LA CATASTROFE

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La scena ambientata all’impianto di ‘raffinazione’ segna il punto di svolta.

Seguono subito dopo le operazioni di stivaggio e di pulizia, e di lì ha inizio

il rapido declino che porterà alla catastrofe finale. Da questo momento in poi,

vedremo i personaggi e i gruppi di cui siamo venuti a conoscenza rivelare, strato

dopo strato, quanto di più profondo si cela nella loro interiorità.

Il primo è Achab.

Ormai dedica tutto il tempo a prepararsi; comunque, se è vero che l’ascesa del

totalitarismo segue una sua logica, altrettanto implacabile è la logica del suo crollo.

Achab è fin dall’inizio un maestro nella scienza della ‘caccia’ alla balena, e tale resta

fino alla fine; tuttavia restringe il concetto stesso di scienza fino a farlo coincidere

semplicemente con ciò che serve al suo scopo. Ogni altra forma di scienza, Achab

la distruggerà.

Un giorno dopo aver calcolato come al solito le coordinate osservando il sole e il

quadrante, prende lo strumento in mano e, in preda a una rabbia improvvisa, lo

scaglia a terra e lo calpesta, gridando:’ Scienza! Maledetto, o giocattolo vano!’.

La spiegazione di questo gesto indica che questa è una delle analisi più profonde

che Melville abbia mai fatto circa la natura del totalitarismo.

Il quadrante, dice Achab, è in grado di dire dov’è il sole. Ma non è in grado di dire

all’uomo quello che vuole sapere, e cioè dove si troverà domani. Lo strumento invita

ad alzare gli occhi verso il sole enorme e maestoso. Ma per l’uomo tale gesto è rovinoso,

poiché gli è dato soltanto di vivere tenendo gli occhi al livello dell’orizzonte terreno.

‘Così ti calpesto, vile oggetto, che nella tua debolezza miri all’alto: così t’infrango e ti

distruggo!’.

Qui si spiega come il totalitarismo imponga alle masse dei suoi seguaci una spietata

limitazione delle ispirazioni sociali. Occorre assicurarsi che costoro mantengano lo

sguardo fisso alla linea dell’orizzonte fino al raggiungimento dello scopo. La sera stessa

si scatena la tempesta, gli alberi della nave si incendiano e Achab sfida il fuoco

dell’industria: così, da un giorno all’altro, l’Industria e la Scienza, divinità gemelle

del diaciannovesimo secolo, vengono detronizzate.

Per portare avanti la sua impresa, Achab sente il forte bisogno di farla finita una volta

per tutte con gli uomini che pensano. Allo stesso modo, all’inizio della seconda Guerra

Mondiale, Hitler prese il controllo della situazione bellica per conto della Germania,

ignorando sistematicamente le opinioni di diplomatici e dello Stato Maggiore Generale

tedesco, e commettendo così un errore dopo l’altro.

Definiva questo soggettivismo estremo il suo ‘intuito’.

A questo punto scatta nel lettore, se non è già scattata, una domanda: perché gli uomini

non si ribellarono? E’ una questione che Melville, che ne è al corrente fin dall’inizio,

affronta come al solito in modo sistematico. Achab, lo ricordiamo, sa che i suoi uomini

hanno per legge il diritto di ribellarsi. Melville riconosce le responsabilità principali ai

tre ufficiali.

Achab, come tutti i dittatori, conosce alla perfezione i suoi ufficiali. Verso la fine del 

viaggio sa di non potersi fidare di nessuno. Si fa issare sull’albero maestro perché teme

che i suoi marinai, se avvistassero Moby Dick, non lo avvertirebbero. Ha bisogno, 

però, che la corda che lo tiene ancorato alla pertica sia salda nelle mani di qualcuno di

cui si può fidare. Basta che un marinaio se la lasci scivolare di mano e per Achab vorrebbe

dire schiantarsi al suolo, ponendo fine al folle viaggio che ormai tutti temono. 

(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)

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