SULLE ORME DEL PAYER (2)

Una notizia:

Sei alpinisti morti…… sul Gran Zebrù……

Precedente capitolo:

con Pietro Autier sulle orme del Payer

Prosegue in:

sulle orme del Payer (3) 

Foto del blog:

sulle orme

del Payer 

Da:

i miei libri

 

 

sulle orme di payer

 

 

 

 

 

 

(Dal diario di Payer)

La battaglia di Custoza, per la quale gli italiani avevano

scelto l’anniversario di Solferino annientò in un sol colpo

la fiducia nelle capacità militari del nuovo stato, fiducia

che si era fondata sugli effimeri allori degli ultimi anni

 

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e che aveva trovato espressione in due famosi frasi dei

suoi condottieri.

Vittorio Emanuele, la mattina del giorno della battaglia,

aveva detto ai suoi artiglieri sul Monte Vento:

 

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– Amici, domani mangemo i paperelli a Verona;

e Persano, vedendo arrivare la flotta imperiale aveva

esclamato:

– Adesso vengono i pescatori!

 

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L’Armata meridionale, inviata con sorprendente rapidi-

tà a Vienna a difesa della capitale del regno, ritornò sull’-

Isonzo dopo la conclusione dell’armistizio con la Prussia;

la sua posizione di forza e la sollevazione del popolo tiro-

lese, così spesso oltraggiato con elegante disprezzo, indus-

 

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sero il re d’italia a rinunciare al perseguimento della solu-

zione armata e ad accontentarsi di quello che aveva otte-

nuto senza meriti propri, come in sogno.

 

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La guerra era finita, a Lubiana cambiai la spada con il ba-

stone da montagna (1° sett. 1866) e, passando attraverso

Marburg, Villach, Lienz, Bressanone, Bolzano e Merano,

arrivai la sera del 9 settembre a Prato, alle porte delle go-

le selvagge delle montagne dell’Ortles, rischiarato dallo

 

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splendore del tramonto.

Qui incontrai il 2° Battaglione Kaiserjager, le compagnie

dei Landesschutzen e l’Armata Lichtenstein che tornava-

no a casa dopo aver difeso con successo il Passo dello

Stelvio contro un nemico superiore.

 

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Il giorno seguente mi inoltrai lungo la tranquilla valle

alpina verso Trafoi e da lì andai…..

(L. Viazzi)

 

 

 

 

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FOLLIA

Da http://giulianolazzari.myblog.it

     http://pietroautier.myblog.it

Klotz diventa sempre più taciturno.

Nessuno più riesce a confortarlo.

Vuole tornare a casa.

Ma la terra! In fondo hanno scoperto una terra, delle belle montagne.

Ora hanno una terra.

La terra? Ah, questa terra.

Ma le montagne non hanno boschi di abeti né pini silvestri, né abeti nani,

niente. E le valli sono colme di ghiaccio.

A casa vuole tornare, Klotz.

A casa.

E’ un buio pomeriggio di dicembre dell’anno 1873, il freddo è atroce, ed in

quel pomeriggio che il cacciatore Alexander Klotz, appena ritornato con Payer e

Haller da una delle loro escursioni sulla costa, getta via la pelliccia congelata,

i guanti, il berretto di pelo, il copriviso di pelle, getta via tutto poi indossa i

suoi abiti estivi.

Là dove sta andando non ha bisogno di una pelliccia pesante.

Gli inverni a Sankt Leonhard, gli inverni nella Val Passiria sono nevosi e miti.

Klotz svuota la propria cuccetta, poi però lascia lì il sacco di tela con tutti i suoi

averi.

Prende con sé soltanto le cose più preziose, l’orologio con scappamento a

cilindro, che ha vinto all’ultimo tiro a segno in onore del compleanno di sua

maestà, le banconote elargitegli da Payer per particolari servigi prestati al

signor tenente e, infine, un rosario in legno.

Poi, serio e maestoso, Klotz si presenta ai suoi compagni e stringe la mano

a ciascuno: ADDIO!

” Klotz! Sei impazzito?” chiede Haller.

” Addio anche te, Haller”, dice Klotz e sale sul ponte di coperta.

Chi lo segue lo vede ritto al parapetto con il fucile in spalla, immobile in un

quandro, non risponde a nessuno e guarda nel buio, sopra i ghiacci.

Forse lo si deve lasciar stare, Klotz.

Tornerà sicuramente in sé.

Bisogna solo lasciarlo stare.

( C. Ransmayr, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre, Feltrinelli)

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