confronto con la parola di
Platone.
Considera dunque quel che
egli dice del demiurgo e
quali parole gli attribuisce
all’atto della cosmogonia;
potremo così mettere a
confronto la cosmogonia
di platone e quella di Mosè.
Sarà in questo modo chiaro chi dei due è il più grande di dio, se Platone l’idolatra, o
colui di cui la Scrittura dice che dio gli parlò bocca a bocca.
‘In principio dio fece il cielo e la terra. Ma la terra era invisibile e informe e il buio era
sull’abisso, e lo spirito di dio vagava sopra l’acqua. E dio disse: sia la luce e la luce fu.
E dio vide che la luce era bene. E dio separò la luce e le tenebre. E dio chiamò la luce
giorno e chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina, un giorno. E dio disse: sia il
firmamento in mezzo all’acqua. E dio chiamò il firmamento cielo. E dio disse: l’acqua
sotto il cielo si raduni in un sol luogo e si veda la terraferma. E così avvenne. E dio
disse: la terra faccia crescere erba da pascolo e alberi da frutta. E dio disse: ci siano
stelle nel firmamento del cielo perché facciano luce sulla terra. E dio le pose nel
firmamento del cielo perché avessero dominio sul giorno e sulla notte’.
E’ chiaro che qui dice che né l’abisso né le tenebre, né l’acqua sono stati fatti da dio.
Eppure, io penso, come ha detto a proposito della luce che è nata per comando di
dio, avrebbe dovuto dirlo anche per la notte, per l’abisso e per l’acqua, mentre non
ha detto niente, come se già esistessero, anche se li ha ricordati spesso. Inoltre non
a una nascita o creazione degli angeli accenna, né in quale modo siano stati posti in essere,
ma soltanto agli involucri corporei che si trovano in cielo e in terra, cosicché, secondo
Mosè, dio non è creatore di esseri privi di corpo, ma è un semplice ordinatore della
materia esistente. E l’espressione ‘la terra era invisibile e informe’ non significa altro che
considerare l’umido e l’asciutto come materia e introdurre come suo ordinatore dio.
(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos)