– Non siamo ancora al Polo, amico.
– Ma ci andremo, signor Wilkie, disse Peruschi.
– Ma questi monti ?
-Li supereremo, quand’anche dovessimo trasportare sulle nostre
spalle il velocipiede.
– Si, signor Wilkie, disse Blunt.
– Grazie compagni : tentiamo la sorte. Vedo laggiù una vallata che mi
pare salga tortuosamente presso quel ghiacciaio e che non mi
sembra troppo erta. Forse ci permetterà di raggiungere la cima.
– Tentiamo, signore, dissero i due velocipedisti. Risalirono sulla
macchina e ripreso la corsa verso il sud-est, in direzione del
cono colossale da loro chiamato monte Bisby, e presso il quale
s’apriva la valle notata da Wilkye.
Colà infatti s’apriva come una profonda spaccatura che pareva
prodotta da qualche tremenda convulsione vulcanica e saliva
verso i piani superiori lambendo due immensi ghiacciai.
Il velocipiede che procedeva con una velocità di venti miglia
all’ora, s’addentrò nella valle che era sparsa qua e là di lastroni di
ghiaccio, ma che però aveva dei lunghi tratti che permettevono alla
macchina di passare.
( E. Salgari, Al polo Australe in velocipiede, Limina )