ZAPATECUS, MESSICO 1975 (3)

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Jessup annuì. Incredibile. Neanche stesse parlando con un lama tibetano.

Il vecchio brujo mormorò qualcosa in spagnolo ed Echeverria disse a Jessup:

” Vuole che tu tenga la radice. Porgigli la mano col palmo alzato”.

Jessup si sporse in avanti e protese la mano.

Il brujo gli depose attentamente la radice sul palmo e poi, d’improvviso, separò

il terzo e il quarto dito di Jessup, incidentogli rapidamente la carne con il coltello

da caccia.

Jessup, avendo letto Castaneda, avrebbe dovuto aspettarsi un’azione del genere e

invece lanciò un grido nel silenzio della notte mentre sentiva il sangue sgorgagli dal

taglio.

Rimase talmente stupefatto della repentinità del gesto che continuò a tenere protesa

la mano, la palma sollevata.

Il brujo gli afferrò il polso costringendo a mettere la mano sopra la pignatta e poi

a lasciar cadere la radice.

(…Poi lo fissò a lungo…..)

– Ti senti bene? – gli domandò Echeverria.

Lui annuì.

Il vecchio brujo e uno degli altri uomini stavano adesso sollevando la pignatta dalle

pietre infuocate e la deposero sulla coperta rituale.

A Jessup, che giaceva in quell’improvvisa oscurità, parevano ombre mostruose.

Poi il vecchio che lo fissava gli porse la pipa, il volto impassibile. Ma in Jessup qualcosa

si muoveva.

Jessup si tirò a sedere, accettò la pipa e cominciò a fumarla.

Immediatamente lo colse un senso di nausea, e cominciò a vomitare in terra.

Nessuno degli uomini gli prestò attenzione.

Il vecchio brujo stava chiedendo a Echeverria se il registratore fosse in funzione.

Lo scienziato gli rispose di sì allora lui cominciò a spiegare in spagnolo che la mistura

che Jessup stava fumando conteneva tre parti di poltiglia di fungo e una parte di

polvere di sinicuiche più una parte di polvere di un’altra pianta con un nome tolteco

che Echeverria tentò di ripetere senza però riuscirci.

Appoggiato su un gomito (mentre il corpo si muoveva in spasmi) Jessup vomitava

e udiva tutto con molta chiarezza.

Poi la nausea gli passò di colpo; anche il vomito era stato tranquillo, mai doloroso.

Si sentì proiettato in alto, verso un’istantanea

allucinazione.                                                           hubble4.jpg

Il praticello su cui stava reclinato scomparve

alle spalle, ovvero si ridusse ad un punticino

lontano parecchi chilometri sotto di lui;

poi il punto gradadamente sembrò

sbiadire e assumere la forma di una

fessura informe, una crepa.

Jessup si disse che doveva essere la

Fessura Tra

il Nulla.                                                                                 hubble2.jpg

Lentamente la crepa luminosa parve

spingersi verso l’esterno emanando

piccole onde di luce, così accecanti

che Jessup immaginò di trovarsi al

cospetto di una qualche specie di

illuminazione originale.

Quest’emanazione luminosa si spandeva                                                      hubble8.jpg

ora con enormi, inesorabili ondate finché

Jessup ne fu completamente avvolto

tanto che egli stesso divenne un incandescente

puntino bianco.

Il candore risplendente si estendeva da orizzonte

a orizzonte in uno spazio che andava sempre più

alargandosi, privo d’orizzonti, infinito.

Da tutto quel candore si levò una colonna d’aureole,

simili al tronco di un albero, che si mutava

in                                               hubble3.jpg

elisse dorata che continuava a girare su se stessa

e a riempirsi di frenetici punti di luce pulsante,

vermiformi e forcuiti: pareva di osservare al

microscopio un panorama di cromosomi

sacri.

Udì un grido quasi stridulo, esultante, ed era

strano dato che raramente le allucinazioni

psichedeliche sono accompagnate da fenomeni

uditivi.                                                                                          hubble6.jpg

Improvisamente emerse dall’iniziale puntino

di luce, divenuto nerissimo, una sagoma

brunastra, se sagoma si poteva chiamarla:

era piuttosto un ammasso di materia

liquefatta che pareva avere braccia e gambe

e una testa, ma talmente proteiforme che gli

arti e le altre caratteristiche fisiche continuavano

a sparire e ricomparire, come prodotte e riassorbite

dal ribollire stesso di quella materia.                                                           hubble7.jpg

A mano a mano che emergeva, sempre più grande,

la materia sembrò farsi iridescente, cangiante, accesa

da minuscole fiammelle che a un’osservazione più

attenta si rivelavano essere sostanza neurale in

esplosione.

La cosa continuava a ingrandirsi, e il suo colore si

faceva sempre più rosso e poi dorato.

(Paddy Chayefsky, Stati di allucinazione)

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ZAPATECUS, MESSICO giugno 1975

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– Vuole sapere se sei sempre dell’idea di partecipare.

– Sì, certo, disse Jessup.

L’anziano brujo tornò alla sua cantilena.

Una delle donne portò fuori una grossa pignatta e l’appoggiò sulle pietre, direttamente

a contatto col fuoco. Jessup si sporse in avanti per vedere cosa contenesse.

Era per un quarto piena di poltiglia giallastra.

Il brujo spiegò trattarsi di teste di funghi bollite, los honguitos, che da due giorni ormai

erano state messe a fermentare, cioè da quando erano tornati sui campi sacri.

