LE TEORIE RAZZIALI PRIMA DELL’IMPERIALISMO (2)

E’ vero che talvolta, come                                                  78675678.jpg

nel caso del

razzismo, è cambiato il

contenuto politico

originario, ma non si può

immaginare un’ideologia

senza un contatto immediato

con la vita politica e i suoi

problemi centrali.

L’aspetto scintifico è

secondario e deriva, oltre

che dal desiderio di

fornire argomenti solidi,

dal fatto che taluni scienziati,

cedendo alla passione dell’opinione

pubblica e trascurando le ricerche, hanno abbandonato, a partire dalla metà del secolo

scorso, la pace degli studi per precipitarsi a predicare alle folle le loro nuove interpretazioni

della vita e del mondo.

A questi predicatori ‘scintifici’, e non a un’indagine obiettiva, dobbiamo se oggi c’è una

disciplina, fra le scienze naturali come fra quelle morali, completamente immune da tale

ideologizzazione. Ciò ha indotto molti storici ad attribuire alla scienza la responsabilità

delle assurdità razziste e a scambiare certi ‘risultati dell’indagine’ filologica o biologica

per le cause, anziché per le conseguenze, del razzismo.

Il contrario sarebbe stato più vicino alla realtà. Infatti occorsero più secoli, dal XVII al

XIX, perché la dottrina secondo cui ‘la ragione è più forte’ conquistasse la scienza

producendo la ‘legge’ biologica della sopravvivenza del più adatto. 

Il fatto che il razzismo è stato l’arma ideologica dell’imperialismo è così evidente che

molti studiosi hanno preferito escogitare speciali teorie pur di evitare la pista battuta

dell’ovvio. Una di queste invenzioni, la vecchia opinione che lo considera una specie

di esagerato nazionalismo trova ancora credito. Specialmente in Francia, certe opere di 

valore che hanno dimostrato come il razzismo, oltre ad essere un fenomeno completamente

diverso, tenda a distruggere il corpo politico della nazione, sono in genere trascurate. 

Nel conflitto fra l’ideologia                                                      89786756.jpg 

della razza e l’ideologia

della classe per

il dominio

dell’opinione pubblica 

moderna si è anche

voluto vedere una

lotta fra il

nazionalismo e

l’internazionalismo,

attribuendo la

preparazione mentale

per le guerre nazionali al razzismo e

quelle per le guerre civili al materialismo dialettico.

Ciò è apparso più plausibile a causa del curioso miscuglio di antichi rancori nazionali e nuove

velleità imperialistiche presentato dalla prima guerra mondiale, durante la quale gli slogans

del vecchio nazionalismo si sono rivelati di gran lunga più efficaci dell’aperta propaganda

imperialista. 

La verità è che il razzismo salì alla ribalta della politica attiva nel momento in cui i popoli si

organizzavano secondo i criteri dello stato-nazione. Fin dall’inizio ignorò deliberatamente

tutti i confini nazionali, geografici, tradizionali o linguistici che fossero, e in linea di principo

negò all’esistenza politica nazionale in quanto tale qualsiasi significato. Esso, e non l’ideologia

classista, accompagnò come un’ombra lo sviluppo e le vicende delle nazioni europee,

rivelandosi alla fine l’arma della loro distruzione.

Da un punto di vista storico, i razzisti hanno uno stato di servizio patriottistico peggiore dei

rappresentanti di tutte le ideologie internazionaliste messe insieme, e sono stati gli unici a

ripudiare il principio che è alla base delle organizzazioni nazionali, il principio dell’eguaglianza

e della solidarietà di tutti i popoli garantito dall’idea di umanità.

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

Da http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri-2.html

http://www.repubblica.it/esteri/2010/09/09/news/risoluzione_rom-6898982/

Da http://storiadiuneretico.myblog.it

     http://giulianolazzari.myblog.it

     http://lazzari.myblog.it

     www.giulianolazzari.com

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LE TEORIE RAZZIALI PRIMA DELL’IMPERIALISMO

Se le teorie razziali fossero                                        987856.jpg

un’invenzione tedesca, come

si è talvolta affermato nel

fervore della lotta contro

il nazismo, il ‘pensiero

tedesco’ avrebbe dominato

larghi settori dell’attività

intellettuale già molto

prima che i nazisti

iniziassero il loro

tragico tentativo di

conquistare il mondo.

