UN CONDANNATO A MORTE

Prosegue in:

(un condannato 2)

Dialoghi con Pietro Autier 2: il condannato a morte &

Gli occhi di Atget: pausa dalla camera oscura, la nausea &

pagine di storia

 






Dal municipio!….Dunque.

L’esecrabile tragitto s’è compiuto.

Laggiù c’è la piazza, e sotto la finestra l’orrenda plebaglia

abbaia, aspetta e ride.

Per quanto abbia cercato di resistere e d’irrigidirmi, m’è

mancato il cuore.

Quando ho visto tra i due lampioni del quai, al di sopra

delle teste, drizzarsi i due bracci rossi col triangolo nero

in cime, il coraggio m’è venuto meno.

Ho chiesto di fare un’ultima dichiarazione.

Mi hanno portato qui e sono andati a cercare un procura-

tore del re.

Lo sto aspettando, è pur sempre qualcosa di guadagnato.

Dunque: Suonavano le tre, sono venuti ad avvertirmi che

era ora. 

Ho tremato come se da sei ore, da sei settimane, da sei me-

si, avessi pensato sempre ad altro.

Mi ha fatto l’effetto di qualcosa d’inatteso.

Mi hanno fatto percorrere i loro corridoi, scendere le loro

scale. 

Mi hanno spinto tra due porticine, al pianterreno, in una

sala buia, stretta, a volta, appena rischiarata da un giorno

di pioggia e nebbia. 

Nel mezzo stava una sedia.

Mi hanno detto di sedermi; mi sono seduto.

(Hugo, L’ultimo giorno di un condannato a morte)




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