dei canti  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

66 buddy bolden blues 2

 

 

 

 

 

Nora Bass tornò a casa e trovò un uomo seduto sul

gradino della soglia.

Immacolato.

Quando lei s’avvicinò, l’uomo si alzò in piedi, ma 

non la toccò.

 

Salve Webb, vieni, entra.

Grazie. Buddy deve essere ancora fuori.

Nora scoppiò in una mezza risata. Buddy! Lo guar-

dò perplessa, poi scosse la testa.

Ma sì, sarà meglio che entri, Webb.

 

L’alcol gli bruciava in gola mentre lei gli spiegava

che Buddy se n’era andato, era scomparso, s’era per-

duto, non so dove, Webb, ma è sparito.

 

Da quanto tempo?

Cinque o sei mesi.

Gesù, Nora, perché non me l’hai detto prima, perché

non me l’hai fatto sapere?

Io non ti conosco Webb, sei un amico di Buddy, per-

ché non te l’ha detto lui?

Me l’avresti dovuto dire tu.

Sei tu il poliziotto, Webb……

Buddy non può star bene da solo, è bello che perduto,

…non ha più niente….

Non ha lasciato detto niente.

Con chi era?

Non lo so.

Dimmelo. 

Vuoi che lo ritrovi?

Lei lo fissa.

Guarda Webb che io non ti pago.

Gesù, non li voglio mica i tuoi soldi del cazzo!

E io non voglio la tua compassione del cazzo, Webb.

Se vuoi cercarlo, fallo per te stesso, non per me….

 

66 buddy bolden blues 2

 

…Il matrimonio di Bolden con Nora Bass colse di sor-

presa tutti i suoi amici.

Webb, che continuava a fare l’investigatore nella poli-

zia di Pontchartrain, ricevette una lunga telefonata in 

cui Bolden gli diede la notizia…..

 

66 buddy bolden blues 2

 

…. Il cane ormai mi segue dovunque vado…..

Se cammino troppo lentamente corre avanti e poi si

gira a guardarmi.

Se piscio all’aperto arriva nella zona, fiuta un po’ attor-

no e poi piscia nello stesso punto, raspandoci poi sopra

un po’ di terra. Una volta è arrivato al punto bagnato e l’-

ha coperto senza neanche farci niente lui.

Oggi l’ho osservato bene e gli ho restituito il complimento.

Dopo che aveva fatto una schizzatina contro un albero so-

no andato lì, ci ho pisciato pure io e poi ho strusciato la 

punta della scarpa contro il terreno per fargli vedere che 

avevo capito il suo sistema.

Ha abbaiato forte e mi è corso attorno tutto eccitato per

qualche secondo. Deve aver pensato che fosse stato com-

piuto un gran passo in avanti nella diffusione della civiltà

dei segugi e chi lo sa?

Magari ha ragione.

Che ne dici Webb?

Tanto per farti vedere che ho ancora un po’ di senso dell’-

umorismo….

(Prosegue….)

 

 

 

 

66 buddy bolden blues 2

TEMPO IMMOBILE

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Eretici  (1)  (3)  (5)  

Prosegue in:

Pagine di Storia:

La Gnosi  (2/12)

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Eretici  (3)  &  (4)  &

Gnosi pagana  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri   

 

 sf16

 

 

 

 

 

Per anticipare qualcosa di ciò che in seguito stabiliremo

con maggiori dettagli, il comportamento della Gnosi nei

confronti del tempo, e più in generale del mondo, si ca-

ratterizza subito per un moto di rivolta contro il tempo

e contro il mondo quali li concepivano, in modo peral-

tro divergente, l’ellenismo e il cristianesimo, ossia le fi-

losofie o le religioni in cui si diffuse lo gnosticismo e

cui esso si adattò durante i primi secoli della nostra

èra.

Su questo, come su molti altri punti, l’atteggiamento

gnostico è principalmente di negazione. Sicché pos-

siamo definirlo solo rispetto a ciò che si nega.

Dovremo perciò determinare preliminarmente quali

fossero queste concezioni, ellenica e cristiana, del tem-

po cui esso si contrappone.

Vorrà dire in pari tempo coglierne l’originalità, la spe-

cificità, e ritrovare in tal modo, attraverso e oltre tale

aspetto negativo, se non negatore, ciò che ne costitui-

sce la sostanza positiva e gli conferisce il suo caratte-

re peculiare.

Mi adopererò in primo luogo di delineare l’immagi-

ne che si facevano del tempo l’ellenismo e il cristian-

esimo antico; poi di precisare, onde chiarire e giusti-

ficare il significato che mi sembra dover essere attri-

buito a questo termine, che cosa sia lo gnosticismo

per chi lo studia secondo i metodi attualmente in u-

so nella Storia delle religioni e nella fenomenologia

religiosa. 

