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Il ruolo dell’Intellettuale (14/1)
La forza della Poesia (1) & (2)
Da:
Il nuovo e meraviglioso clima di combattività di cui oggi
è impregnata l’intera comunità negra non deve indurci a
diffidare di tutti i bianchi, perché molti nostri fratelli bian-
chi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito
che il loro destino è legato al nostro.
Hanno capito che la loro libertà si lega con un nodo ine-
stricabile alla nostra.
Non possiamo camminare da soli.
E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un
giuramento: di proseguire sempre avanti.
Non possiamo voltarci indietro.
C’è chi domanda ai devoti dei diritti civili: “Quando sa-
rete soddisfatti?”.
Non potremo mai essere soddisfatti, finché i negri con-
tinueranno a subire gli indescrivibili orrori della bruta-
lità poliziesca.
Non potremo mai essere soddisfatti, finché non riuscire-
mo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli
alberghi delle città, per dare riposo al nostro corpo affa-
ticato dal viaggio.
Non potremo mai essere soddisfatti, finché tutta la fa-
coltà di movimento dei negri resterà limitata alla possi-
bilità di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno più grande.
Non potremo mai essere soddisfatti, finché i nostri figli
continueranno a essere spogliati dell’identità e derubati
della dignità su cui sta scritto “Riservato ai bianchi”.
Non potremo mai essere soddisfatti, finché i negri del
Mississippi non potranno votare e i negri di New York
crederanno di non avere niente per cui votare.
No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddi-
sfatti, finché la giustizia non scorrerà come l’acqua, e
la rettitudine come un fiume in piena.
Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui
dopo grandi prove e tribolazioni.
Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di
prigione.
Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la
libertà sono stati colpiti dalle tempeste della persecu-
zione e travolti dai venti della brutalità poliziesca.
Siete i reduci della sofferenza creativa.
Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferen-
za immeritata ha per frutto la redenzione.
Tornate nel Mississippi, tornate nell’Alabama, torna-
te nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate
in Lousiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle
nostre città del Nord, sapendo che in qualche modo
questa situazione può cambiare e cambierà.
Non indugiamo nella valle della disperazione.
Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affron-
tare le difficoltà di oggi e di domani, io continuo ad
avere un sogno.
E’ un sogno che ha radici profonde nel sogno america-
no.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e
vivrà il significato vero del suo credo: noi riteniamo
queste verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini
sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne del-
la Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex pa-
droni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola
della fraternità.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mis-
sissippi, dove si patisce il caldo afoso dell’ingiustizia,
il caldo afoso dell’oppressione, si trasformerà in un’-
oasi di libertà e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno
vivranno in una nazione in cui non saranno giudica-
ti per il colore della pelle, ma per l’essenza della loro
personalità.
Oggi ho un sogno!
Ho un sogno, che un giorno, laggiù nell’Alabama, do-
ve i razzisti sono più che mai accaniti, dove il gover-
natore non parla d’altro che di potere di compromesso
interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un
giorno, proprio là nell’Alabama, i bambini neri e le
bambine nere potranno prendere per mano bambini
bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno!
Ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà innalzata,
ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi
scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diven-
teranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata, e
tutte le creature la vedranno insieme.
Questa la nostra speranza.
Questa è la fede che porterò con me tornando nel Sud.
Con questa fede potremo cavare dalla montagna della
disperazione una pietra di speranza.
Con questa fede potremo trasformare le stridenti di-
scordanze della nostra nazione in una bellissima sin-
fonia di fraternità.
Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare
insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme,
schierarci insieme per la libertà, sapendo che un gior-
no saremo liberi.
Quel giorno verrà quando TUTTI I FIGLI DI DIO po-
tranno cantare un significato nuovo: “Patria mia, è di
te, dolce terra di libertà, è di te che io canto.
Terra dove sono morti i miei padri, terra dell’orgoglio
dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi libertà!”.
E se l’America vuol essere una grande nazione, biso-
gna che questo diventi vero.
E dunque, che la libertà riecheggi dalle straordinarie
colline del New Hampshire.
Che la libertà riecheggi dalle possenti montagne di
New York.
Che la libertà riecheggi dagli elementi dagli elevati
Allegheny della Pennsylvania.
Che la libertà riecheggi dalle innevate Montagne
Rocciose del Colorado.
Che la libertà riecheggi dai pendii sinuosi della Ca-
lifornia.
Ma non soltanto.
Che la libertà riecheggi dalla Stone Mountain della
Georgia.
Che la libertà riecheggi dalla Lookout Mountain del
Tennessee.
Che la libertà riecheggi da ogni collina e da ogni for-
micaio del Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la
libertà.
E quando questo avverrà, quando faremo riecheggia-
re la libertà, quando la lasceremo riecheggiare da ogni
villaggio e da ogni paesino, da ogni stato e da ogni cit-
tà, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno IN CUI
TUTTI I FIGLI DI DIO, NERI E BIANCHI, EBREI E
GENTILI, PROTESTANTI E CATTOLICI, POTRANNO
PRENDERSI PER MANO E CANTARE LE PAROLE:
“LIBERI FINALMENTE, LIBERI FINALMENTE.
GRAZIE A DIO ONNIPOTENTE, SIAMOLIBERI
FINALMENTE”.
(Martin Luther King, I have a dream)