VISIONI (la freccia del tempo)

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Quando l’uomo esce dalle mura protettive del dogma, vede

ancora, come ho detto, l’immagine dalla quale si sta ritraendo,

ma non vede il futuro; è come se entrasse nel futuro distogliendone

gli occhi.

E’ una particolarità della nostra coscienza, in effetti, quella di         

guardarsi sempre indietro: vediamo solo il passato e non vediamo

il futuro.

Di tanto in tanto, come per sbaglio, abbiamo una visione fuggevole

del futuro, che però non è nulla in confronto con il quadro del passato

con tutti i suoi colori.

Vedete, in qualsiasi direzione ci sviluppiamo, di solito facciamo l’

errore di essere pienamente consci -inutilmente consci – di ciò da

cui proveniamo, e siamo a malapena in grado, se pure lo siamo,

di crearci un quadro di dove atterreremo – o sbarcheremo – nel

futuro.

L’inconscio, però, percorre una strada molto diversa.

L’errore della nostra coscienza sta nel presumere che l’inconscio

operi nel suo stesso modo.

E’ esattamente il contrario, l’inconscio non si guarda indietro.

Nonostante il fatto che parli esclusivamente il linguaggio del

passato, tenta di prevedere e di raffigurarsi il futuro.

E’ sempre avanti di diverse lunghezze nel futuro, parlando però

il linguaggio del passato.

Parlare del futuro, di ciò che avverrà domani o tra dieci anni, ci

piace, ma siamo singolarmente incapaci di prevedere o di costruire

il futuro; vediamo soltanto il passato, sebbene sembri che il nostro

interesse sia nel futuro.

D’altro canto, il nostro inconscio parla invece del passato ma in realtà

intende il futuro, sta sempre anticipando e costruendo il futuro.

La teoria che i sogni prevedano realmente il futuro è giusta e la

natura dei sogni è questa.

Nell’esaminare a fondo, a posteriori, i sogni di persone in cui l’inconscio

abbia assunto il ruolo giusto, se ne trovano di interessantassimi;

sogni che stavano preparando un atteggiamento futuro quando ancora

il sognatore non sapeva assolutamente perché sarebbe stato necessario 

un atteggiamento del genere.

Soltanto più tardi, dopo il verificarsi di certi eventi, a volte eventi di

natura molto oggettiva, si scopre perché nell’individuo venisse

preparato quell’atteggiamento.

E’ estremamente interessante osservare come l’inconscio lavori, a

questo riguardo.

SIG.na WHARTON: Lei li definirebbe sogni profetici?

DOTT. JUNG: Si possono definire sogni profetici ma, naturalmente,

con una particolare riflessione psicologica.

….L’inconscio, invece, tiene gli occhi aperti sul futuro e dice: ora sta

attento, si avvicina qualcosa di cui non ti rendi conto. Per questo è

così importante studiare i sogni o quelle visioni inconsce che sono

costruite esattamente allo stesso modo.

Anche loro costruiscono e anticipano.

Vedete, la discesa della nostra paziente all’epoca dell’uomo primitivo,

arrivando persino all’animale, non era assolutamente prevista.

Stava ancora guardando alla Chiesa, mentre diceva a se stessa con

una certa soddisfazione: “Adesso ne sono distante due miglia,

adesso tre, sta diventando sempre più piccola, è quasi scomparsa

e ora ho raggiunto la completa illuminazione”, e così via.

L’inconscio dice: “sarai presto nel 2000 a.C., e adesso nel 6000 a.C. –

come la macchina del tempo – e adesso ecco l’animale”.

Allora ella ha uno shock e non può andare più indietro, perché la sua

coscienza arriva al termine.

Per non perdere la coscienza, quindi, adesso deve guardare la strada

per la quale è venuta. Mentre stava procedendo a ritroso verso

l’animale, infatti, davanti a lei non c’erano soltanto chiese cristiane,

c’erano anche dei templi greci e latini, e lei vedeva tutto.

Allora ha cominciato a muoversi in avanti ed è arrivata, adesso,

in quell’antica sfera dove sta iniziando il Cristianesimo. 

