FOLLIA 2

Da http://pietroautier.myblog.it

    

– Ma quello si è preso una sbornia, dice il fochista Pospischill, – solo una

sbornia, si è scolato la sua razione di rum.

D’accordo. Lasciamolo stare. Tornerà sottocoperta da solo.

Lasciamolo stare.

Ma quando, due ore dopo, Weprecht viene dal quadrato ufficiali dove i signori

hanno ancora una volta discusso il futuro della spedizione senza accorgersi della

follia di Klotz, e quando il comandante ordina di andare a recuperare il cacciatore e

Johann Haller sale obbediente sul ponte, al parapetto Klotz non c’è più, il tirolese

è scomparso.

Quella non era follia.

Quella non era una storia, quello era un congedo.

Il cacciatore e conducente dei cani Alexander Klotz è andato a casa.

Adesso il tempo fugge come non mai.

Ora, che non c’è nemmeno un minuto da perdere, il tempo improvvisamente

vola.

Ed essi lo rincorrono, rincorrono Klotz, che morirà congelato nel giro di poche

ore, se non lo ritrovano.

Quel maledetto passirese!

Uscire con questo gelo in abiti estivi!

Si dividono in quattro gruppi e si precipitano in tutte le direzioni dei punti cardinali;

l’aria li colpisce alla gola come un coltello.

Non fermarsi.

Più veloci! Klotz!

Ma che muoia congelato, quel porco.

Vuole morire congelato! Ma quello è già morto già da un pezzo.

Invece, non lo trovano così.

Dopo cinque ore, finalmente lo rintracciano: lento e solenne, a capo scoperto, con

il volto ormai quasi completamente congelato, Alexander Klotz marcia verso sud.

Lo fermano; cercano di convincerlo; gli gridano addosso dei rimproveri.

Egli però non dice una parola.

Lo riportanoalla nave, lo conducono via.

Non oppone resistenza.

Nella sala dell’equipaggio scongelano il fuggiasco, gli strappano i vestiti di dosso,

gli immergono le mani e i piedi congelati in acqua frammista ad acido muriatico,

lo frizionano con la neve, che è dura come polvere di vetro, gli fanno bere acquavite

e imprecano per la disperazione.

Klotz lascia fare e rimane impassibile.

Poi lo caricano nella sua cuccetta, lo coprono e lo vegliano.

Egli giace lì con lo sguardo fisso, non prende più parte alla loro vita e sostiene gli 

sguardi senza proferire verbo; sta solo disteso e li fissa.

Ora hanno un pazzo a bordo.

Alexander Klotz resterà impietrito per intere settimane.

Talvolta, quando le spinte glaciali dell’inverno li colpiscono, quando i malati

di scorbuto gemono nella febbre e una tormenta di ghiaccio ricorda loro la 

fine dei tempi, essi giungeranno ad invidiare il cacciatore che è così assorto in

se stesso  e sembra non riconoscere più nulla della loro realtà.

( C. Ransmayr, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre, Feltrinelli)

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