In realtà è vero

il contrario.

Il razzismo politicamente

organizzato del regime

hitleriano esercitò negli

anni trenta un’attrazione

così straordinaria in Europa,

e fuori d’Europa, perché le

tendenze razziste anche se non traspiravano dal linguaggio ufficiale dei governi, erano

diffuse nell’opinione pubblica di ogni paese. Nell’offensiva politica nazista, che precedette

e accompagnò la seconda guerra mondiale, tali tendenze furono considerate alleate ben

più valide e sicure di qualsiasi agente segreto o quinta colonna.

Forti delle esperienze europee di quasi un ventennio, i nazisti ritennero che la migliore

‘propaganda’ sarebbe stata la loro politica razziale e, malgrado i molti altri compromessi

e indietreggiamenti, non se ne lasciarono mai allontanare da calcoli di opportunità.

Il razzismo non fu una nuova arma segreta; semplicemente esso non era mai stato applicato

prima con una simile radicalità.

La verità storica è che il razzismo, le cui origini risalgono all’inizio del XVIII secolo, durante

il XIX fece la sua comparsa contemporaneamente in tutti i paesi dell’occidente e all’inizio

del nostro secolo divenne poi l’autentica ideologia della politica imperialista. Esso certamente

resuscitò e assorbì i vecchi schemi razziali; ma questi difficilmente avrebbero dato vita da

soli, senza le esigenze imperialistiche, a una concezione unitaria.

Alla metà del secolo scorso le teorie in materia venivano ancora giudicate col metro della

ragione politica. Solo alla fine del secolo le teorie razziali vennero prese sul serio, come

se fossero realmente il frutto                                                 manifesto-razzismo-italiano.jpg 

della ricerca scientifica o

un importante 

contributo intellettuale.

Fino allora, fino al

fatale decennio della

corsa alla conquista

dell’Africa, esse avevano

fatto parte della folta

schiera delle libere

opinioni che, nel quadro

del liberismo, si

contendevano il

consenso del pubblico.

Solo alcune di tali

opinioni divennero ideologie in piena regola, sistemi basati su una singola ipotesi atta a riuscire

plausibile a un gran numero di persone e abbastanza larga da condurle relativamente

imperturbate attraverso le varie esperienze e situazioni di una normale vita moderna.

L’ideologia differisce dalla semplice opinione perché pretende di possedere o la chiave della

storia, o la soluzione di tutti gli ‘enigmi dell’universo’, o l’intima conoscenza delle leggi

segrete che dominano la natura e l’uomo. Poche ideologie sono sopravvissute alla dura

concorrenza per la persuasione, e due hanno avuto il sopravvento su tutte le altre:

l’una interpreta la storia come una lotta economica di classi, e l’altra vede in essa una lotta

naturale di razze. Entrambe hanno esercitato un fascino così intenso sulle masse da

assurgere nel corso del XX secolo a dottrine ufficiali di certi stati. Ma oltre i confini di

questi la libera opinione pubblica le ha adottate in misura tale che, a parte le masse 

popolari, persino gli intellettuali non accettano più una presentazione dei fatti del 

presente che non concordi, almeno implicitamente, col sistema di categorie di una 

di esse. 

La plausibilità in tale materia non deriva da fatti scientifici, come vorrebbero farci

credere le varie specie di darwinisti, né da leggi storiche, come pretendono gli 

storici, nel loro sforzo di spiegare l’ascesa e il declino delle civiltà. 

Ogni ideologia che si rispetti E’ STATA CREATA ED ELABORATA COME ARMA 

POLITICA, NON COME DOTTRINA TEORICA. 

(prima parte)

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

Da http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri-2.html

http://www.repubblica.it/esteri/2010/09/09/news/risoluzione_rom-6898982/

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