Adesso è in un conflitto terribile tra lo scoprire di nuovo il

Cristianesimo e il procedere sulla linea antica.

E’ UN PROBLEMA ENORME, IN REALTA’; LO SI POTREBBE

DIRE UN PROBLEMA INTERAMENTE STORICO, INVECE NO,

E’ UN PROBLEMA DEL FUTURO.

(C.G. Jung, Visioni)

 

 

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VISIONI (in mezzo ai ghiacci)

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Così è accaduto!

Il potere mi è precipitato addosso.

Sulla terrazza aperta alle correnti del mare, mi affaccio, è la stessa

terrazza di Macellum, il suo osservatorio che mi spalanca gli spazi

siderei.

Tutto inesorabilmente ritorna.

Ho conosciuto ostacoli, ingombri, corpi opachi si sono frapposti, apparenze.

Tutto è scivolato via.

Sotto di me una distesa di piccole luci ondeggia sulle due rive,

Costantinopoli, lucerne nella notte, il grande globo di fuoco che rotola

dall’inizio del tempo s’è frantumato in miriadi di scintille.

Il palazzo sotto di me è una grande ruota, non temo congiure, questa

è una notte affabile, preparata da un grande travaglio. 

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Mi scorrono nella memoria immagini.

E’ stato un giorno di riconciliazione, un uccello roco pigola nel buio.

Com’è capriccioso il destino.

Ho un dito indolenzito, un cavallo del corteo, scartando, mi è venuto

addosso, lo sperone del cavaliere mi ha schivato.

Un seppellimento grandioso, quello dell’Augusto Costanzo (in dux di

una Roma antica).

Il corpo riportato da Mopsucrene su un carro era stato imbalsamato.

Una mummia nera stesa su una lettiga dalle aste d’oro, la gualdrappa

del manto di porpora, fanciulli coronati di fiori cantavano, soldati in

armi a passo lento, presbiteri agitavano turiboli gravidi d’incenso,

Roma quanto sei vigliacca e ridicola, piangi il lutto in rosso, ma

indossi un abito nero!

Poi il pianto di flauti.

E’ caduta Babilonia?

No, viene innalzata la Gerusalemme Celeste. 

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Il gran ciambellano proclama con voce stentorea la sua divinizzazione.

Le spoglie sono qui, fra noi, la sua anima è nelle braccia del Dio Immenso.

Il corteo si ferma.

Abbassati, Giuliano, nuovo Augusto, la falce ha la punta sbeccata, 

abbassati, posa la mano sulla terra e ascoltane il battito, fai atto di 

venerazione.

Mi inginocchio, davanti a tutti.

Dentro di me ho un vuoto, la mia pietà l’hanno seccata anni di timore.

Mi sottometto.

Non a lui (un dux senza fiato e memoria) ma alla grande

morte che tutti ci contiene. Eppure è dolce questo mostrare innocenza,

la possibilità che mi sono guadagnato scavando con le unghie il rancore. 

Mi rialzo, scuoto la polvere dalle ginocchia.

Seguo il corteo fino a che il corpo viene murato nel mausoleo fatto

costruire da Costantino, aperto ai venti del mare, ombreggiato dalle

ali dei cherubini, freddo come il ferro.

Gli Dei mi hanno fatto arrivare a questa notte.

Il disegno di restaurare il loro culto è la mia vena segreta.

Gli Alemanni premono di nuovo alle frontiere del nord, i Persiani a

quelle del sud, vicari del corruccio dell’Altissimo. Eppure una nuova

storia viene, ma non può essercene una senza accoglimento, trasformazione

di quanto l’ha preceduta.

Sono il corifeo scelto per annunziare che le molte eredità della Grecia,

di Roma, non scompariranno nel nulla.

Ma Roma è solo una vecchia statua morta.

Una vecchia storia morta.

La linea dell’orizzonte è carica di stelle, sono un viandante sul ciglio,

c’è una quantità di passi da compiere, di decisioni da prendre…in questo

deserto di ghiaccio.

Qualcuno vedo lontano, mi guardano, mi osservano, fanno dei cenni….

(L. Desiato, Giuliano l’Apostata)

 

 

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