SENZA CACIOTTA E SENZA PAGNOTTA (il cibo del pellegrino) (6)

 

 

senza caciotta e senza pagnotta




Precedente capitolo:

(da Trondheim) a Roma (5)

Prosegue in:

senza calzari e senza denari (sosta al convento) (7)








Un testo agiografico del X secolo racconta di Oddone di Cluny,

in viaggio per un pellegrinaggio a Roma assieme a un giovane

compagno, il monaco Giovanni, che sarà poi il suo biografo e 

ne scriverà la ‘Vita’.

Appunto in un passo di questa leggiamno che, mentre i due

stavano attraversando le Alpi sulla via del ritorno da Roma, si

affiancò loro un vecchio contadino – pauper, lo designa il testo

– con sulle spalle un sacco di viveri per il viaggio: pane, aglio,

cipolle e porri. 

 

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Racconta Giovanni: ‘Il pio Oddone, appena vide quell’uomo,

lo invitò a sedere sul suo cavallo e si mise in spalla il suo feti-

dissimo sacco. Io non riuscivo a sopportare quel fetore, e mi 

allontanai dalla compagnia rallentando il passo. Ma l’abate lo

richiamò e gli disse: ‘Ahimé, ciò che quest’uomo può mangia-

re a te provoca nausea fino a non sopportarne l’odore?’.

Con tali parole fece vergognare il discepolo ‘e così facendo –

conclude Giovanni – curò il mio odorato”.

 

senza caciotta e senza pagnotta


Al di là del finale edificatorio, l’episodio restituisce con imme-

diata efficacia una situazione che dobbiamo subito mettere a 

fuoco: colui che per convenzione chiamiamo ‘pellegrino’ è un’-

astrazione, che in qualche modo è necessario riportare a una 

dimensione concreta.

Il pellegrino non è altri che l’uomo, e gli uomini non sono tut-

ti uguali – così almenno andavano le cose nel Medioevo. Non

ci sono ‘uomini’ in generale ma signori e contadini, monaci e

borghesi, ricchi e poveri, potenti e deboli. 

E non tutti mangiano allo stesso modo (come ben potete vede-

re…).


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Il monaco Giovanni, abituato a mangiare bene, abituato a pro-

fumi e sapori raffinati, non può sopportare il fetore di aglio e 

cipolla che promana dal sacco dell’occasionale compagno di 

viaggio. 

Dunque il ‘pellegrino’ in realtà non esiste: esiste il pellegrino

contadino, esiste il pellegrino monaco, esiste il pellegrino si-

gnore, e ciascuno di di essi mangia quello che il suo ceto (e la

sua indole, la sua cultura, la sua, a volte, dubbia natura e mo-

ralità…. come succede ancor oggi…) sociale suggerisce o impo-

ne, in un mondo in cui l’alimentazione era il primo strumento

per manifestare le differenze di classe, il prestigio, la ricchez-

za, il potere (e molti, a prescindere la carità, ieri come oggi

mangiano e gustano lo sudore dell’altri…).

 

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Vi sono cibi che, nella cultura medievale, possiedono uno

‘statuto sociale’ per definizione povero: gli ortaggi, le umili er-

be e radici dell’orto, il pane e la pasta, e sono percepiti come

cibi contadini, contrapposti agli alimenti di lusso – la selvaggi-

na, la frutta che contraddistinguono…, la mensa signorile…

(Prosegue…) 







 

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