Ripigliò a cantinelare e cominciò ad avvolgere intorno all’estremità forcute della radice

quelli che sembravano eseere dei viticci.

Sollecitato da Jessup, Echeverria domandò al vecchio: ” Che tipo di esperienza incontrerà

il mio amico?”.

Senza smettere il suo lavoro il brujo rispose:” Farà ritorno alla sua Prima Anima”.

Echeverria tradusse la risposta, Jessup, che intanto controllava i nastri, sollevò di

colpo lo sguardo: ” Ha adoperato esattamente quella terminologia?”.

– Sì, disse Echeverria.

– E’ praticamente buddismo, mormorò Jessup, introducendo nel registratore il nastro

nuovo. Appena cominciò a girare, domandò a Echeverria di chiedere al vecchio: ” Che

aspetto ha la Prima Anima?”.

Echeverria tradusse.

Il vecchio brujo rispose.

Echeverria di nuovo tradusse.

– E’ roba NON-NATA.

Jessup fissò il volto del brujo: sembra avere terminato la preparazione della radice e

adesso guardava Jessup.

L’ultimo spicchio di sole era appena scomparso dietro le vette lontane, gettando nella

piccola valle un’improvvisa ombra profonda.

Jessup non riusciva a distinguere i lineamenti del vecchio, anche se stava appena a

due metri da lui, però ne vedeva gli occhi che rilucevano come quelli di un felino.

Il brujo gli rivolse un discorso insolitamente lungo, sei frasi in spagnolo, e alla

conclusione di ciascuna attese che Echeverria traducesse.

– Starai male, disse il vecchio.

– Poi sarai lanciato nel vuoto.

– Vedrai un punto.

– Il punto diventerà una scia.

– E’ la FESSURA TRA IL NULLA.

– Da questo NULLA uscirà la tua ANIMA  NON-NATA.

Jessup annuì. Incredibile. Neanche stesse parlando con un lama tibetano.

(Paddy Chayefsky, Stati di allucinazione)

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Gli Hinchi, spiegò a Echeverria e a Jessup, conservavano poco dell’originaria religione

animistica, nient’altro ormai che un superficiale rispetto per Quetzalcoatl, il dio serpente

piumato. Chissà come, avevano sviluppato un proprio codice religioso basato sulle

forze spirituali e vivificatrici.

Jessup ci trovò una curiosa analogia con le filosofie orientali.

La tribù intanto riempiva grossi sacchi di funghi, freshe foglie, petali, baccelli e bianchi

tuberi, e lo faceva attraversando lentamente il sacro altopiano alla maniera dei raccoglitori

di cotone, talvolta inginocchiandosi per liberare con le mani le radici.

Jessup se ne stava in disparte tenendo pronto il registratore portatile mentre Echeverria,

che era un botanico, spiegava come le piante raccolte fossero sinicuiche ovvero Hema

salicifolia, mentre i funghi erano quasi certamente Amanita muscaria, ‘ potentemente

psichedelici e alquanto pericolosi in quanto contenenti taluni alcaloidi della

belladonna, antropina, scopolamina.

La sinicuiche è una pianta tenuta in alta considerazione presso parecchie tribù indie.

Ho avuto modo di incontrarla in luoghi tanto settentrionali quanto Chihuahua.

A te dovrebbe interessare particolarmente.

Gli indi sostengono che provoca ricordi antichi.

La chiamano Primo Fiore’.

– Primo nel senso primordiale?

Sì, nel senso più antico.

– Mi piacerebbe provarla, disse Jessup.

– Credi che mi accoglierebbero nei loro riti?

– Mi pare gente socievole, osservò Echeverria.

Il 12 luglio fecero tutti ritorno nel territorio della tribù che era in una valle.

Quasi tutti si lanciarono in una tesguinada, una festa di due giorni a base di birra di

mais nel corso della quale alcune donne prscelte macinavano le varie radici, germogli,

petali, foglie.

Le polveri che ricavavano e anche i funghi spezzettati venivano fatti macerare per un

anno in zucche svuotate e poi ben chiuse. Vennero quindi portate fuori le zucche dell’anno

precedente e iniziarono i preparativi per il rito del fumo.

Soltanto cinque uomini, los escogidos, vi prendevano parte.

Uno di essi era ovviamente il vecchio brujo.

La cerimonia ebbe luogo davanti alla casa, una sorta di baracca dotata di una traballante

verenda sorretta da un paio di pali marcescenti.

Accesero un fuoco accucciandovisi intorno.

Il focolare era costituito da tre grosse pietre.

Il brujo uscì dalla baracca portando un sacco, che svuotò lentamente.

Estrasse per prima cosa un coltello da caccia lungo più di venti centimetri: riluceva

bluastro nella luce del tardo pomeriggio. Poi tirò fuori un sacchetto di cuio marrone,

poi ancora un vecchissimo astuccio anch’esso di cuio, da cui tolse la pipa cerimoniale:

un gambo scuro, rossastro e lungo una ventina di centimetri con all’estremità un fornello

annerito. Dispose questi oggetti in ordine su una coperta, poi si chinò nelle quattro

direzioni, cantilenando piano. Mise la mano nel sacco e ne estrasse un mazzo di biache

radici legate insieme: ne scelse una e con un coltello la tagliò.

(Paddy Chayefsky, Stati di allucinazione)

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