INVITO AL RIDICOLO 2

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

Ogni atto che non sia ridicolo, in misura minore o maggiore, è un atto morto.

Questo si verifica anche nella più banale e quotidiana vita sociale.

Quando bevi il tuo tè in un salotto e metti tranquillamente la tazza a posto, hai

compiuto un gesto perfetto, privo di vita, dal momento che non ha conseguenze

nella tua coscienza né in quella altrui. Ma lascia cadere la tazza e versa il tè sulla

gonna di una signorina che parla francese, e scusati farfugliando mentre cerchi di

rimediare alla gaffe asciugando il parquet con il fazzoletto di batista.

Sii per un istante ridicolo, puramente e semplicemente ridicolo.

Di colpo quest’atto si carica di innumerevoli possibilità.

Soffri, e, in quei panici momenti di imbarazzo, arrivi a comprendere quanto sia

inutile la tua vita e quanto vuote quelle altrui, e che scimmia grottesca sei, ben 

vestito e perfettamente manierato, in una stanza dove si perde tempo e dove le

persone si ritrovano spinte dalla paura della solitudine e attratte dalla loro vacuità.

Tutta una filosofia in una tazza di tè rotta accidentalmente.

E per giunta sei stato ridicolo soltanto un po’.

Ma appresti a dir loro in faccia ciò che pensi del loro tè, di’ loro a chiare note che 

perdono il loro tempo, che s’ingannano l’un l’altro, che conducono una vita artificiosa,

fittizia, inutile.

Di’ tutto e dillo con passione.

Allora sarai davvero ridicolo, allora la gente riderà di te, allora comprenderai, che non 

puoi vivere la tua vita senza essere ridicolo.

Perché in questo si riassume il ridicolo: nel vivere la propria vita, nuda, immediata, 

rifiutandosi alle superstizioni, alle convinzioni e ai dogmi.

Più siamo personali, più ci identifichiamo con le nostre intenzioni, più le nostre azioni

coincidono con il nostro pensiero, siamo ridicoli.

Il ridicolo è una formula lanciata dagli uomini contro la sincerità.

Non esiste atto umano sincero che non sia ridicolo.

E ciò che l’amore ha di veramente sublime è d’essere riuscito a sopprimere il ridicolo

tra due esseri, a sopprimere la censura applicata di riflesso alla loro sincerità.

Ecco perché credo che i libri e gli autori che sono stati un tempo ridicoli, in ragione

della loro sincerità, nuda e totale, possiedono infinite virtualità: possono essere ripresi

e approfonditi da ciascuno di noi.

Con i libri ridicoli capita una cosa bizzarra: essi non colpisco come un fatto sociale 

ridicolo, perché li leggiamo in solitudine, e i valori della solitidine non sono gli 

stessi di quelli della collettività.

Siamo più sinceri quando siamo soli perché non abbiamo messo sotto chiave la

nostra sensibilità e la nostra intelligenza ricorrendo al buon senso e alla logica.

Perché un paradosso ascoltato in pubblico irrita mentre, letto in solitudine,

incanta?

Perché piangiamo sopraffatti dall’emozione leggendo una confessione, e ci

irrigidiamo imbarazzati quando l’ascoltiamo in pubblico?

Forse proprio perché qui appare il ridicolo, la censura contro la sincerità per

arginare gli eccessi di individualismo.

(Mircea Eliade, Oceanografia)   

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