L’ULTIMA GOCCIA DI PETROLIO 3

I loro sforzi però non davano che scarsi risultati.

Gli ostacoli crescevano ad ogni passo, la pendenza aumentava,

i massi di ghiaccio si accumulavano per ogni dove costringendoli

ad aprirsi una via colle scuri ed il freddo diventava così intenso,

da intirizzirli.

Non fu che verso la sera del 18 dicembre, cioè dopo otto giorni

d’incredibili sforzi, che poterono finalmente giungere sulla cima

di quella catena, dopo aver affrontato 100 volte il pericolo di scivolare

negli abissi o di farsi schiacciare dai ghiacci che precipitavano dall’alto.

Di lassù, a 5000 piedi d’altezza, la vista spaziava su un immenso tratto

di quella regione del gelo e delle nevi.

A destra e sinistra si estendevano due immensi ghiacciai, due veri

fiumi di ghiaccio in movimento, i quali scintillavano sotto i raggi del

sole e che tuonavano sordamente e quasi senza interruzione.

Al nord si estendeva la grande pianura che gli esploratori avevano

percorsa nei giorni precedenti, e al sud un’altra immensa pianura

ondulata, interrotta qua e là da alcuni picchi isolati, imporporati

dal sole.

( E. Salgari, Al Polo Australe in velocipiede, Limina )

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L’ULTIMA GOCCIA DI PETROLIO 2

Quantunque la pendenza fosse rimarchevole, pure le ruote,

dentellate come erano, non scivolavano e procedevano con

sufficiente rapidità, trasportando in alto gli esploratori.

Ben presto però cominciarono gli ostacoli : i ghiacci senza dubbio

scivolati colà dai piani superiori o rovesciati dai vicini ghiacciai,

diventavano più numerosi, costringendo Wilkye ed i suoi

compagni a discendere per aprire la via al velocipiede.

Quelle frequenti fermate facevano perdere un tempo prezioso

agli esploratori, i quali vedevano con grande inquietudine,

consumarsi la già tanto scarsa provvista di petrolio ed avvicinarsi

quindi il momento in cui sarebbero stati forzati a dividere quel

capolavoro della meccanica.

(  E. Salgari, Al Polo Australe in velocipiede, Limina )

                              

                  

 

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L’ULTIMA GOCCIA DI PETROLIO 1

– Non siamo ancora al Polo, amico.

– Ma ci andremo, signor Wilkie, disse Peruschi.

– Ma questi monti ?

-Li supereremo, quand’anche dovessimo trasportare sulle nostre

spalle il velocipiede.

– Si, signor Wilkie, disse Blunt.

– Grazie compagni : tentiamo la sorte. Vedo laggiù una vallata che mi

pare salga tortuosamente presso quel ghiacciaio e che non mi

sembra troppo erta. Forse ci permetterà di raggiungere la cima.

– Tentiamo, signore, dissero i due velocipedisti. Risalirono sulla

macchina e ripreso la corsa verso il sud-est, in direzione del

cono colossale da loro chiamato monte Bisby, e presso il quale

s’apriva la valle notata da Wilkye.

Colà infatti s’apriva come una profonda spaccatura che pareva

prodotta da qualche tremenda convulsione vulcanica e saliva

verso i piani superiori lambendo due immensi ghiacciai.

Il velocipiede che procedeva con una velocità di venti miglia

all’ora, s’addentrò nella valle che era sparsa qua e là di lastroni di

ghiaccio, ma che però aveva dei lunghi tratti che permettevono alla

macchina di passare.

( E. Salgari, Al polo Australe in velocipiede, Limina )

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