Per quanto lenti possano sembrare, simili preparati-

vi ci condurranno un poco alla volta nel vivo del no-

stro argomento. Ci consentiranno di affrontare per la

via migliore e di trattare nel modo più chiaro un pro-

blema che appare, non appena si tenti di delinearne i

contorni, ora sfuggente ora arduo.

L’ellenismo concepisce anzitutto il tempo come cicli o

circolare, perpetuamente su stesso, eternamente chiu-

so su di sé, per effetto dei movimenti astronomici che 

ne dirigono e ne regolano necessariamente il corso. 

Per il cristianesimo invece il tempo, legato alla Crea-

zione e all’azione continua di Dio, si svolge unilate-

ralmente, in un unico senso, a partire da un unico

punto di partenza e in direzione di una meta pure

unica: esso è orientato, e in esso si compie un pro-

gresso, dal passato verso il futuro (CON UNA FREC-

CIA BEN DEFINITA); è uno, organico e progressivo;

di conseguenza ha una realtà piena. 

Ma ecco sopraggiungere lo gnosticismo.

Per bisogno di salvezza immediata, esso spezzerà la

schiavitù e la ripetizione del tempo ciclico dell’elleni-

smo, così come la continuità organica del tempo uni-

lineare del cristianesimo; farà andare in frantumi sia

l’uno che l’altro.

In termini ancor più brevi e immaginosi, la partita si

gioca fra tre opposte concezioni, in cui il tempo può

essere rispettivamente raffigurato nella prima da un

circolo, nella seconda da una linea retta, nella terza

da una linea spezzata.

(H. C. Puech)

 

 

 

 

 

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SULL’OCEANO DELLA LUCE

Prosegue in:

Pagine di storia:

L’uomo colto: un isolato

Dialoghi con Pietro Autier 2:

Eretici (44)  &  (3)

Foto del blog:

Eretici  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

 

 

 

 

Sull’oceano della luce

una piccola brace scintilla;

quando l’Eterno creò il mondo,

questa brace s’è accesa.

Venti tempeste e uragani

si sono accaniti a spegnerla,

ma lei sempre scintilla,

brillante, come un falò.

Molti spiriti hanno avuto desiderio

di catturarne la fiamma,

ma lei sempre s’allontanava,

lasciandosi dietro la propria ombra.

Ai secoli si succedono i secoli,

senza posa periscono gli spiriti,

ma a questa brace sacra

nessuno ha rapito la scintilla.

E io, errando alla sua ricerca,

sono immerso in dolci sogni;

la bramo, la desidero,

la ammiro e la venero.

Ma il mio desiderio è senza speranza,

poiché mai la toccherò;

chi coglierà questo grande segreto:

donde viene il profumo del fiore?

Sull’oceano della luce

scintilla una brace splendente;

ciascuno si sforza di coglierla,

ma il suo segreto è insondabile.

 

 

 

 

 

 

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4000 a.C. LE PRIME TRIBU’ ITALICHE IN ALTO ADIGE

Prosegue in:

Pagine di storia:

Tredicesima lettera &

Dialoghi con Pietro Autier 2:

Il clima che cambia: intrappolati in mezzo ai ghiacci

Foto del blog:

Salvate le Alpi  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

 

 

 

LE PRIME ‘TRIBU”…..

Molto dopo la fine dell’epoca glaciale e presumibilmente

4000 anni prima di Cristo, comparvero in Alto Adige i pri-

mi uomini. Le tracce dell’uomo quaternario furono trovate

in caverne a 2445 m. sul livello del mare nel cantone di S.

Gallo in Svizzera.

Poiché si ha ragione di presumere che si trattasse di uomi-

ni saliti a massime altezze nelle stagioni estive, per la cac-

cia, si può pensare che dalla Svizzera i cacciatori si siano

spinti, di montagna in montagna, nel cuore delle valli a-

tesine, ove la fauna abbondava.

Pure sul filo dell’incertezza possono essere ricostruite le

prime colonizzazioni

(QUINDI I PRIMI NATIVI).

Le ricerche archeologiche compiute nella Venezia Triden-

tina e nei vicini Cantoni svizzeri hanno assodato, con la

identificazione di abbondante materiale preistorico, trac-

ce di vita paleolitica, neolitica, e palafitticola.

Probabilmente era gente di ceppo ligure-iberico, risalita

verso il crinale alpino dalle valli del Sarca e di Ledro, at-

tratta dalla bellezza dei luoghi, dall’abbondanza del patri-

monio faunistico e dalla generosità del suolo.

