UNA VISIONE PIENA DI SORPRESE

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Il passaggio dall’osservazione a occhio nudo alla visione con strumenti ottici sarebbe

stato uno dei più grandi progressi della storia del pianeta, fino al 1600 nessuno si

dedicò alla ricerca sul telescopio. Uno dei più radicati e diffusi pregiudizi era la

fede nella percezione non aiutata e non mediata dei sensi umani.

Non sappiamo da chi, come o dove siano stati inventati gli occhiali; a quanto sembra 

ci si arrivò per caso e per opera di un profano privo di qualsiasi cognizione di ottica.

Forse un vecchio artigiano, eseguendo dischi di vetro per finestre piombate, si accorse

guardandovi attraverso che consentivano di vedere meglio. Possiamo comunque 

ritenere che l’inventore non fosse un accademico, perché questi personaggi amavano

vantarsi delle proprie scoperte, mentre non abbiamo notizia di nessun sedicente

inventore di lenti prima del 200. 

Il nome ‘lente’, scelto per analogia con la forma del legume omonimo, non è il tipo

di parola che un dotto avrebbe usato per definire l’applicazione delle sue teorie 

ottiche. 

Dai primi usi menzionati degli occhiali, prima del 300, all’invenzione del telescopio,

quasi trecento anni dopo, le lenti furono ignorate dagli studiosi per molte ragioni.

A quei tempi si sapeva pochissimo sulla teoria della rifrazione della luce, perché chi

aveva intrapreso ricerche in questo campo, invece di studiare la rifrazione attraverso

semplici superfici curve, si era lasciato attrarre dal culto delle forme perfette, come 

cerchi e sfere, e aveva preferito ricercarne gli effetti su una sfera completa di vetro

che implicava le più complesse aberrazioni, non approdando così a nulla.

Un altro ostacolo alle ricerche sugli effetti delle lenti erano le teorie sulla luce e la

visione. Fin dai tempi più antichi i filosofi europei si erano preoccupati essenzialmente

di spiegare non la luce come fenomeno fisico, ma ‘come la gente vedesse’.

In effetti gli antichi greci ritenevano la visione un processo attivo dell’occhio umano,

più che la passiva registrazione di impressioni fisiche ricevute dall’esterno.

La teoria prospettica di Euclide poneva nell’occhio e non nell’oggetto visto l’origine

delle linee di visione. Platone e i pitagorici descrivevano il processo visivo come

dovuto a emissioni dell’occhio che in qualche modo circondavano l’oggetto visto.

Tolomeo condivideva questa impostazione, mentre Democrito e gli atomisti suggerivano

che emissioni da parte dell’oggetto visto entrassero nell’occhio e producessero le

immagini. Galeano, l’arbitro dell’anatomia europea, sollevò l’assennata obiezione che

immagini grandi come quelle delle montagne non avrebbero potuto restringersi per

passare attraverso la minuscola pupilla dell’occhio e sostenne che gli atomisti non

avrebbero neanche potuto spiegare come un unico oggetto potesse produrre abbastanza

emissioni da raggiungere tutti coloro che lo avessero visto contemporaneamente.

Galeano elaborò una teoria di compromesso e cercò di riferirla alla fisiologia dell’occhio.

(D.J. Boorstin, L’avventura della scoperta)

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