LA CATASTROFE (14)

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La scena ambientata all’impianto di raffinazione segna il punto di

svolta. Seguono subito dopo le operazioni di stivaggio e di pulizia, e

di lì ha inizio il rapido declino che porterà alla catastrofe finale. Da questo

momento in poi, vedremo i personaggi e i gruppi di cui siamo venuti a

conoscenza, grazie ad un costante monitoraggio, rivelare, strato dopo

strato, quanto di più profondo si cela nella loro interiorità.

Il primo è Achab (vi è un Achab in ogni ruolo preordinato di una

società precostituita ed asservita, da un bidello ad un generale…).

Ormai dedica tutto il tempo a prepararsi; comunque se è vero che l’ascesa

del totalitarismo segue una sua logica, altrettanto implacabile è la logica

del suo crollo.

Achab è fin dall’inizio un maestro nella scienza della caccia alla balena, e

tale resta fino alla fine (un cacciatore…e basta); tuttavia restringe il concetto

stesso di scienza fino a farlo coincidere semplicemente con ciò che serve al

suo scopo.

Ogni altra forma di scienza, Achab la distruggerà.

Un giorno, dopo aver calcolato come al solito le coordinate osservando il

sole e il quadrante (del suo cellulare o altro…), prende il nuovo strumento

tecnologico in mano e, in preda a una rabbia improvvisa, lo scaglia a terra

e lo calpesta, gridando: Scienza! Maledetto, o giocattolo vano!

La spiegazione di questo gesto indica che questa è una delle analisi più profonde

che Melville abbia mai fatto circa la natura del totalitarismo.

Il quadrante, dice Achab, è in grado di dire dov’è il sole. Ma non è in grado di

dire all’uomo quello che vuole sapere, e cioè dove si troverà domani (in sostanza

può prevedere dove…ma non è in grado di approfondire la vera natura).

Lo strumento invita ad alzare gli occhi verso il sole enorme e maestoso. Ma per

l’uomo tale gesto è rovinoso, poiché gli è dato soltanto di vivere tenendo gli

occhi a livello dell’orizzonte terreno.

– Così ti calpesto, vile oggetto, che nella tua debolezza miri all’alto: così t’infrango

e ti distruggo!

Qui si spiega come il totalitarismo imponga alle masse dei suoi seguaci una

spietata limitazione delle aspirazioni sociali (…gli esempi sono ovunque).

Occorre assicurarsi che costoro mantengano lo sguardo fisso alla linea dell’

orizzonte fino a raggiungere tale scopo.

La sera stessa si scatena la tempesta, gli alberi della nave si incendiano e

Achab sfida il fuoco dell’industria: così, da un giorno all’altro, l’Industria

e la Scienza, divinità gemelle del diciannovesimo secolo, vengono detronizzate.

Per portare avanti la sua impresa, Achab sente il forte bisogno di farla finita

una volta per tutte con tutti gli uomini che pensano.

Ecco che cosa dice al maestro d’ascia:

– Ordinerò un uomo completo secondo un modello desiderabile.

Anzitutto alto cinquanta piedi; poi, modellato come la Galleria del Tamigi; poi,

gambe con radici, per starsene fermo; poi, braccia con tre piedi di polso; niente

cuore, fronte di bronzo e un quarto di iugero di buon cervello; e vediamo,

ordinerò occhi perché veda all’esterno? No, ma metterete un osteriggio in

cima alla testa per illuminare l’interno.

(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)

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