Prosegue in:
Oimè, auditor mio, che senza focoso suspiro, lubrico pianto
e tragica querela, con l’affetto, con gli occhi e le raggioni non
può rammentar il mio ingegno, intonar la voce e dichiarar gli
argumenti, quanto sia fallace il senso, turbido il pensiero ed
imperito il giudicio, che con atto di perversa,iniqua e pregiu-
diciosa sentenza non vede, non considera, non definisce se-
condo il debito di natura, verità di raggione e diritto di giu-
stizia circa la pura bontade, regia sinceritade e magnifica
maestade della SANTAIGNORANZA, dotta pecoragine e
DIVINA ASINITADE! Lasso! A quanto gran torto da alcu-
ni è sì fieramente essagitata quest’eccellenza celeste tra gli
uomini viventi, contra la quale con larghe narici si fan cen-
sori, altri con aperte sanne si fan mordaci, altri con comici
cachini si rendonobeffeggiatori.
Mentre ovunque spreggiano, burlano e vilipendiano qual-
che cosa, non gli odi di altro che: – Costui è un asino, quest’-
azione è asinesca, questa è una asinitade -; stante che ciò a-
bsolutamente convegna dire dove son più maturi discorsi,
più saldi proponimenti e più trutinate sentenze.
Lasso!
Perché con ramarico del mio core, cordoglio del spirito ed ag-
gravio de l’alma mi si presenta a gli occhi questa imperita,
stolta e profana moltitudine che sì falsamente pensa, sì mor-
dacemente parla, sì temerariamente scrive per parturir que’
scelerati discorsi de tanti monumenti che vanno per le stam-
pe, per le librerie, per tutto, oltre gli espressi ludibrii e biasi-
mi:
L’ASINO D’ORO, LE LODI DE L’ASINO, L’ENCOMIO DE L’A-
SINO; dove non si pensa altro che con ironiche sentenze pren-
dere la gloriosa asinitade in gioco, spasso e scherno?
Or chi terrà il mondo che non pensi ch’io faccia il simile?
Chi potrà donar freno alle lingue che non mi mettano nel me-
desimopredicamento, come colui che corre appo gli vestigii de
gli altri che circa cotal suggetto democriteggiano?
Chi potrà contenerli che non credano, affermino e confermino
che io non intendo vera e seriosamente lodar l’asino ed asinita-
de, ma più tosto procuro di aggionger oglio a quella lucerna la
quale è stata da gli altri accesa?
Ma, o miei protervi e temerarii gioduci, o neghittosi e RIBALDI
CALUNNIATORI, o foschi ed appassionati detrattori, fermate il
passo, voltate gli occhi, prendete la mira; vedete, penetrate, con-
siderate se gli concetti semplici, le sentenze enunciative e gli di-
scorsi sillogistici ch’apporto in favor di questo sacro, impolluto
e SANTO ANIMALE, son puri, veri e demostrativi, o pur son fi-
nti, impossibili ed apparenti.
Se le vedrete in effetto fondati su le basi de fondamenti fortissi-
mi, se son belli, se son buoni, non le schivate, non le fuggite, non
le rigettate, ma accettatele, seguitele, abbracciatele, e non siate
oltre legati dalla consuetudine del credere, vinti dalla sufficien-
za del pensare e guidati dalla vanità del dire, se altro vi mostra
la luce de l’intelletto, altro la voce della dottrina intona ed altro
l’atto de l’esperienza conferma.
(Giordano Bruno, Cabala del cavallo Pegaseo)