In perfetta solitudine, cacciando cervi, orsi caprioli, lupi,

questo pugno di uomini visse per secoli. Dalle prime po-

polazioni che trovarono asilo in caverne e possedevano

arnesi di rozza pietra, ben poco è rimasto: qualche ascia,

delle punte di lancia di selce, raschiatoi silicei usati per

scarnificare le pelli.

Una tomba eneolitica è stata trovata a Caldaro e viene at-

tribuita a 2000 anni prima di Cristo. E’ del tutto simile a

quelle di Villafranca e Remedello.

Verso il 1000 a.C. altri popoli si affiancarono alle contrade

atesine: gli illirici che, risalendo il corso della Drava, si in-

sediarono in Pusteria, ed i Proto Italici che entrarono dal

Brennero e dal passo di Resia e che sostituirono all’età del-

la pietra quella del bronzo, delle palafitte e delle terremare.

E’ molto probabile che le tribù dei Proto Italici oltreché dai

passi alpini provenissero anche dal sud.

La presenza di un villaggio palustre a Peschiera sul Garda

avente singolari analogie con le stazioni scoperte sulla colli-

na del Piper a Collalbo, dovrebbe offrire una certa conferma

alla supposizione.

Altri villaggi palafitticoli sorgevano a Fiavè nel Trentino e al

lago di Monticolo. Verso l’inizio dell’età del ferro sopraven-

nero nella parte orientale delle Dolomiti i Veneti. Insediati

nella pianura padana avevano già fondato Padova e avendo

dato vita ad una fiorente attività metallifera risalivano le val-

li in cerca di giacimenti.

Un’ascia scoperta a S. Giovanni di Valle Aurina fa pensare che

i Veneti si fossero spinti nel cuore della valle omonima e che

vi avessero trovato una miniera di rame.

Ultimi, prima della conquista romana, giunsero in Alto Adige

gli Etruschi ed i Galli cenomani. Si vuole che gli Etuschi fosse-

ro stati sospinti verso le contrade alpine dalla prima invasione

gallica o celtica.

Questo popolo misterioso la cui storia è tuttora oggetto di

profondi studi e la cui lingua non è stata ancora interamente

decifrata, dall’Etruria dilagò in tutta la pianura padana, ecce-

zione fatta per il settore dominato dai Veneti.

Così poco prima della comparsa romana l’Alto Adige era abi-

tato nella parte occidentale da Galli che avevano a loro volta

assimilato gli Estruschi e nella parte orientale da Veneti che

avevano soverchiato i Proto Italici.

(M. Ferrandi, L’Alto Adige nella storia)

 

…segnalo alcuni siti…

www.iceman.it

www.messner-mountain-museum.it

http://mv.vatican.va/2_IT/pages/MGE/MGE_Main.html

 

 

 

 

 

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UN UOMO

Prosegue in:

Il clima che cambia (5) &  Intermezzo venatorio

Che lasci i morti giacere  &  Tredicesima lettera

Foto del blog:

La tempestosa nuvola del XX secolo (1)  &  (2)  &

La poesia del silenzio 

Da:

i miei libri

 

 

 

 

La notte avevi fatto quel sogno.

Un gabbiano (e un lupo) volava nell’alba ed era un gabbiano     

 bellissimo con le penne d’argento.

Volava solo e deciso sulla città che dormiva, e sembrava il

cielo gli appartenesse quanto l’idea della vita.

D’un tratto aveva virato in discesa per tuffarsi a picco nel

mare, aveva bucato il mare sollevando una fontana di luce,  

e la città s’era svegliata, piena di gioia perché da molto tem-

po  non vedeva una luce. 

Nello stesso momento le colline s’erano accese di fuochi, dal-

le finestre la gente aveva gridato la buona notizia, a migliaia

erano scesi nelle piazze  a far festa, inneggiare alla libertà ri-

trovata: “Il gabbiano! Ha vinto il gabbiano!”.

Ma tu lo sapevi che sbagliavano tutti, che il gabbiano aveva

perduto.

Dopo il tuffo miriadi lo avevano aggredito per morderlo agli

occhi, strappargli le ali, era esplosa una lotta tremenda che e-

scludeva ogni via di salvezza.

Invano egli si difendeva con abilità e con coraggio, beccando

all’impazzata, rovesciandosi in salti che spruzzavano immensi

ventagli di spuma e spingevano ondate fino agli scogli: i pesci

erano troppi, e lui troppo solo. 

Le ali lacerate, il corpo inciso di tagli, la testa straziata, perde-

va sempre più sangue, lottava sempre più debolmente, e alla

fine, con un grido di dolore, s’era inabissato insieme alla luce.

Sulle colline i fuochi s’erano spenti, la città era tornata a dormi-

re, nel buio, come se nulla fosse successo.  

(O. Fallaci, Un uomo)

 

 

 

 

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