IL VILLAGGIO 2

Da http://giulianolazzari.myblog.it

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C’erano insegne che pendevano da tutte le parti, per adescare il viaggiatore; alcune

tentavano di prenderlo per la gola, come le insegne della taverna e della cantina;

altre per la fantasia, come le insegne dei negozi di stoffe e gioielli; altre ancora di

prenderlo per i capelli, o per i piedi, o per la camicia, come l’insegna del barbiere,

del calzolaio o del sarto. Inoltre, c’era uno stabile e ancor più terribile invito a entrare

in visita in ognuna di queste case, dove la compagnia era sempre attesa.

Di solito evitavo questi pericoli meravigliosamente: o procedendo alla méta con

coraggio e a precipizio, come si raccomanda a quelli che devono fare la corsa al

palo, oppure tenendo i miei pensieri su cose elevate, come Orfeo, il quale ‘cantando a

voce spiegata le lodi degli dei sulla sua lira, coprì le voci delle Sirene e si tenne

lontano dal pericolo’.

Talvolta sfrecciavo via all’improvviso e nessuno poteva dire dove me ne fossi andato,

ché non badavo molto essere aggraziato nei movimenti e non esitavo mai di fronte

al buco della siepe. 

Era piacevolessimo, quando restavo in città fino a sera, lanciarsi nella notte, specialmente

se il tempo era buio e tempestoso e da qualche brillante salotto del villaggio, o da 

qualche biblioteca, alzare le vele, con un sacco di farina di segala o di granturco 

in spalla, verso il mio porto tranquillo, in mezzo ai boschi, dopo avere chiuso tutto

in coperta, ed essermi ritirato sottocoperta con una gioiosa ciurma di pensieri, lasciando

fuori solo il mio uomo esterno, al timone, o persino legando il timone, quando veleggiavo

senza intoppi. 

Avevo (ed…ho…) molti allegri pensieri, presso il fuoco in cabina, ‘mentre veleggiavo’.

Non fui mai tormentato o spinto fuori rotta qualunque tempo facesse, sebbene incontrassi

certe violente tempeste. 

E’ più buio di quanto si creda, nei boschi, persino nelle notti normali. 

Spesso dovevo alzare lo sguardo alle zone di cielo tra le cime degli alberi, sopra il sentiero,

per sapere dove mi trovavo, e dove non c’era il sentiero carraio dovevo cercare con i piedi

la leggera traccia che avevo lasciato le altre volte che ero passato; oppure, dovevo guidarmi

con certi alberi che conoscevo e sentivo con le mani, per esempio passando tra due pini a

non più di diciotto pollici di distanza l’uno dall’altro, in mezzo ai boschi, invariabilmente,

nella notte più fonda.

(Thoreau, Walden o vita nei boschi)

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