Rimasi peciò sconcertato quando la dottoressa Jalal, seduta in
una stanza buia e freddissima, esprimendosi in un inglese lento
e preciso, criticò duramente le elezioni e il processo di registrazione
degli elettori che le aveva precedute : le definì una truffa perpetrata
ai danni dei cittadini, una sorta di show messo in atto dal governo
statunitense per far colpo sull’elettorato americano nell’anno della
presidenza USA.
Nel gabinetto di Karzai dominavano corrotti signori della guerra
e non c’era posto o quasi per ‘persone qualificate’.
Con il passare dei giorni, infatti, man mano che viaggiavo in
nuove zone del paese, scoprivo realtà inquietanti : le ville appena
costruite, dalle ardite architetture degne di Los Angels, appartenevano
ai funzionari pubblici corrotti e sorgevano spesso su lotti di terreno
sottratti ad afgani indigenti; il governatore provinciale che parlava in
termini eloquenti di ‘pace’, ‘ricostruzione’, ‘comunità internazionale’
e ‘ sradicamento della cultura dei papaveri’ era un truffatore e un
trafficante di droga.
L’adozione di una nuova strategia nel 2001 aveva costretto gli Stati
Uniti a reclutare mercenari sul posto. Le risorse più facilmente dispo
nibili le offrivano i signori della guerra antitalebani riuniti nella
cosiddetta Alleanza del Nord, una coalizione composta soprattutto
da tajiki, hazara, uzbeki e turkmeni già più volte sconfitti dai talebani
a predominanza pasthun.
In passato, la CIA aveva contribuito a fornire armi a molti di questi
signori della guerra durante la jihad sovietica. una volta concluso il
conflitto con i russi, i servizi segreti americani e il ministero degli
esteri USA si erano ritirati per lasciare il campi all’ISI pachistano e
ai principi sauditi, che in precedenza avevano esortato i mussulmani
di tutto il mondo a unirsi nella jihad contro il regime comunista di
Kabul e che ora tentavano di insediare al potere gli esponenti più
oltranzisti del radicalismo islamico.
E così, i miliardi di dollari versati al fisco dai contribuenti statunitensi
erano andati a finanziare una spietata congrega antiamericana di
fondamentalisti musulmani e spie pachistane.
La nuova libertà conquistata da Hazrat Ali e dagli altri signori della
guerra spalleggiati dagli americani spiega in parte perché la coltura
dei papaveri da oppio, drasticamente ridotta nel 2000 e nel 2001
grazie al bando imposto dai talebani, sia balzata di colpo a una
percentuale del 64% tra il 2003 e il 2004; spiega anche il motivo per
cui nel 2004 l’Afghanistan ha contribuito alla produzione mondiale
di eroina per una quota pari all’ 87%.
Se a suo tempo il radicalismo islamico sponsorizzato dalla CIA aveva
messo il paese a contatto con il mondo moderno, i signori della guerra
protetti dall’America l’hanno introdotto nell’economia globale.
Chi è Hazrat Ali ?
E’ uno dei leader più in vista fra i signori della guerra, e forse il più
potente, con un seguito di 18000 uomini armati. Si conquistò una fama
effimera negli ultimi mesi del 2001, quando le forze speciali americane
gli affidarono il compito di dare la caccia a Osama bin Laden, nascosto
nelle caverne di Tora Bora, nella provincia orientale del Nangarhar.
Non fu possibile appurare se Osama si trovasse davvero a Tora Bora: i
B-52 degli Stati Uniti ridussero in polvere l’intera zona e i comandanti
locali amavano sbalordire gli emissari della stampa raccontando storie di
terroristi annidati in grotte ad alta tecnologia nelle viscere delle montagne.
Gli agricoltori con cui parlai nella regione del Nangarhar, alcuni dei due
milioni e trecentomila afgani attivi nell’industria degli stupefacenti, mi
descrissero la sollecitudine con la quale Ali incoraggiava e seguiva da
vicino la produzione e il commercio dell’oppio.
I suoi uomini arrivavano nei villaggi a bordo di pick-up e compravano
il raccolto di papaveri, che non veniva più lavorato in Pakistan come
una volta, ma era trasformato in eroina nei laboratori della provincia.
Qui la droga, contrabbandata attraverso il Dubai e il Pakista,
approdava nelle strade di Londra, Parigi, e Berlino.
( P. Mishra, La tentazione dell’occidente, Guanda ed. )