UN FOLIO

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L’abbazia arse per tre giorni e per tre notti e a nulla valsero

gli ultimi sforzi. Già nella mattinata del settimo giorno della

 nostra permanenza in quel luogo, quando ormai i superstiti

 si avvidero che nessuno edificio poteva più essere salvato,

quando delle costruzioni più belle diroccarono i muri esterni,

e la chiesa, quasi avvolgendosi su di sé, ingoiò la sua torre, 

a quel punto mancò a ciascuno la volontà di combattere contro

il castigo divino.

Sempre più stanche furono le corse ai pochi secchi d’acqua

rimasti, mentre ancora ardeva quietamente la sala capitolare

con la superba casa dell’abate.

Quando il fuoco raggiunse il lato estremo delle varie officine,

 i servi avevano da tempo salvato quante più suppellettili

potevano, e preferirono battere la collina per recuperare almeno

 parte degli animali, fuggiti oltre la cinta nella confusione della

 notte.

Vidi qualcuno dei famigli avventurarsi entro quello che rimaneva

 della chiesa: immaginai che cercassero di penetrare nella cripta

del tesoro per arraffare, prima della fuga, qualche oggetto prezioso.

Non so se ci siano riusciti, se la cripta non fosse già sprofondata,

se i gaglioffi non siano sprofondati nelle viscere della terra nel

tentativo di raggiungerla.

( U. Eco, Il nome della rosa )

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DOMENICA

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 Il vecchio fece una pausa.

Powell si schiarì la voce, per far capire che desiderava parlare.

Dopo aver ricevuto un cortese cenno di assenso, Powell disse :

– Be’, almeno sappiamo questo. Ma, oltre a darci alcune notizie

sul defunto in che cosa ci può essere utile ?

Il vecchio alzò l’indice sinistro.

– Un po’ di pazienza, ragazzo mio, un po’ di pazienza.

Procediamo con calma e vediamo cosa incontriamo sul nostro

cammino.

– Il referto dell’autopsia di Weatherby ne parla solo come di una 

probabilità, ma, sulla base di ciò che è accaduto, sono propenso

a dargli un notevole peso. C’è, dunque una probabilità che la morte

sia dovuta a una bolla d’aria nel sangue, ma i patologi non ci 

giurerebbero. I medici curanti sostengono che la causa deve 

essere stata esterna, e che quindi non è dipeso da loro colpa.

Secondo me, hanno ragione.

E’ un peccato che Weatherby non posa più essere interrogato,

ma per qualcuno è una coincidenza molto fortunata.

Anche troppo fortunata, se vuoi sapere come la penso.

– Sono convinto che Weatherby facesse il doppiogioco, anche

se non posso immaginare per chi lavorasse.

( J. Grady, I sei giorni del condor, Bur ed. )

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