INVITO AL RIDICOLO

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

Mi sembra che il ridicolo dinamico, creatore e nuovo, presente in ogni coscienza che

intenda essere viva e che sperimenti dal vivo.

Non ho memoria di alcuna trasformazione dell’umanità, di alcun guizzo audace nella

comprensione né di alcuna feconda ed entusiastica scoperta che non siano sembrati

ridicoli ai contemporanei. Ma questo non dimostra ancora molto; perché tutto ciò

che oltrepassa il presente e il limite della comprensione appare ridicolo.

C’è invece un altro suo aspetto che m’interessa: è la disponibilità, l’eterna vita,

l’eterna possibilità di dare frutti di un fatto, di un pensiero o di un atteggiamento

ridicolo. Dal ridicolo si ha sempre da imparare; lo si può assimilare o interpretare

come si vuole, si è liberi di attingervi ciò che ci aggrada e di farne ciò che ci passa

per la testa. Non va così con quanto è razionale, legittimato, verificato, riconosciuto.

Verità o atteggiamenti, questi, che non riguardano più la vita che si appresta a 

manifestarsi.

Essi paralizzano il mondo. 

Nessuno li contesta, nessuno dubita della loro veridicità. 

Sono morti.

La loro vittoria è stata la loro pietra tombale.

Buoni solo per le famiglie, le istituzioni e la pedagogia.

Leggete un buon libro, uno di quei libri scritti e costruiti in modo perfetto, segnalati dai

critici, approvati dal pubblico, insigniti di premi.

Un buon libro, vale a dire un libro morto. 

E’ talmente buono che non scuote niente il nostro marasma e la nostra mediocrità; anzi,

si integra perfettamente a tutti i nostri modesti ideali, ai nostri piccoli drammi, ai nostri

piccoli vizi, alle nostre povere nostalgie. 

E tutto.

Tra dieci o cento anni non lo leggerà più nessuno.

Tutto ciò che non è ridicolo è caduco.

Se dovessi dare una definizione dell’effimero, direi che lo è ogni cosa ‘perfetta’, ogni

pensiero ben espresso e ben precisato, tutto ciò che appare razionale e giustificato.

La mediocrità si confonde il più delle volte con il ‘perfetto’ e il ‘definitivo’.

I volumi di filosofia di un professore di provincia o di un semplice scrittore sono

più coerenti, razionali, seri e meglio scritti di questo o quel pamphlet del XIX

secolo che ha fecondato decine di pensieri, decine di spunti, decine di scopiazzature,

ed è stato in seguito commentato in decine di libri.

Evitare il ridicolo significa rifiutare l’unica opportunità di essere immortali.

L’unico diretto contatto con l’eternità.

Un libro che non è ridicolo, un pensiero che riscuote il plauso generale, per il

suo stesso successo ha rinunciato sin dall’inizio a ogni potenzialità, a ogni

possibilità di poter essere ripreso e continuato.

Una buona definizione del ridicolo è, a mio avviso, la seguente: ciò che può

essere ripreso e approfondito da qualcun altro. Non mi riferisco a quello,

meccanico, di un tizio che rincorre la sua paglietta o a quello di una ragazza

desiderosa di sembrare una donna fatale. Questo è un ridicolo superficiale,

sociale, frutto di automatismi e inibizioni, spiritualmente sterile come ogni atto

riflesso.

Pensate quale fonte di vita, quanti semi e quanta linfa ha trovato e continuerà a 

trovare la gente, mille anni dopo che le tracce dei creatori ‘perfetti’ si saranno

cancellate, nella vita e nel pensiero di questi uomini assolutamente ridicoli.

(Mircea Eliade, Oceanografia)

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