UNAMUNO: la menzogna (3)

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Unamuno: la paura (2)

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Unamuno: la menzogna (4) &

L’arte della menzogna politica

Da:

i miei libri

 

 

unamuno 3

 

 

 

 

 

Guardi, signore, – mi pare di sentirmi dire -, di non fare

il ridicolo mettendosi a perseguitare figurine di teatrino;

siamo tutti gente navigata, e questo è un giochetto di com-

pari che non inganna nessuno; guardi che qua non si tratta

d’altro che di passare il tempo e di far qualcosa, poiché né

Carlomagno è  Carlomagno, né  Orlando è  Orlando, né don

Gaiferos è l’autentico don Gaiferos; e qui non si fanno im-

brogli, ma si diletta e si rallegra la galleria che, se anche fin-

ge di credere alla commedia, neanche lei ci crede sul serio;

ascolti noi, signore: non sciupi le sue energie nel combattere

con pupi di cartapesta! 

 

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Ebbene, proprio perché le figurine son di cartapesta e lo

sappiamo tutti – rispondo io -, bisogna decapitarle e farle a

pezzi, poiché nulla v’è di più pernicioso che la menzogna

accettata da tutti.

Siamo tutti a conoscenza del segreto, che è poi un segreto di

Pulcinella; sappiamo tutti e ce lo andiamo dicendo l’un l’altro

all’orecchio, che don Gaiferos non è il vero don Gaiferos, e che

è tutta una favola la storia della liberazione di Melisenda; ma,

se è così, perché dà fastidio e irrita il fatto che uno s’arrampichi

sulla guglia della torre più alta del paese e si metta a gridare a

gran voce di lassù, facendosi banditore della sincerità, ciò che

tutti si sussurrano all’orecchio, abbattendo, scapezzando e

stroppiando così la menzogna?

 

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Bisogna far piazza pulita, nel mondo, di commedie e teatri-

ni.

E’ un po’ strano che si lamentino di chi piglia sul serio la

commedia proprio coloro che la rappresentano nel modo

più serio di questo mondo, e pongono ogni cura nel far sì

che non si venga meno alle regole dell’arte comica, fosse

pure in una virgola.

Giacché avrete osservato, miei buoni lettori, che non v’è nul-

la di più insopportabile di questa esigenza che siano stretta-

mente osservati i riti, l’etichetta e le consuetudini nelle cose

di pura rappresentazione, e che si dian l’aria di maestri di

cerimonie coloro che meno rispettano l’autentica serietà del-

la vita.

C’è una caterva di buffoncelli in libertà che portano incarta-

pecorito sulle labbra un credo ereditato dai loro bisavoli, al-

lo stesso modo che portano lo stemma di famiglia inciso nel-

l’anello o sull’impugnatura del bastone, e rispettano le vene-

rate tradizioni dei nostri avi come rispettano tante altre anti-

caglie: per far bella figura e farsi passare per persone distin-

te.

E’ chic e dà un certo che d’eleganza quel modo di comportar-

si che si definisce ‘conservatore’.

E quella stessa masnada di commedianti ha definito ‘volgari-

tà’ tutto quel che è passione e slancio e impeto, e cose di pes-

simo gusto le botte e i fendenti dati alle baracche di burattini

e ai teatrini che han messo sù.

 

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E quando questi pagliacci, sugheri secchi e vuoti, andranno

dicendo e ripetendo la grossa scempiaggine che ‘la cortesia

non impaccia il valore’, saltiamo sù e gridiamogli ben forte

sul muso e sulla barba, se ce l’hanno, che la cortesia impac-

cia il valore e che il vero valore chisciottesco può, suole e

deve consistere spesso nel mettersi sotto i piedi ogni forma

di cortesia e mostrarsi addirittura grossolano, se sarà neces-

sario.

(Miguel de Unamuno, Vita di don Chisciotte e Sancio Panza)

 

 

 

 

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UNAMUNO: l’inganno & la paura (1)

 

Prosegue in:

Unamuno: la paura (2)

 

 

unamuno

 

 

 

 

 

Tornò dunque don Chisciotte alla sorgiva di ogni fortezza

vale a dire all’espediente di scambiare gli uomini che sbal-

lottano nelle coperte e che appioppano legnate per ‘fantasi-

me e gente dell’altro mondo’.

Non te la prendere per cosa che possa accaderti in questo

mondo fatto di pura apparenza; aspetta che venga per te

quello sostanziale o rifugiati in esso, nell’abisso…nella tua

follia.

E’ questa la fede profonda e vera.

E fu quella che vacillò in Sancio, che per aver udito chiamar

per nome coloro che lo sballottavano, li scambiò per uomini

di carne e ossa (ma tali non erano poveri miei burattini…); e

questo gli bastò per fargli chiedere al padrone di tornare al

paese, ché era ormai arrivato il momento della mietitura.

Provvide il suo padrone a confortarlo nella fede; ma egli o-

biettava ciò che aveva veduto con i propri occhi e aveva sen-

tito con le proprie costole. Ma don Chisciotte prese a parlar-

gli di Amadigi, e lo scudiero si acquietò.

E facesti bene, Sancio, poiché ti devi convincere che, quando

ci ingiuriano o ci scherniscono o ci sballottano nella coperta,

se appena appena pensiamo che gli sballottatori non son che

fantasime, il rancore ci sbollisce e siamo guariti del tutto.

 

unamuno

 

Ricorda sempre che anche i tuoi nemici debbon morire.

E allora s’imbatterono nell’avventura delle due mandrie di

pecore che don Chisciotte scambiò per eserciti e li descrisse

con tanta esattezza ne può usare colui che porta dentro di sé

un autentico mondo.

Ma quel buon uomo di Sancio, immerso nell’altro mondo, 

quello delle apparenze, quello degli sballottatori in carne ed

ossa non vide nulla di ciò che il padrone gli diceva, forse per

incantamento.

 

unamuno

 

Oh, meraviglioso Sancio, che tesori di fede contiene quel tuo

forse! Da un forse trae inizio la fede che salva; chi dubita di ciò

che vede, e sia pure d’una sola briciolina, finisce per credere a

ciò che non vede, né mai vide, né mai…vedrà!

Tu, Sancio, non udivi che belati di pecore e montoni, ma ebbe

ragione il tuo padrone a dirti:

‘La paura che hai fa che tu non veda né oda direttamente’.

 

 

 

 

unamuno